Tbilisi e Chisinau hanno chiesto di entrare subito nell'Unione europea per ottenere protezione dalle eventuali mire espansionistiche del Cremlino: la loro situazione interna è davvero molto simile a quella di Kiev
L’invasione russa dell’Ucraina ha destabilizzato il quadro geopolitico della regione post-sovietica. La Georgia e la Moldova, due piccole nazioni guidate da esecutivi filo-occidentali, hanno fatto richiesta di adesione immediata all’Unione Europea per ottenere protezione dalle eventuali mire espansionistiche di Mosca. Alcuni osservatori temono infatti che, dopo Kiev, potrebbe toccare a Tbilisi e Chisinau. I due Stati sono militarmente deboli ed hanno problemi di instabilità interna a causa della presenza di regioni separatiste russofone che aspirano alla riunificazione con Mosca. La Georgia, che si trova nel Caucaso, ha già combattuto contro la Russia nel 2008 ed è stata sconfitta mentre la Moldova, situata nei pressi dei confini orientali della Romania, ha recentemente eletto un esecutivo europeista dopo la sconfitta del Partito Socialista filo-russo. Il presidente moldavo Maia Sandu ha dichiarato che “(noi) vogliamo vivere in pace, prosperità, essere parte del mondo libero” ed “anche se alcune decisioni richiedono del tempo, altre devono essere assunte in maniera rapida e decisa per trarre vantaggio delle opportunità che scaturiscono da un mondo che sta cambiando”. Il ministro degli Esteri Nicu Popescu ha affermato, come riportato da Al Jazeera, che “un giorno le generazioni future ricorderanno con orgoglio il momento in cui il nostro Paese ha scelto di ancorarsi con fermezza allo spazio europeo”. Il primo ministro georgiano Irakli Garibashvili, dopo aver firmato la lettera di una candidatura originariamente prevista per il 2024, si è detto certo di come “la storia abbia determinato che la scelta europea della popolazione sia un obiettivo strategico”.
La Georgia e la Moldova hanno stretto, da diversi anni, accordi di associazione e di libero scambio con l’Unione Europea che riguardano i rapporti politici e l’integrazione economica. La procedura di allargamento, però, è tutta un’altra storia ed ha un livello di complessità molto maggiore. Può volerci, infatti, più di un decennio prima che giunga ad una conclusione ed una parte degli Stati membri è contraria anche solo a discuterne. L’accesso richiede che il Paese candidato adotti una serie di leggi comunitarie ed implementi riforme, di tipo economico e giudiziario, per soddisfare i criteri richiesti. Più di trenta aree politiche, definite capitoli, vengono esaminate e negoziate per fare sì che una nazione sia realmente pronta ad aderire. Il superamento di un capitolo ed il passaggio a quello successivo richiede il consenso unanime di tutti e 27 gli Stati membri. Un’impresa titanica.
La strada verso l’integrazione con l’Unione Europea è tutta in salita. La Gagauzia, una regione autonoma della Moldova, ha rigettato, in un referendum svoltosi nel 2014, la carta di Bruxelles preferendo legami più stretti con la Russia. La Transnistria, ufficialmente parte della Moldova, è in realtà indipendente dal 1990 e gode del pieno sostegno russo che si esplica con la presenza di un contingente che agisce come guardiano della sicurezza in loco. Questo territorio è russofono e nel 2006 il 97 per cento della popolazione ha chiesto la riunificazione con Mosca in un referendum. La Georgia è invece turbata dalla presenza di Abkhazia ed Ossezia del Sud, due repubbliche separatiste riconosciute ed occupate da Mosca e che rappresentano una potenziale fonte di instabilità politica.
La Russia, come ricordato da Ferruccio Michelin sul portale Formiche, si considera come detentrice di una sfera di influenza storico-culturale che, per sua natura, deve essere intoccabile. La penetrazione culturale occidentale deve restare lontana da quello che è il suo cortile di casa e quando ciò non accade è perché è stata ordita una macchinazione. La Russia ha lavorato incessantemente per indebolire la sovranità di nazioni come la Moldavia ed intrappolarle confinandole in una terra di nessuno. Mosca non intende lasciare andare nessuno e per farlo è disposta a mettere in atto una strategia aggressiva che alzi l’asticella dello scontro e che potenzi le proprie capacità nel settore della politica internazionale.