Andrea Giustina, primario dell’Unità di Endocrinologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano: "Credo che non sia il caso di incoraggiare questa corsa allo iodio anche perché ci sono possibili effetti collaterali associati alla sovraesposizione allo iodio"
Tutti a caccia di pillole di iodio. Con la situazione ucraina che minaccia di degenerare, molte nazioni limitrofe al conflitto hanno registrato un aumento delle vendite delle pillole di iodio, che la popolazione ha assunto nella speranza di limitare i rischi di una eventuale dispersione di radiazioni. La difficile situazione geopolitica e le dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin hanno infatti suscitato un’ansia generalizzata nei cittadini, che, nel timore di un rilascio di sostanze radioattive, hanno cercato possibili soluzioni per prevenire gli eventuali danni alla salute pubblica. In Belgio, ad esempio, la scorsa settimana sono state acquistate circa 30 milaconfezioni di compresse al giorno. L’attacco alla centrale nucleare ucraina, la più grande d’Europa, ha aumentato la tensione generale e la paura di una nuova nuvola radioattiva sui cieli europei.
L’inalazione di aria o l’ingestione di cibo e acqua contaminati, spiega l’Istituto superiore di sanità (ISS), possono portare all’esposizione interna alle radiazioni e all’assorbimento di iodio radioattivo da parte della tiroide, che non distingue tra la sostanza stabile e quella radioattiva. Se lo iodio stabile viene somministrato prima o all’inizio dell’esposizione allo iodio radioattivo, l’assorbimento di quest’ultimo sarà bloccato dalla saturazione della ghiandola tiroidea. Nel complesso, si legge sul sito ufficiale dell’ISS, la somministrazione orale di iodio stabile è considerata una strategia appropriata per ridurre il rischio di effetti negativi sulla salute delle persone esposte a un rilascio accidentale di iodio radioattivo e in molti paesi viene annoverata nei piani di emergenza. L’assunzione di iodio stabile e non radioattivo prima di un’eventuale esposizione potrebbe quindi impedire l’accumulo della sostanza radioattiva, ma anche un eccesso della controparte stabile può provocare problematiche, per questo è fondamentale che la somministrazione delle compresse di iodio sia supervisionata.
“La tiroide – spiega Andrea Giustina, primario dell’Unità di Endocrinologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, professore ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano – è l’unico organo nel corpo umano che utilizza lo iodio per svolgere la sua attività, ma non distingue tra la sostanza stabile e quella radioattiva. In alcune zone del mondo inclusa l’Italia lontane dal mare e povere di iodio le autorità sanitarie consigliano di assumere sale addizionato di iodio per garantire il corretto funzionamento della tiroide, che, in caso di sua carenza, può ingrandirsi fino a formare il ‘gozzo’, che è un tentativo di compensazione dell’organismo”.
“In caso di emergenza nucleare – continua Giustina – fra le varie particelle radioattive che possono disperdersi c’è anche lo iodio. Una tiroide affamata di iodio potrebbe assorbire la sostanza radioattiva, la quale risulta dannosa per la salute e potrebbe causare la formazione di tumori tiroidei. Dopo Chernobyl, in effetti, si è registrato un aumento significativo di casi di cancro alla tiroide soprattutto nei giovani”. Assumere iodio immediatamente prima di una possibile esposizione a causa di un eventuale rilascio di sostanze radioattive, però, potrebbe non rappresentare una strategia ottimale per affrontare la situazione. “Il tumore alla tiroide, in caso di incidente nucleare, sarebbe solo una delle possibili preoccupazioni – osserva Giustina – credo che non sia il caso di incoraggiare questa corsa allo iodio anche perché ci sono possibili effetti collaterali associati alla sovraesposizione allo iodio. Ad esempio, livelli eccessivi di questa sostanza possono provocare problemi di funzionamento della tiroide. L’assunzione di sale supplementato di iodio alle persone che vivono nelle zone a scarsa concentrazione è una pratica già in atto, ma, come ogni prescrizione, è sempre bene attenersi alle indicazioni delle autorità sanitarie e delle agenzie preposte a questo scopo. Attualmente non vi sono i presupposti per promuovere un’assunzione in via preventiva delle pillole contenenti iodio”.
Valentina Di Paola
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