“Arnaldo Taurisano, il mio primo allenatore, che poi avrei ritrovato nel 1969 a Cantù, era soprattutto un istruttore che teneva molto alla tecnica individuale e di squadra. All’inizio della stagione consegnava a noi giocatori un programma degli allenamenti valido per tutto l’anno. Quando nell’estate del 1981 mi sono trovato nel giro di poco tempo a trasformarmi da giocatore ad allenatore di Bergamo, per prima cosa ho preso in mano gli appunti del vecchio coach”.
Carlo Recalcati è stato, da giocatore, una bandiera di Cantù e della Nazionale italiana di basket. Diventato coach ha vinto tre storici scudetti (Varese, Fortitudo Bologna, Siena) e ha guidato gli azzurri all’argento nelle Olimpiadi del 2004.
“Non ho mai pensato di copiare nessuno, neanche quelli vincenti come Peterson e Bianchini. Però i pochi allenatori che ho avuto in carriera mi hanno certamente influenzato. Ho esordito in A con Gianni Corsolini, che era molto attento all’aspetto umano, curava molto il rapporto giocatore-allenatore. Si interessava con noi ragazzi di eventuali problemi famigliari, di studio o di lavoro. Non si occupava solo dell’aspetto sportivo, infatti poi in carriera Corsolini ha fatto tante altre cose. Sapeva conquistare il rispetto di tutti con il suo modo di fare autorevole senza essere per forza autoritario”.
Ci è riuscito anche lei da allenatore?
“Non ho mai avuto problemi con i miei giocatori, o almeno non saprei citare nessuno in questo senso. Avevo sicuramente un grande feeling con quelli di grande personalità come Pozzecco e Myers. Mi hanno aiutato certamente l’esempio di Corsolini, il mio passato da ex giocatore con leadership, e poi via via che passavano gli anni anche i miei successi da allenatore”.
Quando per esempio?
“Arrivato alla Fortitudo, ci chiudemmo tutti in spogliatoio per capirci meglio. Io esposi le mie idee, poi ognuno disse la sua perché a Bologna erano abituati in maniera diversa. Myers stette in silenzio e alla fine disse: ragazzi, oggi sono state dette tante parole ma qui l’unico che ha vinto qualcosa in carriera è il coach”.
Un altro allenatore che ha avuto è stato Boris Stankovic.
“Avevo poco più di 20 anni e mi ha aperto un mondo, facendomi vedere il basket a 360 gradi. Per lui il giocatore è solo uno dei tanti componenti di questo sport. Io avevo appena vinto il campionato come miglior giocatore del torneo e rientravo dalle Olimpiadi. Camminavo insomma a due metri e mezzo da terra. Stankovic allora mi diede appuntamento mezz’ora prima dell’inizio dell’allenamento, quando ancora c’era il custode che stava sistemando la palestra per il nostro allenamento. Chi mi credevo di essere, mi chiese il coach e continuò: tieni presente che se non ci fosse lui, e indicò il custode, il mio e il tuo lavoro non esisterebbero. Noi giochiamo grazie a gente come lui. Ricordati di dirglielo ogni tanto e magari citarlo in qualche intervista. Fu un bagno di umiltà che mi servì”.
Farà anche lei qualcosa di simile?
“Con la Nazionale partiamo in direzione Strasburgo per giocare un torneo in vista del campionato europeo. La notte prima tre giocatori fanno serata e io me ne accorgo. In Francia dico al massaggiatore di mettere tre sedie in centro dello spogliatoio, finito l’allenamento convoco tutti là compreso l’intero staff. Dico a magazziniere, fisiatra, medico, osteopata e a tutti gli altri: siete bravissimi, ma dedicate troppo tempo a questi ragazzi perché non venite ripagati il giusto, anzi qualcuno vuole vanificare il vostro impegno. Vediamo ora se i colpevoli si siedono su queste sedie. Silenzio generale, ma i tre cominciano a guardarsi. Poi il primo si autodenuncia e lo seguono gli altri due. Da allora si sono responsabilizzati ed io non mi sono mai ripetuto”.
Il suo allievo prediletto è stato Jack Galanda.
“L’ho allenato a Varese, Bologna, Siena e in Nazionale. Eravamo talmente in sintonia che sapeva in anticipo come agivo. Capitava una volta all’anno che mi chiudessi con la squadra in spogliatoio per una lavata di capo, poi me ne andavo e li lasciavo 15 minuti a parlare tra di loro. Jack col tempo aveva imparato a chiedermi quei famosi 15 minuti prima che io facessi la sfuriata. Oggi è un bravissimo dirigente federale, ma avrebbe avuto l’intelligenza per fare l’allenatore”.
Anche Pozzecco voleva fare il dirigente.
“Vai a dare l’esame a Bormio per diventare allenatore, un giorno potrebbe servirti. Insistevo con Gianmarco che invece voleva andare in vacanza a Formentera. Alla fine mi ascoltò e poco dopo arrivò la chiamata da Capo D’Orlando. Sapevo che sarebbe diventato un bravo allenatore, anche la scelta di fare il secondo a Messina è quella di una persona intelligente che vuole ancora imparare. Non è mai stato un ragazzo superficiale, era poco dedito alla fatica ma era già consapevole che quello che stava facendo era sbagliato e sapeva riconoscerlo di fronte ai compagni. Durante le riunioni tecniche era sempre molto attento. Sapevo che poteva diventare un ottimo allenatore. Avevo in mente l’esempio di Dado Lombardi, un grandissimo giocatore individualista che poi da coach si dedicò molto alla cura difensiva delle sue squadre, diventando un formidabile tattico”.
Un allenatore sa far crescere anche i propri vice?
“Io non ho mai fatto il vice, ma ne ho avuti sempre di bravi, a loro lasciavo spazio per portare le proprie idee, che spesso erano migliori delle mie. Pianigiani, Frates, De Raffaele hanno caratteri diversi dal mio e mi hanno sempre completato. A Venezia sono andato perché c’era Walter De Raffaele, vice che avevo avuto anche in Nazionale. Ho la presunzione di dire che è il mio erede, anche se sono sicuro che sarebbe esploso comunque visto quanto bravo è. Walter è ormai un amico di famiglia, parliamo di tutto, non solo di basket. Lui e Poz capita che mi chiamino quando hanno bisogno di sfogarsi, io non chiedo mai nulla ma se hanno bisogno ci sono”.
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Essere coach secondo Carlo Recalcati: “Non ho copiato da nessuno, ma ho preso molto da tutti i pochi tecnici che ho avuto”
MAESTRI DI SPORT | La rubrica de ilfattoquotidiano.it con le interviste ai tecnici che hanno primeggiato nella loro disciplina. In questa puntata parla uno dei tecnici italiani più vincenti della storia, tra aneddoti e rapporti con giocatori e vice coach
“Arnaldo Taurisano, il mio primo allenatore, che poi avrei ritrovato nel 1969 a Cantù, era soprattutto un istruttore che teneva molto alla tecnica individuale e di squadra. All’inizio della stagione consegnava a noi giocatori un programma degli allenamenti valido per tutto l’anno. Quando nell’estate del 1981 mi sono trovato nel giro di poco tempo a trasformarmi da giocatore ad allenatore di Bergamo, per prima cosa ho preso in mano gli appunti del vecchio coach”.
Carlo Recalcati è stato, da giocatore, una bandiera di Cantù e della Nazionale italiana di basket. Diventato coach ha vinto tre storici scudetti (Varese, Fortitudo Bologna, Siena) e ha guidato gli azzurri all’argento nelle Olimpiadi del 2004.
“Non ho mai pensato di copiare nessuno, neanche quelli vincenti come Peterson e Bianchini. Però i pochi allenatori che ho avuto in carriera mi hanno certamente influenzato. Ho esordito in A con Gianni Corsolini, che era molto attento all’aspetto umano, curava molto il rapporto giocatore-allenatore. Si interessava con noi ragazzi di eventuali problemi famigliari, di studio o di lavoro. Non si occupava solo dell’aspetto sportivo, infatti poi in carriera Corsolini ha fatto tante altre cose. Sapeva conquistare il rispetto di tutti con il suo modo di fare autorevole senza essere per forza autoritario”.
Ci è riuscito anche lei da allenatore?
“Non ho mai avuto problemi con i miei giocatori, o almeno non saprei citare nessuno in questo senso. Avevo sicuramente un grande feeling con quelli di grande personalità come Pozzecco e Myers. Mi hanno aiutato certamente l’esempio di Corsolini, il mio passato da ex giocatore con leadership, e poi via via che passavano gli anni anche i miei successi da allenatore”.
Quando per esempio?
“Arrivato alla Fortitudo, ci chiudemmo tutti in spogliatoio per capirci meglio. Io esposi le mie idee, poi ognuno disse la sua perché a Bologna erano abituati in maniera diversa. Myers stette in silenzio e alla fine disse: ragazzi, oggi sono state dette tante parole ma qui l’unico che ha vinto qualcosa in carriera è il coach”.
Un altro allenatore che ha avuto è stato Boris Stankovic.
“Avevo poco più di 20 anni e mi ha aperto un mondo, facendomi vedere il basket a 360 gradi. Per lui il giocatore è solo uno dei tanti componenti di questo sport. Io avevo appena vinto il campionato come miglior giocatore del torneo e rientravo dalle Olimpiadi. Camminavo insomma a due metri e mezzo da terra. Stankovic allora mi diede appuntamento mezz’ora prima dell’inizio dell’allenamento, quando ancora c’era il custode che stava sistemando la palestra per il nostro allenamento. Chi mi credevo di essere, mi chiese il coach e continuò: tieni presente che se non ci fosse lui, e indicò il custode, il mio e il tuo lavoro non esisterebbero. Noi giochiamo grazie a gente come lui. Ricordati di dirglielo ogni tanto e magari citarlo in qualche intervista. Fu un bagno di umiltà che mi servì”.
Farà anche lei qualcosa di simile?
“Con la Nazionale partiamo in direzione Strasburgo per giocare un torneo in vista del campionato europeo. La notte prima tre giocatori fanno serata e io me ne accorgo. In Francia dico al massaggiatore di mettere tre sedie in centro dello spogliatoio, finito l’allenamento convoco tutti là compreso l’intero staff. Dico a magazziniere, fisiatra, medico, osteopata e a tutti gli altri: siete bravissimi, ma dedicate troppo tempo a questi ragazzi perché non venite ripagati il giusto, anzi qualcuno vuole vanificare il vostro impegno. Vediamo ora se i colpevoli si siedono su queste sedie. Silenzio generale, ma i tre cominciano a guardarsi. Poi il primo si autodenuncia e lo seguono gli altri due. Da allora si sono responsabilizzati ed io non mi sono mai ripetuto”.
Il suo allievo prediletto è stato Jack Galanda.
“L’ho allenato a Varese, Bologna, Siena e in Nazionale. Eravamo talmente in sintonia che sapeva in anticipo come agivo. Capitava una volta all’anno che mi chiudessi con la squadra in spogliatoio per una lavata di capo, poi me ne andavo e li lasciavo 15 minuti a parlare tra di loro. Jack col tempo aveva imparato a chiedermi quei famosi 15 minuti prima che io facessi la sfuriata. Oggi è un bravissimo dirigente federale, ma avrebbe avuto l’intelligenza per fare l’allenatore”.
Anche Pozzecco voleva fare il dirigente.
“Vai a dare l’esame a Bormio per diventare allenatore, un giorno potrebbe servirti. Insistevo con Gianmarco che invece voleva andare in vacanza a Formentera. Alla fine mi ascoltò e poco dopo arrivò la chiamata da Capo D’Orlando. Sapevo che sarebbe diventato un bravo allenatore, anche la scelta di fare il secondo a Messina è quella di una persona intelligente che vuole ancora imparare. Non è mai stato un ragazzo superficiale, era poco dedito alla fatica ma era già consapevole che quello che stava facendo era sbagliato e sapeva riconoscerlo di fronte ai compagni. Durante le riunioni tecniche era sempre molto attento. Sapevo che poteva diventare un ottimo allenatore. Avevo in mente l’esempio di Dado Lombardi, un grandissimo giocatore individualista che poi da coach si dedicò molto alla cura difensiva delle sue squadre, diventando un formidabile tattico”.
Un allenatore sa far crescere anche i propri vice?
“Io non ho mai fatto il vice, ma ne ho avuti sempre di bravi, a loro lasciavo spazio per portare le proprie idee, che spesso erano migliori delle mie. Pianigiani, Frates, De Raffaele hanno caratteri diversi dal mio e mi hanno sempre completato. A Venezia sono andato perché c’era Walter De Raffaele, vice che avevo avuto anche in Nazionale. Ho la presunzione di dire che è il mio erede, anche se sono sicuro che sarebbe esploso comunque visto quanto bravo è. Walter è ormai un amico di famiglia, parliamo di tutto, non solo di basket. Lui e Poz capita che mi chiamino quando hanno bisogno di sfogarsi, io non chiedo mai nulla ma se hanno bisogno ci sono”.
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Washington, 22 dic. (Adnkronos) - Il presidente eletto Donald Trump ha suggerito che gli Stati Uniti dovrebbero prendere il controllo del Canale di Panama, definendolo come una “risorsa nazionale vitale” e chiedendo a Panama di restituire il canale se i “principi, sia morali che legali” degli Stati Uniti che consentono a Panama di gestire il canale vengono violati.
Trump ha raddoppiato la proposta, lanciata per la prima volta sui social media ieri, durante un discorso all'evento Turning Point Usa a Phoenix, sostenendo che gli Stati Uniti hanno un "interesse acquisito" nel far sì che il canale venga gestito senza che Panama addebiti "prezzi e tariffe di passaggio esorbitanti" alle navi gestite da aziende e personale militare statunitensi.
"La nostra Marina e il nostro commercio sono stati trattati in modo molto ingiusto e sconsiderato. Le tariffe applicate da Panama sono ridicole, profondamente ingiuste, soprattutto sapendo la straordinaria generosità che è stata concessa a Panama, molto scioccamente, dagli Stati Uniti", ha detto Trump. "Questa completa truffa ai danni del nostro Paese cesserà immediatamente". "Se i principi, sia morali che legali, di questo magnanimo gesto di donazione non saranno rispettati, allora chiederemo che il Canale di Panama venga restituito agli Stati Uniti", ha continuato. "Quindi, funzionari di Panama, vi prego regolarvi di conseguenza".
Roma, 22 dic. (Adnkronos) - Martina, la studentessa fiorentina di 21 anni ferita con trenta coltellate dall'ex fidanzato a Oslo, in Norvegia, "non sarebbe in pericolo di vita". Lo ha detto all'Adnkronos la Farnesina, aggiungendo che "la famiglia è arrivata a Oslo ieri e che l'ambasciata segue la situazione da venerdì con la massima attenzione, prestando assistenza alla famiglia".
Roma, 22 dic (Adnkronos) - "Maria Ruggia è morta in ospedale, esattamente nell’ospedale Ingrassia a Palermo. L’hanno lasciata su una barella del pronto soccorso dal 10 dicembre al 18 dicembre. Solo il 19 è stata trasferita a Medicina Generale, quando stava già malissimo, il 20 è deceduta”. Lo scrive sui social Davide Faraone, capogruppo di Italia viva alla Camera.
“La figlia ha fatto una denuncia: suppone che potrebbe avere contratto un’infezione in ospedale perché è stata tenuta al pronto soccorso senza somministrarle adeguata terapia antibiotica preventiva, visto che si trattava di paziente fragile, esponendola a un ambiente sanitario non idoneo per troppo tempo, se ne capirà di più con le indagini. Una cosa però è certa", prosegue.
"Una paziente, ancor di più fragile, non dovrebbe stare 10 giorni in barella al pronto soccorso prima di essere trasferito in un reparto o in una clinica. E invece Maria ha vissuto gli ultimi giorni della sua vita nelle stesse condizioni in cui sono costretti a stare i siciliani che hanno la sfortuna di finire in un pronto soccorso", dice ancora Faraone.
(Adnkronos) - "Lo abbiamo documentato con le foto, lo abbiamo testimoniato con i nostri blitz nei pronto soccorso siciliani, abbiamo chiesto interventi urgenti, ma nulla è cambiato, se non in peggio. Per il Presidente della Regione, Renato Schifani, va bene così e in Sicilia regna l’assuefazione, in attesa di scandalizzarsi per il prossimo morto al pronto soccorso”, conclude Faraone.
Roma, 22 dic. (Adnkronos) - "Appena avuta notizia dell'attentato di Magdeburgo, l'ambasciata italiana in Germania ha chiesto alle autorità locali se vi fossero coinvolti degli italiani. Ci è stato risposto che non risultavano cittadini italiani". Lo ha detto all'Adnkronos la Farnesina, parlando di Marco Forciniti - originario di Pietrapaola, in Calabria - "cittadino italo-tedesco, del cui ferimento - ha aggiunto il ministero degli Esteri - l'Unita di Crisi ha appreso dai media. Funzionari dell'ambasciata si sono recati presso l'ospedale per conoscere le condizioni di salute dell'uomo e fornirgli assistenza".
Washington, 22 dic. (Adnkronos) - Elon Musk "non diventerà presidente, questo ve lo posso dire. Ne sono sicuro, sapete perché? Non può esserlo, non è nato in questo Paese". Parlando ai sostenitori durante un evento a Phoenix, il presidente eletto Donald Trump ha affermato che il fondatore di Tesla - che è nato in Sudafrica - ha "fatto un lavoro straordinario" e ha respinto gli attacchi dei democratici che sostengono che Musk si stia comportando come un presidente 'de facto', dopo che la scorsa settimana l'imprenditore ha guidato con successo un tentativo di bloccare un disegno di legge bipartisan sui finanziamenti governativi.
"No, non prenderà la presidenza. Mi piace avere accanto persone intelligenti", ha detto Trump. "La nuova bufala è che il presidente Trump ha ceduto la presidenza a Elon Musk. No, no, non succederà".
Roma, 22 dic (Adnkronos) - "La migliore risposta alla irresponsabilità della magistratura e delle sinistre, che hanno voluto un inutile e persecutore processo a Salvini, sarà la rapida approvazione del disegno di legge sicurezza. Terremo conto di ogni osservazione. Ma ognuno stia al suo posto. Non ci sono altre istituzioni che si sostituiscono al parlamento". Lo dice il presidente dei senatori di FI Maurizio Gasparri.
"Valuteremo le obiezioni, soprattutto quelle autorevoli, e valuteremo eventuali miglioramenti. Ma il disegno di legge sicurezza sarà approvato. Per rafforzare le forze dell'ordine. Noi vogliamo tutelare il popolo in divisa a cui abbiamo dato un nuovo contratto di lavoro. Invece la sinistra ed i grillini stanno dalla parte dei teppisti che aggrediscono le forze di polizia. E anche le altre Istituzioni devono guardare alla difesa della legalità", prosegue.
"Aspettiamo, ad esempio, dal massimo esponente del CSM qualche segnale dopo la sentenza di Palermo. I procuratori che si sono alternati chiedendo condanne senza fondamento resteranno al loro posto? Il CSM discuterà di questa scandalosa vicenda di Palermo? Chi lo guida avrà qualche esternazione da fare anche cogliendo l'occasione di fine anno? O la magistratura può impunemente sabotare le istituzioni politico-parlamentari e tentare di sostituirsi al potere legislativo e a quello esecutivo con la complicità delle sinistre?", dice ancora Gasparri.
(Adnkronos) - "Nelle prossime ore parlerò chiaro anche in Parlamento sullo scandalo della vicenda Open Arms. La mia proposta che feci da Presidente della giunta per le elezioni e le immunità parlamentari era quella giusta: non processare Salvini e arrivare alle stesse conclusioni che dopo anni di ingiustizie e sprechi sono arrivate dal tribunale di Palermo”, conclude Gasparri.
Washington, 22 dic. (Adnkronos) - Una donna è stata bruciata viva stamattina a New York mentre dormiva sul treno F della metropolitana di Coney Island. Lo riportano i media americani che, citando fonti della polizia, riferiscono di un uomo che le avrebbe lanciato addosso un fiammifero acceso, facendola andare a fuoco.
Gli agenti della polizia di New York sono intervenuti in seguito alla segnalazione di un incendio avvenuto poco prima delle 7,30 presso la stazione della metropolitana di Coney Island-Stillwell Avenue e hanno trovato la donna avvolta dalle fiamme mentre era seduta sul treno. È stata trovata circondata da bottiglie di liquore, anche se non è ancora chiaro se abbiano avuto un qualche ruolo nell'incendio.