La storia del bambino di 18 mesi e della corsa disperata dei genitori Fedor e Marina è l'icona del dramma dei civili. In questo caso la differenza la fanno le immagini del fotoreporter dell'Associated Press. Di Maio: "Guardare certe immagini fa male ma girarsi dall'altra parte non è la risposta"
I volti preoccupati, addolorati, distrutti dall’angoscia: due genitori, giovanissimi, corrono dentro la porta d’ingresso dell’ospedale. In braccio al padre un fagotto macchiato dal sangue. Un soccorritore in tuta arancione si scansa per non rallentarne la corsa, un altro li guarda impotente. Ma la corsa disperata di Fedor e Marina Yatsko non basta, specialmente in un ospedale – come quello di Mariupol – che è senza corrente elettrica, dove le visite si fanno alla luce dei cellulari: per loro figlio, Kirill, un bambino di 18 mesi, non c’è niente da fare. La sua storia è finita sotto i bombardamenti russi sulla città del Sud Est, intrappolata dall’invasione delle truppe di Mosca. La storia di Fedor, Marina e di Kirill è una delle tante storie emblematiche della tragedia delle vittime civili della guerra di Vladimir Putin in Ucraina – e di tutte le guerre. Nella guerra scatenata dalla Russia dieci giorni fa i bambini morti sono già centinaia. Tra questi, per esempio, è arrivata sui giornali la storia di Polina, 10 anni, e del fratellino Semyon, 5.
In questo caso, come nel caso del missile che ha fatto 8 morti tra i civili durante l’evacuazione di Irpin, la differenza la fanno le immagini dei fotoreporter che fanno della morte di Kirill un emblema delle vittime civili. Quelle all’interno dell’ospedale di Mariupol sono state scattate da Evgeniy Maloletka dell’Associated Press, tra le più autorevoli agenzie di stampa del mondo. Le foto non raccontano solo l’arrivo dei genitori con in braccio il loro bambino, ma anche il tentativo disperato dei medici di salvargli la vita e poi ancora l’angoscia in cui padre e madre vengono gettati alla notizia che il cuore di Kirill non batte più. I due genitori, due ragazzi, urlano il loro dolore, affondano l’una nelle braccia dell’altro. Il personale dell’ospedale li circonda senza parole, ma non ha nemmeno il tempo di riprendersi: arriverà presto la prossima emergenza. Ilfattoquotidiano.it ha deciso di pubblicare tutte le immagini perché documentano meglio di qualsiasi resoconto quello che avviene sul fronte del conflitto. L’unica eccezione è per le foto – che qui non pubblichiamo – in cui si vede il bambino esanime sulla barella durante i tentativi (vani) di rianimazione.
“Guardare certe immagini fa male – commenta il ministro degli Esteri Luigi Di Maio – ma girarsi dall’altra parte non è la risposta. Questa guerra va fermata subito: stop alle bombe, è la cosa più urgente adesso. Sono giornate drammatiche, al fianco del popolo ucraino”. “Un’altra famiglia distrutta – continua il ministro – un altro essere umano strappato alla vita. A distruzione e morte si aggiunge altra distruzione e altra morte”.
A centinaia di chilometri di distanza da Mariupol un ragazzino di 11 anni si è salvato dopo un viaggio della speranza durato ore. E’ infatti dovuto arrivare da solo alla frontiera slovacca. La madre lo ha messo su un treno verso la salvezza a Zaporizhzhia, assediata dalle forze russe, ma è dovuta rimanere per occuparsi della nonna disabile. Il piccolo aveva con sé solo una busta di plastica, un passaporto e un numero di telefono scritto a penna sul dorso di una mano. I volontari slovacchi, dopo averlo rifocillato, hanno chiamato quel numero e dei parenti del bambino sono venuti a prenderlo. Ora è in salvo a Bratislava, ma lontano dalla sua famiglia.