L’inglese Shell, la più grande compagnia petrolifera privata al mondo, ha dichiarato che donerà i profitti del recente acquisto di petrolio russo a un fondo per aiutare i rifugiati ucraini. “Destineremo i profitti della quantità limitata di petrolio russo che dobbiamo acquistare a un fondo dedicato”, ha affermato la società in una nota. “Lavoreremo con i partner e le agenzie umanitarie nei prossimi giorni e settimane per decidere dove i soldi di questo fondo saranno meglio distribuiti per alleviare le terribili conseguenze di questa guerra sul popolo ucraino”. La vicenda riguarda un carico di petrolio russo che era stato inizialmente comprato da Trafigura, uno dei più grande di trader al mondo di materie prime, circa 1 milione di barili. Il greggio russo in questi giorni viene svenduto perché si teme che, a causa delle sanzioni, possa rimanere senza compratori.

Società come Trafigura si sono mosse dopo un’attenta analisi dei dispositivi sanzionatori al momento in vigore da cui sarebbe emerso che, al momento, questo tipo di transazioni sono consentite. Un’operazione simile è stata effettuata dalla più grande raffineria polacca. Shell è riuscita ad accaparrarsi il carico con un sconto di 28,5 dollari rispetto alle quotazioni del brent, il petrolio di riferimento del mercato europeo oggi scambiato a 118 dollari al barile, realizzando così un profitto di 24 milioni di euro.

La mossa di Shell ha però suscitato un’ondata di critiche, a cominciare da quelle del ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba che ha chiesto alla compagnia: “Non vi accorgete che questo petrolio odora di sangue ucraino?”

La compagnia petrolifera ha replicato di aver acquistato il carico dopo “aver avuto intensi colloqui con i governi“. Nella nota il gruppo, che non specifica quali governi siano stati coinvolti nelle trattative, ha sottolineato “come stiamo cercando alternative al petrolio russo dove possibile ma questo non può accadere di colpo dato il ruolo significativo della Russia nell’approvvigionamento mondiale”. Senza “un flusso ininterrotto di petrolio alle raffinerie – aggiunge Shell – l’industria energetica non può assicurare la fornitura continua di prodotti essenziali ai clienti di tutta Europa nelle prossime settimane” visto che “cargo da fonti alternative non arriverebbero in tempo per evitare problemi”.

Lo scorso 28 febbraio Shell ha annunciato la decisione di uscire da tutti i progetti congiunti con il colosso statale del gas russo Gazprom. Tra questa anche la partecipazione al 27,5% nel megaprogetto Sakhalin-2 e dalla contestata condotta Nord Stream 2 al momento congelata dal governo tedesco.

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