Mondo

Ucraina, la guerra degli sciacalli: centinaia di euro per portare profughi oltre confine. A Kiev un taxi ne chiede 130 per attraversare un ponte

In Moldova non ci sono grandi budget destinati ai profughi, ma le anziane del posto e le ragazze della chiesa locale si alternano cucinando panini, offrendo tè caldo, marmellata fatta in casa e soprattutto le “famose" mele moldave. Ma tra chi dà il suo contributo si aggirano anche gli sfruttatori che 'offrono' passaggi oltre confine: si contratta, si chiede uno sconto, ma alla fine chi ha abbandonato tutto per fuggire dalle bombe pagherà la sua salvezza centinaia di euro

Oltre alle bombe, le guerre portano anche tanta solidarietà. La gente si unisce, condivide il dolore ma anche l’acqua e il cibo, dorme assieme negli appartamenti per alleviare il panico, si scambia informazioni sui telefoni, organizza comitati, raccoglie viveri e indumenti. Ma ogni conflitto diventa anche terreno per approfittatori privi di ogni scrupolo, che sfruttano le difficoltà per provare ad arricchirsi. E così anche l’escalation sempre più pericolosa fra Russia e Ucraina è piena zeppa di speculatori che fanno festa sulle disgrazie della povera gente.

Mohyliv Podilski è l’ultima fermata del treno da Kiev prima della Moldova. Di là, oltre il fiume Nistro, nell’altro ex Paese sovietico che comincia a temere l’ingordigia di Putin e che ha appena chiesto di entrare nell’Unione europea, i rifugiati che scappano vengono accolti a braccia aperte. Non è ricca, la Moldova, e non è un caso che questa sia la rotta meno battuta da chi fugge. Ma in questa piccola nazione a due passi dalla guerra, dove le autorità hanno chiuso da qualche giorno l’aeroporto di Chisinau per la paura di qualche missile fuori controllo, l’accoglienza è commovente. Non ci sono grandi budget destinati ai profughi, ma le anziane del posto e le ragazze della chiesa locale si alternano cucinando panini, offrendo tè caldo, marmellata fatta in casa e soprattutto le “famose” (così dicono…) mele moldave. Il riscaldamento, nel piccolo hangar, è a palla mentre fuori cade la neve. E in mezzo ai fiocchi spuntano loro, quelli che, dalle disgrazie, hanno tutto da guadagnarci. “Vi portiamo noi dove volete”, spiega in russo, poi in tedesco e persino in italiano un corpulento omaccione con targa di Bucarest e sigaretta perennemente accesa. A chi scappa non sembra vero ma occhio alle fregature. Si contratta, e a lungo, e alla fine ci si accorda per 80 euro fino al confine rumeno. Va ancora peggio dalla frontiera a Iasi, la città rumena con l’aeroporto più vicino. Qui addirittura sembra un passaggio amichevole “per i poveri amici ucraini che scappano”. Macché: altri 50 euro che volano e siamo a 130.

La sala d’attesa pullula di rifugiati in cerca di una via di uscita. I volontari anche qui si fanno in quattro, parlano la stessa lingua di chi è in fuga e si approcciano con grande tatto, ma di voli a tariffe scontate nemmeno l’ombra, anzi. Chi vuole raggiungere l’Europa deve sborsare diverse centinaia di euro. Non tutti hanno internet: la connessione va e viene ma non esiste un servizio di prenotazione sul posto. “Va fatto on line”, rispondono serafici. Chi cerca di partire con i propri animali domestici si trova le porte sbarrate da alcune compagnie che non accettano cani e gatti. Resta solo l’autobus, ma per arrivare in Italia servono due giorni o forse addirittura tre. Nel frattempo gli alberghi di Iasi sono tutti esauriti e chi non ha un mezzo proprio deve bivaccare in aeroporto: altra stanchezza su corpi già provati dall’esodo.

Bell’affare, la guerra: a Kiev, qualche giorno fa, per attraversare il ponte sul Dnepr lungo più o meno un chilometro il tassista chiedeva 130 euro. “Se è troppo andate a nuoto”, è stata la risposta alle proteste. “O così o vi arrangiate”. Spasibo.