Dopo che il cancelliere tedesco Olaf Scholz (Spd) ha annunciato uno stanziamento straordinario per ammodernare le forze armate di 100 miliardi di euro e un costante aumento delle spese militari oltre il 2% del Pil annuo si sono levate molte voci, soprattutto dalla base del partito dei Verdi, che temono che si inneschi una corsa al riarmo a scapito dell’emergenza ambientale. D’altro canto, il conflitto russo-ucraino ha rivelato alla Germania quanto sia pericolosa la dipendenza energetica dalla Russia. E il Paese è stato attraversato da un’ondata di proteste ambientaliste radicali, con manifestanti che hanno bloccato l’accesso ad aeroporti ed autostrade incollandosi le mani all’asfalto. La coalizione semaforo ha deciso di correre ai ripari e il ministro delle Finanze Christian Lindner (Fdp) ha annunciato lo stanziamento di 200 miliardi di euro da investire nella conversione energetica entro il 2026. I fondi dovranno essere impiegati per stazioni di ricarica per i motori elettrici, impianti di creazione di idrogeno, oltre che per calmierare l’aumento dei prezzi energetici in salita quand’anche il primo luglio dovrebbero sparire le accise sulle energie rinnovabili. Deve essere finanziata la trasformazione di tutto il sistema industriale, come ha indicato il vicecancelliere e ministro per economia e clima Robert Habeck (Verdi): ad esempio, dove si produce acciaio ricorrendo a carbone importato dalla Russia si dovrà ricorrere all’idrogeno. Sono trasformazioni rilevanti anche per la sicurezza del Paese.

Una delle grosse critiche mosse al governo di Berlino, infatti, è che le sanzioni contro il sistema bancario russo scattate per l’invasione dell’Ucraina hanno fatto salve la Sberbank e le Gazprombank, i due istituti attraverso i quali la Germania, come anche l’Italia, pagano le forniture di combustibili fossili alla Russia. Attualmente la Germania ottiene il 55% del suo gas dalla Russia, soprattutto attraverso Nord Stream 1 e Yamal-Europe che attraversa la Polonia. Inoltre, 109 metri cubi al giorno passano ancora attraverso l’Ucraina. A ciò si aggiungono circa il 42% del suo petrolio ed il 45% del suo carbone. Dati parzialmente simili valgono anche per l’Italia che ottiene circa il 45% del proprio gas ed il 12% del suo petrolio dalla Russia. L’Italia -come ha evidenziato in febbraio anche Andrea Turco su economiacircolare.com – ha sempre una strategia energetica fortemente incentrata sui combustibili fossili, tanto che il governo Draghi ha finora stanziato 15 miliardi per fronteggiare l’aumento delle bollette. A fronte della dipendenza dalle forniture russe il prezzo del gas è infatti aumentato dall’inizio della guerra in Ucraina di circa il 60% e quello del carbone di almeno il 33%.

Il ministro degli Esteri Annalena Baerbock (Verdi) ha spiegato alla ZdF che il collega e compagno di partito Robert Habeck sta cercando fonti alternative alle forniture russe, ma che per quanto doloroso al momento non vi si può prescindere del tutto. Si cerca però di procedere in fretta per poter prendere misure progressive anche contro i due istituti bancari russi ancora legati al circuito Swift. Habeck aveva garantito già il 27 febbraio dagli schermi della Ard che anche senza il gas russo, quantomeno per questo inverno, le riserve tedesche sono al sicuro e la Germania sta assicurandosi anche una adeguata scorta di carbone, aggiungendo l’avvio della costruzione di due terminal per gas liquido nel Mare del Nord a Brünsbuttel e Wilhelmshaven. Il vicecancelliere d’altro canto ha annunciato che il governo presenterà anche un piano per ridurre il fabbisogno di gas. In Italia Assoambiente ha indicato che per ridurre i consumi si dovrebbe tornare ad un’austerity con temperature di riscaldamento più basse, illuminazione notturna ridotta, limiti di velocità e ora legale prolungata. In Germania si sta effettivamente pensando di modificare il diritto di locazione imponendo che nei locali in affitto debba essere garantita in inverno solo una temperatura tra i 20 ed i 22 gradi, sottolineando che i consumatori risparmierebbero 200 euro all’anno.

Il contratto di coalizione di governo prevedeva che si ricorresse al gas come “ponte” verso la transizione energetica per dieci o quindici anni. Ora a Berlino si deve ripensare tutto molto in fretta. Per Robert Habeck non ci sono preclusioni ideologiche, in caso di estrema necessità di prolungare la vita delle centrali a carbone oltre il 2030, ma non si risolverebbe il problema della dipendenza dalla Russia. Il ricorso al carbone si scontrerebbe però apertamente con i traguardi concordati nella conferenza della Nazioni Unite COP 26 di Glasgow. Per Habeck ad ogni modo un ripensamento nell’uso dell’energia nucleare non sarebbe di alcun aiuto per superare gli inverni 2022 e 2023, perché le procedure di smantellamento dei tre reattori ancora in rete fino alla fine dell’anno sono ormai troppo avanzate per poterne prolungare la vita senza rischi per la sicurezza. Solare ed eolico non appartengono invece a nessuno, ha sottolineato. In Italia invece il premier Mario Draghi ha ipotizzato il mantenimento in esercizio delle sei centrali a carbone destinate alla chiusura o riconversione che sono ancora in toto o in parte attive (una sola a La Spezia è già stata chiusa). Inoltre, punta al raddoppio di forniture dal gasdotto Tap che attraversando Grecia ed Albania porta in Italia il gas naturale estratto in Azerbaijan.

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