Non bastavano i ritardi della burocrazia: tempi lumaca di Regione e Governo che, da anni, rallentano il rilascio delle autorizzazioni per il riavvio della fabbrica. A impensierire i lavoratori dell’Eurallumina, azienda di Portovesme (nella costa sud occidentale della Sardegna) controllata dalla russa Rusal, ci sono, ora, anche le conseguenze legate allo scenario internazionale. Perché c’è il rischio che il conflitto in Ucraina, e tutte le conseguenze che ne derivano, faccia passare ancora in secondo piano la sorte dei lavoratori (220 diretti, in cassa integrazione a rotazione, che portano avanti la manutenzione) dello stabilimento dove la bauxite viene trasformata in allumina.

MILIONI DI INVESTIMENTI – Eurallumina, primo anello della filiera dell’alluminio, è ferma dal 2009 e in attesa di 300 milioni di investimenti che ne garantirebbero la ripartenza. Una somma consistente che va a sommarsi ai 270 milioni di euro già spesi da Rusal negli ultimi 12 anni per garantire il mantenimento degli impianti in efficienza e assicurare le integrazioni ai lavoratori, passati dagli iniziali 450 agli attuali 220.

LE PAURE DEI LAVORATORI – “È chiaro che il conflitto in Ucraina è motivo in più di preoccupazione – conferma Davide Boi, delegato Uiltec-Uil – seppure Rusal abbia pagato con puntualità anche l’ultimo stipendio, è inevitabile che ci sia una certa tensione. Soprattutto perché rimangono da definire, da parte delle istituzioni regionale e nazionale, le questioni autorizzative per gli investimenti. Possiamo anche comprendere che la guerra abbia modificato l’agenda del Governo, ma noi siamo lasciati in secondo piano da ormai 13 anni“.

REGIONE E GOVERNO IN RITARDO – L’ultimo di una lunga serie di progetti presentati da Rusal risale allo scorso 27 luglio e riguarda la realizzazione di una centrale di cogenerazione a Gnl. Il progetto viene presentato al ministero dell’Ambiente per ottenere il provvedimento unico ambientale all’utilizzo di gas naturale, che si renderà disponibile in Sardegna attraverso il progetto di Virtual pipeline approvato con il decreto Semplificazione del 26 luglio 2020. Ma la richiesta non passa: il Ministero archivia e rimanda la competenza alla Regione Sardegna. Rusal si adegua e presenta istanza per il rilascio dell’autorizzazione regionale, il Paur, acronimo di provvedimento autorizzatorio unico regionale. La conferenza dei servizi, convocata inizialmente a ottobre, subisce slittamenti: aggiornata a novembre dello scorso anno, dovrebbe essere riconvocata per completarsi a marzo. Non basta: c’è attesa anche per il Dpcm Sardegna. Strumento, questo, con il quale si dovrebbe dare il via libera alla centrale cogenerativa a gas da rete nazionale, che si trascina ormai da tre governi. Fondamentale per consentire l’arrivo del gas nell’isola, che attualmente ne è priva e vede amplificati in ogni settore gli effetti della sua dipendenza energetica.

STORIA INFINITA – “Sono questi fortissimi ritardi a preoccuparci – incalza Simone Zucca (delegato Femca Cisl) – la procedura Paur non è ancora conclusa e siamo in
attesa della riconvocazione della conferenza di servizi, passaggio indispensabile per proseguire il lungo iter delle autorizzazioni alla ripartenza. La Rusal ha finora fatto il suo, certamente siamo vigili anche per ciò che accade a livello internazionale, ma sono le istituzioni a darci motivo di preoccupazione per il nostro futuro”.

La vertenza sembra dunque andare avanti su due binari paralleli: da una parte la società che vuole investire ancora, dall’altra la lentezza delle istituzioni. Una storia infinita per la raffineria di bauxite che ha una capacità produttiva di 1,07 milioni di tonnellate l’anno di allumina, ma è stata costretta a fermarsi nel 2009 a causa degli alti costi dell’olio combustibile (indispensabile per la produzione di vapore) cui si è associato quello della materia prima (la bauxite) e, per contro, il calo drastico del prezzo dell’allumina.

“Dobbiamo dirlo con chiarezza: la società, finora, ha rispettato gli impegni – premette Enrico Pulisci, lavoratore e delegato sindacale della Filctem Cgil – è vero che il conflitto in Ucraina non può lasciarci indifferenti, soprattutto dal punto di vista socio politico e umanitario, ma non c’è al momento alcun motivo di ritenere che Rusal possa cambiare i suoi programmi rispetto a Eurallumina. Noi siamo sempre stati pragmatici e continuiamo a esserlo: non ci facciamo prendere dalla depressione né dall’entusiasmo, in quanto consapevoli di poter arrivare all’obiettivo di vedere di nuovo in marcia lo stabilimento”. Il che vorrebbe dire un potenziale di 1500 buste paga, tra cui quelle dei 220 lavoratori diretti.

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