I pm di Brescia titolari dell’accusa, Donato Greco e Francesco Milanesi, avevano chiesto sei mesi per il magistrato. Ovvero il minimo della pena. Nell’aprile 2020 Storari consegnò all'allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo le dichiarazioni secretate dell'avvocato
Il pm di Milano Paolo Storari è stato assolto a Brescia con la formula il fatto non costituisce reato dal giudice per l’udienza preliminare. Storari, che aveva scelto il rito abbreviato, era stato accusato di rivelazione del segreto d’ufficio per il caso dei verbali di Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria. I pm di Brescia titolari dell’accusa, Donato Greco e Francesco Milanesi, avevano chiesto sei mesi per il magistrato. Ovvero il minimo della pena. Nell’aprile 2020 Storari consegnò all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo le dichiarazioni secretate (che parlava di una presunta loggia massonica di cui avrebbero fatto parte diverse personalità e anche magistrati, ndr) per autotutelarsi dalla, a suo dire, inerzia dei vertici della procura milanese. Sul punto il giudice per le indagini preliminari ha archiviato la posizione dell’allora procuratore capo di Milano, Francesco Greco, ora in pensione, sostenendo che “le accuse nei confronti di Greco erano infondate e la procura di Milano non era stata inerte”. Amara. che ha già patteggiato in passato una condanna per corruzione in atti giudiziari, è indagato da diverse procure tra cui quella di Perugia che ha aperto un’inchiesta per associazione segreta.
“È stata una battaglia veramente difficile e l’assoluzione è la decisione più corretta – ha detto l’avvocato Paolo Della Sala, difensore di Storari – La buona fede era stata riconosciuta dalla stessa procura. Spero che questa decisione ponga fine al calvario a cui Storari è stato sottoposto per aver fatto il proprio dovere dal suo punto di vista”. L’imputato, dopo la lettura del dispositivo era visibilmente commosso. Quella di oggi è “una decisione che ci ha soddisfatto – ha proseguito il legale – perché ridà equità a un ambito che è stato anche forse un po’ strumentalizzato da una certa stampa“. Inoltre “gli argomenti tecnici per poter arrivare a questa assoluzione erano solidissimi, noi siamo sempre stati molto fiduciosi”. Il difensore ha ricordato come anche il Csm, la scorsa estate, aveva rigettato la richiesta di un provvedimento disciplinare di tipo cautelare nei confronti di Storari. A chi ha chiesto se sia la fine di un calvario e se sia stata riconosciuta la buona fede, il legale ha replicato: “Qualcosa di più. Qui c’è stata una assoluzione piena, nemmeno con un richiamo alla contraddittorietà della prova, il che vuol dire che sostanzialmente è priva di dubbi interpretativi”.
Davigo, che invece ha scelto il rito ordinario, è stato rinviato a giudizio. Il processo inizierà il prossimo 20 aprile. In base al capo di imputazione Davigo, difeso dall’avvocato Francesco Borasi, “consegnava, informalmente e senza alcuna ragione ufficiale, ma al solo scopo di motivare la rottura dei propri rapporti personali con il consigliere Sebastiano Ardita, copia degli atti in questione al consigliere del Csm Giuseppe Marra, dopo averlo informato del loro contenuto, incaricandolo di custodirli e di consegnarli al comitato di Presidenza, qualora glieli avesse richiesti”. Oltre a ciò avrebbe riferito a un altro componente del Consiglio Superiore della Magistratura, Ilaria Pepe, “sempre in assenza di una ragione ufficiale, ma per suggerirle di ‘prendere le distanze dal consigliere Ardita, il contenuto delle dichiarazioni rese” da Amara, “invitandola a leggerle; riferiva, in assenza di una ragione d’ufficio, al dichiarato scopo di ottenere un giudizio sull’attendibilità” di quei verbali che gli erano stati consegnati da Storari per “autotutelarsi”, a suo dire, dal rallentamento alle indagini voluto dai vertici della procura di Milano.
Secondo l’accusa avrebbe parlato, pur in modo confidenziale, delle dichiarazioni di Amara al senatore Nicola Morra ad altri consiglieri del Csm, come Giuseppe Cascini, Fulvio Gigliotti, Stefano Cavanna – al quale avrebbe detto che nell’indagine sulla presunta loggia era “coinvolto” Ardita- e il vice presidente David Ermini, al quale avrebbe dato “copia degli atti (…), al di fuori di qualunque ufficialità al punto che Ermini, ritenendo irricevibili quegli atti ed inutilizzabili le confidenze ricevute, immediatamente distruggeva detta documentazione”.Durante la scorsa udienza Davigo aveva chiesto di essere interrogato e aveva difeso la sua condotta: “Tutto quello che ha fatto, lo ha fatto nel rispetto della legge” la posizione dell’ex pm. I verbali erano poi arrivati a giornalisti e al consigliere Nino Di Matteo. In questo caso nel registro degli indagati è finita l’ex segretaria di Davigo, Marcella Contraffatto.
L’intera vicenda dei verbali, collegati indirettamente anche al processo Eni Nigeria, ha dato origine in totale a tre procedimenti penali a Brescia: oltre alla richiesta di rinvio a giudizi per Storari e Davigo, c’è l’inchiesta in corso sull’aggiunto Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro (titolari dell’accusa nel processo al colosso petrolifero che ha visto tutti gli imputati assolti) ed è indagata anche l’aggiunto Laura Pedio, titolare del fascicolo ‘falso complotto’, a cui viene contestata, tra l’altro, la gestione di Vincenzo Armanna, grande accusatore dei vertici Eni. Amara, ex avvocato esterno di Eni, ha patteggiato in passato una condanna per corruzione in atti giudiziari ed è indagato da diverse procure compresa quella di Perugia che indaga sulla presunta associazione segreta. La decisione del gup potrebbe arrivare nella serata di giovedì.