“Sono certo di interpretare il sentimento di tutte le italiane e di tutti gli italiani, rivolgendo il primo pensiero di questo 8 marzo alle donne ucraine. Madri, lavoratrici, giovani, colpite da una violenza inattesa, crudele, assurda. Donne che partecipano coraggiosamente alla difesa della loro comunità, donne costrette a ripararsi nei rifugi d’emergenza, che lasciano il loro Paese, che hanno paura per i loro figli, che prestano cura ai più deboli, che piangono morti innocenti”. Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione al Quirinale della Giornata internazionale della Donna. “E tante, troppe”, ha proseguito il Capo dello Stato, “sono le donne già cadute in questo ingiustificabile conflitto. Nelle guerre le donne pagano sempre prezzi altissimi. Come donne, come madri, come compagne di vita. Vittime dell’insensatezza della guerra, vittime spesso di brutali violenze. Eppure la loro forza nel dolore, la loro dignità, si sono sempre rivelate energie insostituibili di resistenza, di coesione, di pacificazione, di ricostruzione”. In seguito, rivolgendo un pensiero all’occupazione femminile, ha proseguito: “Non è compatibile con la nostra civiltà che, a parità di mansioni e di impiego, esista una differenza di retribuzione a sfavore delle donne. Non dobbiamo più consentire che nei colloqui di lavoro si chieda alla donna e soltanto a essa: “Sei sposata? Hai figli? Hai in progetto di avere figli?”, collegando alla risposta positiva un handicap per l’assunzione. Non possiamo più accettare che le donne vivano nel timore di violenze. Siano esse sotto la forma della brutale aggressione fisica – per strada, nei luoghi di lavoro e di svago, in famiglia – che sotto quelle, sovente larvate ma sempre gravi, di pressioni psicologiche e di veri e propri ricatti”.
E sul conflitto in corso in Ucraina, che ha definito “un ritorno all’indietro della storia e della civiltà”, ha commentato: “Opporsi a questa deriva di scontri e di conflitti comporta dei prezzi; potrebbe provocare dei costi alle economie dei Paesi che vi si oppongono ma questi sarebbero di gran lunga inferiori a quelli che si pagherebbero se quella deriva non venisse fermata adesso”. Si è rivolto, quindi, ai cittadini dell’Unione: “La nostra responsabilità di cittadini, di europei, ci chiama oggi a un più forte impegno per la pace, perché si ritirino le forze di occupazione e si fermino le armi, perché sia ripristinato il diritto internazionale e siano rispettate le sovranità nazionali. L’indifferenza di fronte all’arbitrio e alla sopraffazione è il peggiore dei mali. In gioco non c’è solo la libertà di un popolo ma la pace, la democrazia, il diritto, la civiltà dell’Europa e dell’intero genere umano”. Perché, ha continuato: “Non è tollerabile – e non dovrebbe essere neppure concepibile – che, in questo nuovo millennio, qualcuno voglia comportarsi secondo i criteri di potenza dei secoli passati; pretendendo che gli stati più grandi e forti abbiano il diritto di imporre le proprie scelte ai paesi più vicini, e, in caso contrario, di aggredirli con la violenza delle armi. Provocando angoscia, sofferenze, morti, disumane devastazioni. Va fermato – subito; con decisione – questo ritorno all’indietro della storia e della civiltà”. Ha citato inoltre i genitori di Kirill, il bambino di 18 mesi morto a causa degli scontri: “Nelle immagini della disperazione dei giovani genitori del piccolo Kirill si esprime l’insensatezza della guerra, la crudeltà e il cinismo di questa aggressione della Federazione russa contro l’Ucraina”. E ha chiuso, tornando alla Festa della donna: “La crescita del ruolo delle donne, della presenza protagonista femminile in tutti gli ambiti della vita politica, istituzionale, economica, sociale, è una condizione per lo sviluppo del nostro Paese. La Giornata dell’8 marzo è uno sprone. Per tutte le donne, certamente. Lo è anche per l’intera Italia che vuole diventare migliore”.