Alla Camera dei Comuni la tensione è alta: in videocollegamento oggi apparirà il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky e i parlamentari britannici dovranno riuscire a guardarlo negli occhi. La vista è panoramica lungo il tragitto che porta dal Parlamento di Westminster, passando da Buckingham Palace e poi attraverso Hyde Park fino all’Abramovich Palace, il palazzo di 13 stanze del patron del Chelsea (il club ora messo in vendita) in una delle strade più costose del mondo: Kensington Palace Gardens. Il russo più famoso nel mondo, dopo il suo amico Vladimir Putin, ha le ore contate dopo che lunedì sera i Comuni hanno passato in tutta fretta la terza lettura del cosiddetto ‘disegno di legge contro gli oligarchi russi’. Il voto dei Lord, poi l’Assenso Reale e dal 15 marzo il nome di Roman Abramovich potrebbe comparire accanto a quello di un centinaio di miliardari russi da inserire nella lista nera delle sanzioni.

Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, Downing Street ha colpito solo una dozzina di cleptocrati a Londra accusati di corruzione o di legami con il Cremlino. Bloccarli non è semplice perché gli oligarchi russi sono riusciti a nascondere i propri interessi, più o meno leciti, tra le opulente ville di ‘Londongrad’, come è chiamata la grande capitale del riciclaggio di denaro sporco proveniente dal regime di Putin. Benvenuti nell’epicentro londinese del lusso sfrenato che funziona come un sistema di scatole cinesi, tra società fittizie collegate a immobili e beni di lusso, in un ingranaggio che viene oliato dai cosiddetti ‘enablers’: pensiamo ad un apparato di agenzie immobiliari, banchieri, commercialisti e avvocati specializzati nell’offuscare l’identità degli investitori dietro a compagnie offshore (magari alle isole di Jersey e di Guernsey o sull’isola di Man ) o esperti nel registrare le proprietà a nome di familiari, come provato da indagini britanniche che hanno identificato 4000 società russe in Regno Unito facenti capo a bambini sotto i due anni.

“L’Economic Crime Bill (il nome ufficiale del disegno di legge contro i crimini economici) toglierà il velo dell’anonimato che oscura l’identità dei proprietari di immobili dietro a società fittizie”, ha detto Boris Johnson. Ma da quando è diventato primo ministro 200 milioni di sterline in donazioni russe hanno rimpinguato le casse del suo partito: sarà per questo che Downing street si è trovata nella posizione imbarazzante come fanalino di coda dopo Ue e Usa, che hanno invece prontamente sequestrato beni immobiliari e yacht di proprietà dell’entourage di Putin quando lui ha cominciato ad attaccare Kiev. Lunedì i parlamentari conservatori hanno rigettato la proposta dell’opposizione di abbassare a 28 giorni il periodo di grazia per dichiarare i propri beni, che con la nuova legge passerà da 18 a 6 mesi. Chissà se per allora il 55enne Roman Abramovich, valore netto sopra i 12 miliardi di sterline, non sarà già riuscito a vendere o trasferire il suo patrimonio britannico altrove. Così come Andrey Guryev, il miliardario dei fertilizzanti e proprietario di Witanhurst, la magione georgiana che con le sue 65 stanze è seconda solo alla residenza della Regina Elisabetta a Buckingham Palace.

Il nuovo giro di vite prevede l’istituzione di un registro in cui i proprietari stranieri di beni immobiliari o società in Regno Unito dovranno dichiarare la propria vera identità e non potranno più restare anonimi o utilizzare entità fittizie con sede in paradisi fiscali. La misura sarà retroattiva, obbligando ad uscire allo scoperto tutti coloro che hanno investito in Regno Unito negli ultimi 20 anni. I trasgressori saranno condannati a una pena fino a cinque anni di carcere e la vendita dell’immobile sarà congelata. “Vogliamo che il governo vada oltre e preveda il sequestro dei beni – ha sostenuto il laburista Chris Bryant – non ha senso sanzionare le persone se la misura non viene applicata in tempi rapidi”.

Ma di rapido c’è molto poco se si cerca di districare i miliardari russi dalla trama politica e finanziaria che li lega a Downing Street. Rapporti calcolati e cronicizzati che vanno indietro di due decenni, quando il Tory John Major istituiva un visto speciale per “investitori” che potevano comprarsi la residenza per un milione di sterline. Per poi passare a Tony Blair e Gordon Brown che con il suo programma ribattezzato “the golden visa”, il visto d’oro, di fatto ha aperto le porte a chiunque arrivi con 2 milioni di sterline di fondi e che può stabilirsi in Regno Unito prendendo la residenza dopo 5 anni. Dal giugno 2008 ad aprile 2015 di fatto 3mila domande sono andate in porto, di cui 700 da parte di miliardari russi. Dopo l’annessione della Crimea nel 2014 altri 406 russi hanno ottenuto il visa oltre a 699 tra mogli, figli e dipendenti. In quegli anni la moglie di Vladimir Chernukhin, ex ministro di Putin, pagava 160mila sterline per una partita a tennis con il primo ministro Cameron e Londongrad era nel pieno del suo splendore. E che dire poi di Evgeny Lebedev, proprietario di giornali britannici (come il popolare Evening Standard) diventato amico di Boris Johnson che gli ha spianato la strada facendolo diventare addirittura un Lord.

“Il sistema dei visti è stato deviato da élite corrotte che hanno minacciato la nostra sicurezza nazionale e ha fatto circolare denaro sporco nelle nostre città – ha detto il ministro dell’intero Preeti Patel – che ha sottolineato come il nuovo disegno di legge darà al governo maggiori poteri di identificare e investigare i fondi neri dei criminali russi e dei loro alleati”. La legge sulla trasparenza obbligherà poi gli oligarchi a dichiarare da dove arrivano la loro ricchezze, così che le autorità potranno sequestrare gli assetti che sono frutto di attività illecita o criminale. Se questo potrà bastare contro Putin si vedrà oggi a Westminster, negli occhi di Zelensky.

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