Donne libere e curiose, oltre il limite dell’ecumene, geografico e sociale. Solcarono mari inesplorati e sfidarono le montagne dei pregiudizi per amor di conoscenza, resero la loro vita un’avventura, tutta da raccontare.
Un tempo viaggiare era per soli temerari: marinai alla ricerca di orizzonti terreni, carovane attraverso lande desolate, solo le stelle e i miraggi disegnavano nuove geografie. Partire non era ambizione di tutti e alle donne non era concesso partecipare ad alcun genere di spedizione, salvo quelle della domenica per il consueto “viaggio spirituale” previsto dal buon costume. Le più fortunate potevano evadere attraverso i libri, infiniti mondi circoscritti dalle coordinate domestiche. Nella realtà, le lunghe traversate erano considerate un rischio enorme persino per gli uomini e le rigide convenzioni sociali non giocavano a favore delle giovani più avventurose che le consideravano un’occasione preziosa per evadere e scoprire il mondo. Non fu facile svincolarsi dagli stereotipi e dai pregiudizi di una società maschilista, da un codice morale imperativo, ma con il passare dei secoli alcune cose cambiarono grazie all’ambizione di alcune donne coraggiose. Non si trattava di un capriccio per signore annoiate dalla vita casalinga, era un bisogno di autonomia, un’evasione ispirata, una rivalsa sull’uncinetto, un’autentica vocazione alla conoscenza: vedere, osservare, annotare e descrivere, un tesoro più grande delle conquiste, quello del sapere. Le avventure delle prime viaggiatrici sono un omaggio alla loro tenacia e dedizione, un inno all’inventiva e all’intuito femminile, persino alla fantasia, come quella di Jeanne Baret, la prima avventuriera della storia che si travestì da uomo per salpare alla volta delle Americhe. Le sue prodezze ci ricordano che per realizzare i propri sogni ci vuole coraggio.
Le prime avventuriere, donne che cambiarono il pensiero comune
La prima esploratrice di tutti i tempi fu francese e non si accontentò di un singolo viaggio, ma riuscì a circumnavigare tutto il globo. Una storia straordinaria, di uno spirito curioso e temerario, soprattutto per i suoi tempi: correva il 1766 quando Jeanne Baret si imbarcò su una nave francese travestendosi da uomo. Fascia stretta per contenere le forme, abiti maschili e temperamento da marinaio la aiutarono a diventare Jean Baret, senza destare alcun sospetto tra la ciurma con la quale condivise mesi di navigazione. Dopo mille peripezie sbarcarono a Tahiti dove gli indigeni capirono la sua vera identità. Lo sdegno dell’equipaggio fu tale che la abbandonarono sull’isola, facendo involontariamente un favore a Jeanne, grande appassionata di botanica: la giovane trovò un autentico paradiso per osservare e studiare la flora locale, ad oggi considerata una delle più ricche dei Caraibi. Sono in pochi a sapere che fu proprio lei a scoprire e classificare le Bouganville, una meraviglia esotica oggi diffusa anche alle nostre latitudini. Jeanne non lavorò solo sulle specie endemiche dell’isola, durante i suoi viaggi arricchì le ricerche con tantissime altre varietà, dall’America Meridionale ai paradisi del Pacifico. Una vita dedicata alle esplorazioni e alla bellezza della natura.
Un’altra storia di coraggio, ma anche una grande resilienza fu quella della scrittrice inglese Isabella Lucy Bird. Il dolore fisico caratterizzò l’esistenza di questa donna che sin dalla giovane età convisse con gravi problemi alla schiena, e uno stato di salute cagionevole. Appena diciannovenne venne operata alla colonna vertebrale, ma ciò non le impedì di evadere e scappare dal perbenismo vittoriano dell’epoca. Dopo la convalescenza, nel 1854 arrivò negli Stati Uniti. I chilometri che non poteva affrontare a piedi li cavalcò in sella al suo Birdie, l’amato destriero compagno di numerose avventure e con lui attraversò anche le impervie Montagne Rocciose. Isabella girerà così il mondo, dalla Corea al Giappone, dal Colorado sino alla costa americana del Pacifico, sempre con uno stile unico e personale: pantaloni alla turca, abito hawaiano coloratissimo e casacca. Raggiunse persino l’Australia e le Hawaii delle quali si innamorò perdutamente. Scrittrice e fotografa, fu la prima donna della prestigiosa Royal Geographical Society, associazione inglese nata con lo scopo di promuovere la ricerca geografica in tutto il mondo. Un’avventuriera che ha trovato la serenità e la salute viaggiando, a conferma che la mente è tutt’uno con il corpo.
Incredibile anche la vita di Annie Smith Peck, la più grande alpinista di tutti i tempi. La prestante americana fu la prima donna ad entrare nel mondo delle scalate a fine Ottocento. Si dotò di abbigliamento adeguato e grande forza di volontà per sfidare le pendenze e le convenzioni sociali dell’epocae arrampicò con ramponi e pantaloni, ben nascosti sotto una lunga tunica. Un temperamento d’acciaio, tanto da raggiungere la vetta del Mount Madison nel New Hampshire alla veneranda età di 82 anni. Annie non fu solo la prima ma anche la più dotata tra le donne dell’alpinismo. Le esploratrici del passato furono tutte donne determinate, ognuna a modo suo, così Nellie Bly, la reporter americana che a fine Ottocento intraprese il giro del mondo in 72 giorni, ispirandosi al famoso romanzo di Jules Verne. Un tour che attraversò l’Europa, la Cina e arrivò nella Terra del Sol levante in solitaria. Ci furono poi delle avventuriere appassionate di archeologia che passarono alla storia, come Amelia Edwards, che nel 1873 diede inizio ad un’avventura in Egitto dove raccolse preziose testimonianze e le trasformò nel celebre manoscritto ricco di illustrazioni intitolato “A Thousand Miles up the Nile”, e Gertrude Bell, che all’inizio del Novecento esplorò il Medio Oriente passando per Damasco, Gerusalemme, Beirut, la Palestina e l’antica Mesopotamia. Mille e una notte d’avventura anche per Freya Stark, inglese cresciuta in Italia, che negli stessi anni fu la prima donna occidentale ad attraversare il Deserto Arabico. In quei tempi il fascino del mondo arabo incantò anche Isabelle Eberhardt: la giovane partì dalla Svizzera e raggiunse il Nord Africa interpretando un cavaliere arabo dal nome “Mahmoud Saadi”, un accurato travestimento ed interpretazione che le permise di vedere e documentare infinite meraviglie.
La storia è ricca di donne straordinarie con la vocazione al viaggio, che andarono all’avventura con tutti i mezzi possibili ed immaginabili. Annie Cohen Kopchovsky fu la prima viaggiatrice a girare il mondo in bicicletta. Partì nel 1894 da Boston, attraversò gli Stati Uniti, per poi pedalare in tutta Europa ed Asia. Chilometri e chilometri non solo lungo strade e sentieri del mondo, Amelia Earhart li percorse persino tra le nuvole in qualità di pilota, la prima donna nell’aviazione americana. Una pioniera dei record che attraversò l’Atlantico in volo, poco meno di due secoli dopo la traversata di Jeanne a bordo del galeone francese. Chissà quante altre conquiste le donne scriveranno, alla scoperta di questa magnifica Terra e oltre.