Secondo il presidente di Confindustria Carlo Bonomi la situazione in cui ci troviamo oggi è frutto di calcoli politici errati. Intervistato da Repubblica il leader degli industriali italiani ci spiega che le imprese non hanno alcuna responsabilità, anzi sono state spinte a fare affari con Mosca. “Per decenni la politica ha detto: la Russia è un paese amico ed affidabile. E ora il conto si presenta alle imprese. Politica e finanza hanno spinto con agevolazioni le imprese ad andare ad investire in Russia”.
Le dichiarazioni di Bonomi trovano appigli molto deboli nella realtà. Per anni Confindustria si è spesa per promuovere una rimozione delle sanzioni contro Mosca attivate dopo l’invasione della Crimea del 2014, facendo pressioni in tal senso sui vari governi. Le sanzioni alla Russia “da un punto di vista economico andrebbero tolte perché siamo un Paese ad alta vocazione esportativa” affermava ancora nel 2018 l’ex presidente Vincenzo Boccia concedendo che “è evidente che tutto questo va fatto in una compagine europea. Non possiamo fare le cose da soli, fuori dal club”. “Realpolitik e made in Italy: l’ora di eliminare le sanzioni con la Russia”, titolava un’analisi de Il Sole 24 Ore nel gennaio 2017.
“Russia ed Europa devono stare dalla stessa parte”, spiegava nel 2017 l’ex presidente di Confindustria e di Eni, tuttora pezzo da novanta dell’associazione degli imprenditori, Emma Marcegaglia aggiungendo che “Sull’efficacia delle sanzioni potremmo discutere”. Il numero uno di Pirelli Marco Tronchetti Provera, a lungo vicepresidente di Confindustria, affermava un anno fa “È tempo di superare le sanzioni con la Russia”. Confindustria Russia, che raggruppa le aziende italiane che fanno affari nel paese e fa capo alla “casa madre” di viale dell’Astronomia, da anni promuove dibattiti in questa direzione. Nel 2018 Matteo Salvini si presentò alla platea con questa promessa: “Con me al governo via le sanzioni“.
A Confindustria piace raccontare che l’Italia è stata particolarmente colpita da queste misure. In realtà uno studio internazionale condotto nel 2016 è giunto a conclusioni opposte. Il danno derivante dalle sanzioni per la Germania è stato stimato in 23 miliardi, quello per la Francia in 5 miliardi, per l’Olanda 4 miliardi e per l’Italia 3,5 miliardi. Sta di fatto che, anche con le sanzioni in vigore, le imprese italiane hanno sempre guardato alla Russia con appetito. Nel 2017, in concomitanza con un giro di vite delle misure commerciali, l’export italiano è salito del 19% mentre gli investimenti nel paese passavano da 27 a 36 miliardi di euro. “Questa tendenza positiva fa pensare che le compagnie italiane si siano adattate al contesto sanzionatorio” si legge in un’analisi presente sul sito di Confindustria Russia. La Federazione Russa si è dotata di Zone economiche speciali (Zes) dove era possibile usufruire di incentivi fiscali, doganali e amministrativi per le imprese, e dove il costo del lavoro è più basso. In Russia sono attualmente presenti oltre 400 imprese italiane, di cui 70 con impianti produttivi, con investimenti che non si sono mai fermati. Nel 2018 l’allora ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi in visita a Mosca al seguito di una missione imprenditoriale, ha rassicurato il Cremlino sul fatto che l’Italia era al lavoro per cercare di spingere l’Europa ad eliminare le sanzioni.
Gli accordi tra aziende italiane e Russia non si sono fermati neppure a ridosso della deflagrazione del conflitto. Secondo quanto ricostruito da Bloomberg una settima prima dell’invasione funzionari italiani e russi si sono incontrati per discutere potenziali investimenti del valore di centinaia di milioni di euro che avrebbero coinvolto in particolare Ansaldo energia ed Enel, entrambe socie di Confindustria. Alla fine dello scorso gennaio i vertici di quasi tutte le principali aziende italiane hanno partecipato ad un video incontro con il presidente russo Vladimir Putin per discutere anche dello sviluppo . Incontro che è stato definito “inopportuno” dall’Unione europea visto il quadro di tensioni crescenti in cui si è svolto. Nella sua intervista odierna Carlo Bonomi ribadisce anche la sua linea sull’emergenza energia: accantonare gli impegni ambientali ed aumentare il ricorso a fonti come il carbone. Ieri l’Agenzia internazionale dell’energia ha reso noto che le emissioni dei Co2 nel 2021 hanno toccato il record storico a causa del massiccio utilizzo di carbone, il più inquinante dei combustibili fossili.
Economia & Lobby
Bonomi (Confindustria): “Imprese spinte ad investire in Russia dalla politica”. E ribadisce: “Tornare al carbone”
Per anni Confindustria si è spesa per promuovere una rimozione delle sanzioni contro Mosca attivate dopo l'invasione della Crimea del 2014, facendo pressioni in tal senso sui vari governi. Nel 2018 il presidente Vincenzo Boccia ne auspicava apertamente la rimozione così come chiede da anni Confindustria Russia. Pochi giorni prima dell'invasione dell'Ucraina incontri tra aziende italiane e rappresentanti del Cremlino per nuovi investimenti nel paese
Secondo il presidente di Confindustria Carlo Bonomi la situazione in cui ci troviamo oggi è frutto di calcoli politici errati. Intervistato da Repubblica il leader degli industriali italiani ci spiega che le imprese non hanno alcuna responsabilità, anzi sono state spinte a fare affari con Mosca. “Per decenni la politica ha detto: la Russia è un paese amico ed affidabile. E ora il conto si presenta alle imprese. Politica e finanza hanno spinto con agevolazioni le imprese ad andare ad investire in Russia”.
Le dichiarazioni di Bonomi trovano appigli molto deboli nella realtà. Per anni Confindustria si è spesa per promuovere una rimozione delle sanzioni contro Mosca attivate dopo l’invasione della Crimea del 2014, facendo pressioni in tal senso sui vari governi. Le sanzioni alla Russia “da un punto di vista economico andrebbero tolte perché siamo un Paese ad alta vocazione esportativa” affermava ancora nel 2018 l’ex presidente Vincenzo Boccia concedendo che “è evidente che tutto questo va fatto in una compagine europea. Non possiamo fare le cose da soli, fuori dal club”. “Realpolitik e made in Italy: l’ora di eliminare le sanzioni con la Russia”, titolava un’analisi de Il Sole 24 Ore nel gennaio 2017.
“Russia ed Europa devono stare dalla stessa parte”, spiegava nel 2017 l’ex presidente di Confindustria e di Eni, tuttora pezzo da novanta dell’associazione degli imprenditori, Emma Marcegaglia aggiungendo che “Sull’efficacia delle sanzioni potremmo discutere”. Il numero uno di Pirelli Marco Tronchetti Provera, a lungo vicepresidente di Confindustria, affermava un anno fa “È tempo di superare le sanzioni con la Russia”. Confindustria Russia, che raggruppa le aziende italiane che fanno affari nel paese e fa capo alla “casa madre” di viale dell’Astronomia, da anni promuove dibattiti in questa direzione. Nel 2018 Matteo Salvini si presentò alla platea con questa promessa: “Con me al governo via le sanzioni“.
A Confindustria piace raccontare che l’Italia è stata particolarmente colpita da queste misure. In realtà uno studio internazionale condotto nel 2016 è giunto a conclusioni opposte. Il danno derivante dalle sanzioni per la Germania è stato stimato in 23 miliardi, quello per la Francia in 5 miliardi, per l’Olanda 4 miliardi e per l’Italia 3,5 miliardi. Sta di fatto che, anche con le sanzioni in vigore, le imprese italiane hanno sempre guardato alla Russia con appetito. Nel 2017, in concomitanza con un giro di vite delle misure commerciali, l’export italiano è salito del 19% mentre gli investimenti nel paese passavano da 27 a 36 miliardi di euro. “Questa tendenza positiva fa pensare che le compagnie italiane si siano adattate al contesto sanzionatorio” si legge in un’analisi presente sul sito di Confindustria Russia. La Federazione Russa si è dotata di Zone economiche speciali (Zes) dove era possibile usufruire di incentivi fiscali, doganali e amministrativi per le imprese, e dove il costo del lavoro è più basso. In Russia sono attualmente presenti oltre 400 imprese italiane, di cui 70 con impianti produttivi, con investimenti che non si sono mai fermati. Nel 2018 l’allora ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi in visita a Mosca al seguito di una missione imprenditoriale, ha rassicurato il Cremlino sul fatto che l’Italia era al lavoro per cercare di spingere l’Europa ad eliminare le sanzioni.
Gli accordi tra aziende italiane e Russia non si sono fermati neppure a ridosso della deflagrazione del conflitto. Secondo quanto ricostruito da Bloomberg una settima prima dell’invasione funzionari italiani e russi si sono incontrati per discutere potenziali investimenti del valore di centinaia di milioni di euro che avrebbero coinvolto in particolare Ansaldo energia ed Enel, entrambe socie di Confindustria. Alla fine dello scorso gennaio i vertici di quasi tutte le principali aziende italiane hanno partecipato ad un video incontro con il presidente russo Vladimir Putin per discutere anche dello sviluppo . Incontro che è stato definito “inopportuno” dall’Unione europea visto il quadro di tensioni crescenti in cui si è svolto. Nella sua intervista odierna Carlo Bonomi ribadisce anche la sua linea sull’emergenza energia: accantonare gli impegni ambientali ed aumentare il ricorso a fonti come il carbone. Ieri l’Agenzia internazionale dell’energia ha reso noto che le emissioni dei Co2 nel 2021 hanno toccato il record storico a causa del massiccio utilizzo di carbone, il più inquinante dei combustibili fossili.
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Israele, terremoto allo Shin Bet: Netanyahu silura il capo Bar e denuncia il suo predecessore
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Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato la sua intenzione di licenziare il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, e di averlo "informato che la prossima settimana presenterà una proposta al governo per porre fine al suo mandato".
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"Con l'aiuto di Allah Onnipotente", prosegue la dichiarazione, "le forze armate yemenite continueranno a imporre un blocco navale al nemico israeliano e a vietare alle sue navi di entrare nella zona di operazioni dichiarata finché gli aiuti e i beni di prima necessità non saranno consegnati alla Striscia di Gaza".
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Il premier israeliano ha accusato Argaman di ricatto e reati legati alla legge che riguarda lo Shin Bet, che proibisce ai dipendenti dell'organizzazione di divulgare informazioni ottenute nell'ambito del loro lavoro.
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