“Invio delle armi all’esercito ucraino? Che sia un errore lo hanno spiegato i generali Marco Bertolini e Fabio Mini, che hanno avuto la franchezza di parlare al di là delle ipocrisie e delle retoriche e senza paura di passare per amici di Putin. Qui ormai sembra un derby: sembra che chi dice qualcosa fuori dal coro sia un amico di Putin”. Sono le parole del direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, che, nel corso di “Otto e mezzo” (La7), spiega: “Non è mai successo che si derogasse alla legge che vieta l’esportazione di armi a Paesi non alleati. Addirittura i nostri amici somali ci hanno chiesto armi per combattere l’Isis e non le abbiamo mandate. Io non sono contrario all’invio delle armi, anzi ritengo che sia legittimo in certi casi estremi per sostenere l’autodifesa dei popoli, quale sicuramente è la resistenza ucraina contro l’aggressore russo. Bisogna però vedere cosa succede dal dire al fare”.
E aggiunge: “Abbiamo scoperto che per far entrare le armi in Ucraina dobbiamo usare milizie di contractor, cioè di mercenari, che a loro volta ne trattengono una parte. In passato abbiamo visto nostre armi utilizzate da milizie che poi hanno cominciato a sparare contro di noi. L’ultimo caso clamoroso è quello degli afghani, che quando resistevano contro i russi erano dei benemeriti mujaheddin. Poi, quando hanno cominciato a resistere alla nostra invasione, sono diventati dei tagliagole talebani”.
Travaglio chiosa: ” Bisogna dire la verità anche ai nostri amici ucraini che resistono: tutti ci auguriamo che questa guerra finisca con una loro vittoria e che riescano a cacciare i russi, però sappiamo anche che i rapporti di forza sono sproporzionati. Sappiamo anche che l’unica speranza per garantire che questa guerra faccia il minor numero possibile di vittime e costi anche in termini territoriali il prezzo minore alla sovranità dell’Ucraina è che duri poco. Io ho l’impressione che mandare armi significhi semplicemente allungare un’agonia e arrivare ai negoziati di pace, quando resterà ben poco da negoziare”.