Ixe ha elaborato un sondaggio su 600 italiani rispetto alla crisi da cui emerge che quattro italiani su dieci sono contrari alla fornitura di armi alla resistenza dell'esercito di Zelensky. Weber: "I centri studi offrono spunti di riflessione, non fanno politica. Ma è evidente che la risposta della popolazione è più articolata, sfumata e complessa di come viene fatta apparire. Gli italiani sono sempre stati contrari agli interventi diretti, questo lo percepiscono come un intervento, anche se indiretto"
Il 40% degli italiani è contrario alla scelta di armare l’Ucraina. Lo rivela un sondaggio sul conflitto Russia-Ucraina dell’Istituto Ixe di Roberto Weber per Coldiretti, condotto su un campione di 600 cittadini italiani. Il 26% dei quali ritiene che l’Europa abbia “forti responsabilità” nello scoppio del conflitto, uno su sei ritiene poi l’escalation verso la guerra nucleare “possibile”. Numeri (scarica il sondaggio) che calano su un dibattito accesissimo negli ultimi giorni, da che il blitz di Mosca ha lasciato il campo a una guerra di trincea che si annuncia prolungata, mentre s’ingrossano le fila dei profughi e i negoziati alternano spiragli e chiusure. A saltare all’occhio, è quel dato per cui quattro italiani su dieci non sarebbe d’accordo con la scelta di armare la resistenza di Zelensky. Per due ragioni. La domanda non richiede conoscenze e analisi approfondite ma una risposta “di pancia”. E la risposta, in effetti, si rivela molto più articolata, sfumata e complessa rispetto alla percentuale “bulgara” con cui il Parlamento dieci giorni fa ha votato l’invio delle armi. Contrasta anche con la narrazione dominante che vuole quella scelta come “obbligata” e necessaria, sia negli stati nazionali che nell’Unione europea. Ma non appare tale alla popolazione italiana, se a rispondere non sono generali e politici ma la gente comune.
“E’ un dato che sorprende se lo si confronta con quanto scorre sulle tv ma in realtà fino a un certo punto”, spiega Weber che elabora simili analisi sui conflitti dal 1989. “Se guardiamo a tutte le guerre che ci sono state gli italiani non hanno mai supportato l’intervento diretto, fosse in Jugoslavia o l’Iraq. Non sono mai stati d’accordo. E lo si capisce guardando anche all’ultima domanda, quando chiediamo se debbano proseguire la diplomazia insieme alle armi o solo quella. Gli italiani non hanno dubbi, le armi devono tacere”. Dunque quel 40% si spiegherebbe anche con il fatto che la risposta “ibrida”, quella dell’armiamoci e partite, sfida una maggioranza di pensiero che in prevalenza è storicamente contraria agli interventi militari diretti.
“Il dato può sorprendere, ma i centri studi offrono spunti di riflessione, non fanno politica. A me colpisce anche un altro dato che riguarda proprio la fiducia nell’Europa. Risponde di sì il 65% del campione, ed è un dato davvero inatteso oggi dopo anni di erosione. L’Italia tradizionalmente ha una forte componente di filoeuropeismo che si è incrinata negli ultimi anni soprattutto per l’arrivo di sovranisti e populisti, specie la Lega. Dunque dal sondaggio viene fuori non solo un’articolazione di giudizio sull’intervento più sfumato e complesso ma anche questo che è un chiaro messaggio: paradossalmente sembra che l’opinione pubblica italiana chieda agli europei di fare gli europei. Anche perché in questo momento hanno bisogno di sicurezza per le tre grandi paure che li affligge: la guerra, l’energia e la piattaforma alimentare”.