Venerdì è in programma la quarta assemblea elettiva per trovare l’erede di Paolo Dal Pino: i presidenti sono sempre più divisi tra il fronte dei proprietari del centro Sud e i "manager" settentrionali. Sullo sfondo lo spettro dell’ennesimo commissariamento da parte della FederCalcio
Da una parte, la candidatura ufficiale di Lorenzo Casini, capo di gabinetto del Ministero della Cultura di Franceschini, sostenuta da Claudio Lotito e i suoi seguaci. Dall’altra, quella ufficiosa ma sempre più chiacchierata di Andrea Abodi, ex n. 1 della Serie B e attuale presidente dell’Istituto del Credito Sportivo, sponsorizzata dalla milanesi e da Urbano Cairo. Sullo sfondo, accuse di ineleggibilità, pareri legali e lo spettro dell’ennesimo commissariamento da parte della FederCalcio. La Serie A è sempre più spaccata.
Altro giro, altra corsa: venerdì è in programma la quarta assemblea elettiva per trovare l’erede di Paolo Dal Pino. Già dalla scorsa volta si è passati alla votazione a maggioranza semplice: bastano 11 voti per eleggere il nuovo n. 1, non è detto che ci siano. Dopo la figuraccia di Carlo Bonomi e di chi l’ha proposto (il presidente di Confindustria ha raccolto un solo voto nell’urna, è stato impallinato dai giornali e poi si è ritirato), la posizione defilata di Lorenzo Bini Smaghi e Mauro Masi (mai visti in Lega Calcio), rimane Lorenzo Casini, braccio destro di Dario Franceschini, professore di diritto amministrativo, esperienza nella giustizia sportiva. Un nome nuovo per il pallone, l’unico che fin qui ci ha messo la faccia e si è presentato in assemblea ai presidenti, come previsto dalla procedura. Però piace solo dal Po in giù: di votarlo le settentrionali (Marotta lo ha detto esplicitamente) non ne vogliono sapere, non si capisce se più per opposizione a lui o a chi lo porta (Lotito, De Laurentiis & Co).
Ecco che quindi dalla settimana scorsa, come anticipato dal Fatto, circola il nome di Andrea Abodi. Un manager navigato, con tanti contatti politici, non certo una novità, se pensiamo che in passato fu vicinissimo a diventare il presidente della FederCalcio. Voleva essere una soluzione condivisa, invece sta diventando sempre più il candidato di Cairo, Scaroni e gli altri, il sostituto di Bonomi insomma. Su di lui si stanno scatenando anche accuse di ineleggibilità: se a Casini è stato rinfacciato il suo ruolo al Ministero sul Franchi o altri patron, per Abodi c’è chi ricorda l’articolo 10 dello Statuto della Lega, che richiede il voto all’unanimità per soggetti che abbiano avuto rapporti con i club (e l’Istituto per il Credito Sportivo, in quanto banca dello sport, lo ha fatto in diversi casi), o chi parla proprio di incompatibilità con le leggi che regolano gli incarichi dei funzionari pubblici (serve il via libera dell’Anac). Che ci vogliano tutti e 20 i voti o solo 11, la discussione dimostra che non c’è il consenso largo che un profilo del suo calibro richiedeva (e il diretto interessato auspicava). Senza dimenticare il governo, che gli ha appena prorogato l’incarico all’Ics (fino a fine 2022) e potrebbe infastidirsi. Ora sta a lui decidere se accettare lo scontro o chiamarsi fuori.
Lo scenario è quello di una Serie A sempre più spaccata, non solo nella tradizionale lotta tra l’ala lotitiana e i suoi avversari. C’è la variabile delle proprietà americane. C’è una divisione sempre più accentuata di tipo geografico, fra i club settentrionali e quelli del centro Sud. C’è anche una contrapposizione fra i proprietari che ci mettono i soldi e pretendono di contare di più (Lotito, De Laurentiis, Commisso), e un asse di manager forti e influenti (Scaroni, Marotta, Carnevali) che rappresentano certamente i loro club ma hanno anche interessi e rapporti personali. Il muro contro muro che si profila venerdì è come una lotteria: può uscire il nome di Casini, quello di Abodi o anche nessuno dei due, con l’ennesima fumata nera. C’è anche l’ipotesi che uno dei due venga effettivamente eletto (il pressing per Abodi è insistente) ma immediatamente dopo partano i ricorsi: a ilfattoquotidiano.it risulta che sia già stato formulato un parere di ineleggibilità relativo al ruolo al Credito Sportivo. Così si rischia di arrivare dritti al commissariamento da parte della Figc di Gabriele Gravina. Ma forse questo non dispiacerebbe a tutti: il sospetto che ormai qualcuno giochi allo sfascio non è poi così infondato.