In Italia siamo tutti pacifisti e la nostra Costituzione all’art. 11 ripudia la guerra di offesa (ma non quella difensiva). Ci sono però molti modi di declinare il pacifismo, che emergono assai confusamente nel dibattito sulla guerra in corso in Ucraina. La guerra è sempre una tragedia per i popoli coinvolti: lo è per il popolo ucraino sottoposto a bombardamenti e distruzione con moltissime vittime civili (ma i militari sono civili arruolati e meritano altrettanta considerazione dei civili non arruolati). Ma è una tragedia anche per il popolo russo, trascinato in una guerra non voluta da un dittatore senza scrupoli. Anche i russi piangono i loro morti, sono oppressi da sanzioni severissime e sono oggetto di riprovazione dal mondo intero; i russi che si oppongono alla guerra rischiano il carcere o peggio; oltre 13.000 cittadini russi sarebbero stati arrestati per aver manifestato contro la guerra.
E’ interesse di tutto il mondo che Putin e Zelensky interrompano le ostilità e siedano a un tavolo di trattativa, aiutati da una mediazione internazionale. Fino a qui penso che non esistano dubbi e dissensi.
Il dibattito pubblico in Italia e in Europa verte sul modo in cui sia possibile portare Putin e Zelensky a trattare; e il problema principale è convincere Putin che oggi è l’invasore e l’assassino di civili. In sostanza le posizioni possibili sono tre, seppure con diverse possibili sfumature:
1) fare pressioni su Zelensky perché si arrenda e smettere di sostenere lo sforzo bellico difensivo del popolo ucraino; costituire un governo ucraino in esilio in una capitale europea e trattare da lì. Questa soluzione è apparentemente la più umanitaria, ma è anche quella che offre le prospettive più incerte: in primo luogo non è quella voluta dal popolo ucraino, che invece vuole difendersi; in secondo luogo Putin potrebbe installare un governo fantoccio in Ucraina e infischiarsene del governo in esilio; in terzo luogo una soluzione simile non darebbe nessuna garanzia di lungo periodo: ci potrebbe essere una resistenza ucraina clandestina con morti e feriti o una espansione ulteriore di Putin verso altri paesi confinanti.
2) Sostenere l’autodifesa del popolo ucraino con invio di armi, sanzioni economiche molto pesanti, e manifestazioni popolari. Questa è la soluzione adottata per il momento dall’Europa e dalla Nato e nell’immediato causa più vittime della precedente; però ha anche le maggiori prospettive di portare Putin a un tavolo negoziale e quindi offre migliori prospettive di pace a lungo termine; soprattutto scoraggia chiunque dal pensare che sia possibile oggi una guerra di conquista (almeno in Europa). Adottare questa soluzione non ha implicazioni sul negoziato futuro, nel quale si dovranno pesare cause e motivi e trovare soluzioni che tutelino anche le minoranze russofone in Ucraina.
3) Entrare in forza in Ucraina con eserciti europei o Nato e aprire la terza guerra mondiale. Questa soluzione è certamente la peggiore delle tre, ma non è garantito che sia possibile evitarla.
I pacifisti si dividono tra i sostenitori della prima e della seconda soluzione, e ciascuno ritiene di essere portatore del vero valore morale della scelta pacifista; nessuna persona sana di mente sostiene la terza soluzione che però esiste come una minaccia sull’orizzonte. Ovviamente nessuno può dire oggi se il numero di vittime a lungo termine sarà maggiore con la prima o con la seconda soluzione. Purtroppo però il dibattito pubblico spesso privilegia considerazioni che sarebbe meglio rimandare ai futuri negoziati: quali siano le ragioni della Russia, e quali garanzie le debbano essere offerte; oppure, peggio ancora, quali siano i precedenti storici.
E’ chiaro che rivangando nel passato è possibile trovare infiniti motivi di recriminazione reciproca: il Donbass, la Crimea, dichiarazioni di Kruscev, di Stalin, etc. Ma proprio perché il passato fornisce argomenti e contro-argomenti per qualunque discorso, è meglio lasciarlo da parte nel momento in cui si assiste al bombardamento degli ospedali: parlarne adesso, anziché ad un tavolo negoziale e dopo un cessate il fuoco, serve solo a intorbidare le acque.
Oggi c’è un solo obiettivo da conseguire: portare i contendenti al negoziato al più presto. Zelensky non accetterà di negoziare con una pistola puntata alla tempia, Putin, che è l’invasore, dovrà essere costretto dalle sanzioni e dalla riprovazione interna e internazionale, perché anche un dittatore ha bisogno del consenso popolare.