La Serie A ha un nuovo presidente: Lorenzo Casini, 46 anni, professore di diritto amministrativo, uno dei tanti allievi di Sabino Cassese, capo di gabinetto di Dario Franceschini al ministero della Cultura. Da oggi, anche il nome nuovo del pallone italiano, numero uno della Lega Calcio. Come volevano Claudio Lotito, Aurelio De Laurentiis e la Fiorentina di Rocco Commisso, che l’hanno sostenuto e infine anche eletto.

La quarta assemblea è stata quella buona: Casini ha preso 11 voti, esattamente quelli che servivano. Contro i pronostici della vigilia, che andavano verso una nuova fumata nera. Contra la candidatura ingombrante di Andrea Abodi, il manager su cui avevano deciso di puntare le milanesi e Urbano Cairo. Contro lo spettro sempre più incombente del commissariamento della Figc di Gabriele Gravina, pronto a mettere le mani sulla Lega alla prima occasione. Sembrava che l’ostruzionismo orchestrato da Scaroni&co. avesse ormai messo su un blocco sufficiente per impedire l’elezione di Casini: il voto di oggi avrebbe dovuto semmai bruciarlo, spianando la strada ad Abodi, a un altro nome più condiviso o a un intervento della Federazione, ipotesi tutte gradite ai club “settentrionali”. Ma Casini, che è stato l’unico a metterci la faccia (Bini-Smaghi e Masi non si sono mai presentati, Abodi lo avrebbe fatto in seguito se l’assemblea di oggi fosse andata a vuoto), forse è stato premiato anche per questo, oltre che per le tante manovre che hanno accompagnato la vigilia.

La sua elezione al fulmicotone è la grande vittoria di Claudio Lotito. Ancora una volta il presidente della Lazio, quando sembra debole e non più in grado di incidere, con l’ennesimo gioco di prestigio politico riesce a fare eleggere un suo uomo alla presidenza della Serie A. Contro tutti, ma evidentemente non proprio tutti, visto che Casini è riuscito a raggiungere la soglia fatidica degli 11 voti. Decisivo anche il sostegno del Napoli di De Laurentiis (che sarebbe stato il primo a fare il suo nome) e della Fiorentina di Commisso, che ha lavorato per convincere altri americani. Entrambi del resto hanno avuto modo di conoscerlo e apprezzarlo nel suo lavoro al ministero, con cui hanno avuto rapporti. Ma alla fine anche altri si sono convinti.

Perde invece il fronte di Scaroni, delle milanesi, dei manager, che dopo il naufragio di Carlo Bonomi collezionano un’altra sconfitta. Ma non è una buona notizia nemmeno per la FederCalcio: il presidente Gravina sperava in un nome amico (se non proprio nel commissariamento), per blindarsi in vista dello spareggio della Nazionale, che lo terrorizza. Si ritrova invece un presidente eletto da Lotito, che a rigor di logica dovrebbe diventare anche il suo vice-vicario in Federazione (lo era Dal Pino), e che sposta la Serie A all’opposizione. In consiglio federale per il massimo campionato ci saranno infatti lui, lo stesso Lotito, e Beppe Marotta che a questo giro era schierato dall’altra parte (con Bonomi e poi Abodi), ma di recente ha votato spesso contro Gravina. La maggioranza del presidente federale è ancora larga, ma non più granitica.

La Serie A, invece, resta indubbiamente spaccata. Chi si aspettava che la scelta del nuovo presidente diventasse l’occasione per ricompattarsi e gettare le basi per una pianificazione futura, è rimasto deluso. Si è andati ancora una volta al muro contro muro. Dove ha vinto il più forte, o semplicemente il più furbo. Cioè Lotito. L’elezione di Casini, avvenuta a colpi di maggioranza, certifica la spaccatura e se possibile la esaspera. Il nuovo presidente non avrà vita facile: con le settentrionali contro, dovrà raccogliere i cocci di questa ennesima battaglia e affrontare i tanti problemi (crisi finanziaria, media company, diritti tv) della Serie A. Come si dice in questi casi, auguri e buon lavoro. Ne avrà bisogno.

Twitter: @lVendemiale

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