Non solo i mercenari siriani: a fianco delle forze regolari si materializzano gruppi di miliziani d'ogni tipo. Zelensky punta sulla "legione straniera", mentre la Russia li va a cercare negli stati del Centrafrica, dove sono schierati per garantire stabilità ai regimi amici. Sul campo i mercenari del "gruppo Wagner" dell'oligarca Evgheni Prigozhin (a cui è affidato il reclutamento in Africa), le truppe neonaziste del plotone Azov. Il caso ceceno: con Putin ci sono i pretoriani del despota Ramzan Kadyrov, con l'Ucraina due battaglioni indipendentisti intitolati all'eroe nazionale Shayikh Mansour
Il dramma dei ragazzini-soldato inviati da Mosca alla guerra d’Ucraina colpisce il mondo e agita il Cremlino. Nel frattempo però non si ferma il reclutamento di ben altre forze da dispiegare sul campo. Alla guardia nazionale russa, che conta 200mila uomini, si affianca un esercito parallelo di “volontari”, mercenari e miliziani che la guerra la sanno fare davvero, e anche quando ci sono civili non vanno per il sottile. Gli ultimi di cui si ha notizia sono i 16mila “volontari” che Putin sta reclutando in Siria. Ma la campagna è attiva in tutto il mondo, perfino in Africa. Gli innesti a supporto dell’esercito regolare sono ormai di vario tipo, e su entrambi i fronti: cani sciolti come i “foreign fighters”, elité paramilitari organizzate, legionari d’ogni provenienza.
Tra gli analisti si dibatte da giorni del potenziale effettivo di queste “forze di supporto”, sul fatto che possano fare davvero la differenza sul campo o se siano piuttosto un segnale di debolezza da parte di Mosca, che inizia a fare i conti con errori di pianificazione e costi indiretti dell’invasione (leggi sanzioni). Non manca chi sottolinea altri vantaggi per la Russia, di ordine più strategico che tattico, come quello di non apparire “isolata” nella comunità internazionale (ieri l’incontro esibito con Lukaschenko), ma poter anzi contare sull’appoggio di altri Paesi anche lontani dall’area di conflitto. Non ultimo, quello di ridurre le perdite di soldati russi, che possono diventare un problema per il consenso interno, vedi il numero reale dei caduti e i funerali negati. Dunque, a scopo di propaganda. Proviamo a fare il punto su queste forze.
I SOLDATI SIRIANI
I “16mila volontari” del Medio Oriente sono stati promessi dal ministro della Difesa Sergej Shojgu. Putin ha dichiarato che si tratta di “volontari”. Fonti locali, riprese da Al Monitor, avevano segnalato come nei villaggi passassero “reclutatori” mandati dal regime di Bashar Assad per disporre elenchi e promettere una paga e perfino un’amnistia per essere stati “dall’altra parte”. Si sono allenati per anni ad Aleppo, a Homs, ad annientare il nemico quartiere per quartiere, casa per casa. Gli elenchi verrebbero poi presentanti ai comandi russi dispiegati dal 2015 per sostenere l’alleato nel Levante: chi accetta viene sottoposto a un breve addestramento per poi essere spedito a morire, sotto neve e bombe, per 300 dollari al mese (ingaggio di 6 mesi). Fonti del Pentagono hanno confermato al Wall Street Journal che “alcuni combattenti sono già in Russia e presto saranno inviati sul campo”. Il Financial Times cita una fonte dell’amministrazione americana secondo cui la risposta, in realtà, non sarebbe stata poi così massiccia.
I MERCENARI DEL GRUPPO WAGNER
Sul campo sono presenti anche i mercenari del “Gruppo Wagner”. Si tratta della compagnia militare privata russa riconducibile al potente uomo d’affari Evgheni Prigozhin, che Mosca ha mandato in Siria, Libia, Repubblica Centraficana e Mali per sedare rivolte interne e proteggere interessi minerari dei regimi amici. Benché oggetto di diverse incriminazioni per violazione dei diritti umani, la private military company composta da ex poliziotti ed ex militari è presente in Ucraina da otto anni, schierata sul fronte dei separatisti, ma svolge attività a difesa di interessi sovietici in almeno 30 Paesi. Secondo il Times sarebbero circa 400 i miliziani i membri del gruppo infiltrati a Kiev. Il giornale britannico ha dato notizia di almeno tre tentativi di assassinare Zelensky riconducibili a membri di queste forze speciali, sventati – sembra – da una fuga di notizie dagli stessi servizi segreti russi.
MILIZIE DALL’AFRICA?
Proprio la società di contractors di Prigozhin starebbe tentando di allargare il campo di reclutamento nei paesi dell’Africa centrale in cui è presente, su mandato di Mosca, per curare gli interessi strategici, energetici e minerari. Dalla Repubblica Centroafricana al Mozambico al Mali, dove sono schierati anche per garantire stabilità ai regimi amici di Putin, in funziona antijihadista o per sopprimere dissenso e prodromi di rivolta. Si discute molto della difficoltà dell’operazione. “Da una parte – rileva l’esperto Pietro Orizio – non è così immediato che un civile o militare che viene da quelle parti possa sostenere un conflitto nelle città innevate dell’Ucraina, né che si riescano a organizzare voli per portarli nei campi di addestramento. Dall’altra è però innegabile che il Gruppo abbia una capacità di reclutamento in loco, la sua milizia è molto benvoluta per il passato di sfruttamento coloniale. Ci sono villaggi in cui vengono erette statue in onore dei combattenti russi”.
I “PRETORIANI” DI KADYROV
All’invasione hanno preso parte da subito i feroci “pretoriani” di Putin, i miliziani del despota ceceno Ramzan Kadyrov che i russi chiamano i “kadyrovtsy”: secondo alcune stime non sarebbero più di 10mila, ma conoscono l’Ucraina perché hanno preso attivamente parte agli scontri per il Donbass e la Crimea. In pratica sono i ceceni che si sono ritrovati a fronteggiare altri ceceni, meno fedeli al Cremlino e a Putin. Sono equipaggiati per soffocare rivolte e guerriglie: non servono per combattere in prima linea, ma per imporre l’ordine nelle città. Nascono come miliziani fedeli a Kadyrov, fedelissimo a Putin, poi irregimentati nell’esercito regolare (guardia nazionale) nel 2016, dopo aver represso nel sangue gli indipendentisti convertiti al Jihad. Alla vigilia del conflitto Kadyrov aveva radunato una folla immensa di miliziani di nero vestiti, intimando a Zelensky di chiedere scusa a Putin. I veterani della prima e seconda guerra attorno a Grozny sono rimasti nelle trincee per contrastare l’invasione della Crimea nel 2014.
I FOREIGN FIGHTERS (ANCHE ITALIANI)
Non è dato sapere quanti si siano messi in viaggio per andare a combattere la guerra d’Ucraina. Alla vigilia dell’invasione l’Antiterrorismo italiano aveva riferito di 60 connazionali di estrema destra, estremisti e mercenari che avrebbero risposto alla chiamata dei loro “fratelli”, intesi come le milizie separatiste filorusse che avversano le democrazie liberali, per motivi ideologici più che per la magra “paga” di 400 dollari al mese. È l’estrema destra il milieu fondamentale: popolato da soggetti del radicalismo nero vicini a Lealtà e Azione, a Forza nuova e a formazioni naziskin, così come dimostrato dai primi due processi imbastiti (a Genova) a carico di reclutatori e mercenari che volevano ingaggiare soldati destinati alle milizie russe nelle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk.
LA “LEGIONE STRANIERA” DI ZELENSKY
Sono le truppe di volontari internazionali che il presidente Zelensky ha richiamato a Kiev “per la libertà” con un appello pubblico il 27 febbraio scorso, tre giorni dopo l’invasione delle truppe di Mosca. L’operazione è ispirata alle Brigate internazionali della guerra civile spagnola. Mentre è stato quantificato dalle autorità ucraine il numero di 100mila volontari civili che si sono arruolati nelle Forze di difesa territoriale, non esistono dati ufficiali e certi su questa “brigata internazionale” di reduci in arrivo da 52 paesi per combattere l’invasore russo. I canali di reclutamento sono stati ufficiali: chi vuole arruolarsi nella Legione deve rivolgersi all’ambasciata o al consolato ucraino nel proprio Paese. Le autorità di Kiev hanno stabilito le procedure d’ingaggio. Dopo la prima settimana di “campagna” di reclutamento fonti di Kiev riferivano di 20mila adesioni.
GLI “ALTRI CECENI” E IL BATTAGLIONE AZOV
I ceceni in Ucraina potrebbero regolare i conti lasciati aperti a casa loro. Perché sul campo, ma nel fronte opposto, ci sono due battaglioni formati proprio dagli esuli di Grozny. Sono entrambi intitolati allo Shayikh Mansour, il leggendario eroe nazionale ceceno contro la zarina Caterina, e a Dzokhar Dudayev, il giovane generale dell’Armata Rossa che, prima di diventare il leader della Cecenia indipendente e d’essere assassinato, aveva protetto l’indipendenza degli stati baltici. Si sono trovati combattere le forze separatiste nel Donbass e Crimea fianco a fianco con un’altra forza in campo, il famigerato battaglione Azov. Sono i neonazisti che si filmano mentre ungono col grasso di maiale i proiettili dedicati ai ceceni dell’altro fronte. Il battaglione, perlopiù formato da volontari provenienti dai partiti di estrema destra, conterebbe circa 12mila uomini. Nel 2014 si battevano a fianco dell’esercito regolare, ed è stato inquadrato nella Guardia nazionale dell’Ucraina come unità militare regolare e permanente.