I pediatri aprono i loro studi ai bambini ucraini che sono arrivati o che stanno per giungere in Italia in fuga dalla tragedia della guerra. A mettere in piedi questa macchina di solidarietà sanitaria è una di loro: Teresa Rongai, segretaria per il Lazio della Fimp, la federazione italiana medici pediatri, che ha creato una rete di cui fanno già parte centinaia di medici e l’assessorato alla Salute della Regione Lazio. Tramite una casella di posta elettronica sono state raccolte le adesioni volontarie e sempre attraverso la mail e un numero telefonico stanno raccogliendo le necessità delle famiglie ucraine della capitale. “Solo a Roma – spiega Rongai – abbiamo avuto una risposta straordinaria: 230 colleghi sono pronti ad accogliere e ad aiutare i bambini ammalati o semplicemente quei minori che hanno necessità di medicine o altro”. La Regione dal canto suo si è messa a disposizione per attivare il codice Stp (soggetto temporaneamente presente) in modo da poter prescrivere anche dei medicinali.

In questi giorni in molti si sono già rivolti ai pediatri: “Un collega – racconta la segretaria della Fimp – è andato in un hotel vicino alla stazione proprio per fare un controllo medico a dei bambini”. I primi arrivati – secondo quanto riferiscono i pediatri – non registrano particolari malattie ma solo sintomi da raffreddamento. C’è, tuttavia, il tema vaccini (e non solo Covid) da affrontare. In Ucraina c’è stato un allarme, nel 2019 e nel 2021, per un aumento del morbillo e della poliomielite: la copertura vaccinale è molto bassa e non è stata raggiunta l’immunità di gregge. Il ministero ucraino infatti ha solo raccomandato l’iniezione. “Noi – spiega Rongai – verifichiamo il loro libretto vaccinale e ci siamo messi in contatto con le diverse Asl che ci stanno fornendo gli elenchi dove possiamo inviare i bambini senza appuntamento. L’Italia è Polio-free e non possiamo permetterci di introdurre di nuovo la malattia”. Così per il Covid. La copertura nel Paese, ora in guerra, era bassa prima dell’inizio del conflitto: “E’ opportuno fare un tampone entro le 48 ore dall’arrivo – dice la dottoressa – e poi vaccinarsi se si hanno più di cinque anni”.

Intanto il ministero della Salute ha diramato un protocollo proprio su questi casi: “Tale situazione affonda le radici in anni di difficoltà organizzative e di approvvigionamento di vaccini, oltre che in una lunga storia di esitazione vaccinale nel Paese, ampiamente diffusa sia nella popolazione generale che fra gli operatori sanitari“. Tutto ciò “oltre a rappresentare un ostacolo per l’adesione all’offerta vaccinale in fase di accoglienza, può ulteriormente aumentare il rischio che si sviluppino focolai epidemici di malattie prevenibili da vaccino nelle strutture deputate all’accoglienza dei migranti, un rischio già favorito dalle precarie condizioni igienico-sanitarie associate alla crisi e al fenomeno migratorio stesso”.

Da qui l’invito alla vaccinazione che i pediatri stanno promuovendo. Non solo. La Fimp è impegnata in queste ore anche a trovare dei medicinali da inviare in Ucraina: “Ci hanno contattato con questa richiesta perché di giorno in giorno scarseggiano sempre più. Li stiamo raccogliendo e siamo pronti ad inviarli”.

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