Nove anni fa, il 13 marzo 2013, il cardinale arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, veniva eletto Papa e sceglieva il nome Francesco. Un programma di pontificato, riformatore e ambizioso, contenuto in nove lettere. Un programma nato nelle congregazioni generali dei cardinali, elettori, ovvero con meno di 80 anni, e non, svoltesi durante i giorni della Sede Vacante apertasi con le dimissioni shock di Benedetto XVI. Nove anni di pontificato coincisi con la coabitazione, all’interno dello Stato più piccolo del mondo, del Papa regnante con l’emerito.
Un traguardo che Francesco non festeggia al massimo della forma fisica, nonostante la sua tempra sia sempre più determinata ad andare avanti portando un peso, quello del pontificato, che a molti suoi immediati predecessori è sembrato a tratti schiacciante. Non si pensi soltanto al gesto rivoluzionario delle dimissioni compiuto da Ratzinger, dopo un regno di otto anni costellato di spine, tra cui la pedofilia del clero e il tradimento del suo maggiordomo, Paolo Gabriele. Ma a san Giovanni Paolo II, schiacciato anche dal peso della malattia, e a ciò che subirono, soprattutto dalla Curia romana, i due grandi Pontefici del Concilio Ecumenico Vaticano II: san Paolo VI e san Giovanni XXIII.
C’è un ritratto, pubblicato proprio in concomitanza con il nono anniversario dell’elezione di Francesco, che descrive meglio di molti altri il volto sia dell’uomo che del Pontefice. Il testo si intitola Le diversità riconciliate (Libreria editrice vaticana) e ha un sottotitolo abbastanza significativo: “Un protestante nel giornale del Papa”. L’autore è Marcelo Figueroa, presbitero della Chiesa presbiteriana in Argentina e direttore per 25 anni della Società biblica argentina, da oltre 20 anni amico personale di Bergoglio. Insieme al rabbino Abraham Skorka e all’allora cardinale arcivescovo di Buenos Aires ha dato vita per molto tempo a un programma televisivo interreligioso trasmesso su Canal 21, la televisione dell’arcidiocesi di Buenos Aires. Dal 2016 è editorialista de L’Osservatore Romano, primo protestante a firmare sul quotidiano della Santa Sede, di cui dirige anche l’edizione argentina.
“Non deve passare inosservato – scrive il Papa nella prefazione – che questo biblista protestante propone nel presente volume una selezione di cento articoli pubblicati su L’Osservatore Romano negli ultimi sei anni. Mi riempie di gioia che questo fatto storico e di reale apertura ecumenica del giornale vaticano si sia prodotto con il mio pontificato! Leggo sempre con attenzione gli articoli di Marcelo e continuerò a leggerli perché mi aiutano a guardare al cammino ecumenico percorso e a quello ancora da fare, con gli occhi di un fratello che cerca di rileggere e interpretare il mio pontificato in un’ottica ecumenica”.
Attraverso i testi di Figueroa emerge un ritratto molto fedele del pontificato bergogliano. “Spesso – scrive l’autore – mi chiedono cosa consiglio di leggere per capire Papa Francesco, tenendo conto della grande quantità di libri, scritti e articoli pubblicati sulla sua vita e sul suo pensiero. La mia risposta è sempre la stessa: i Vangeli e, se possibile, tutta la Bibbia. Certo, è fortemente consigliabile leggere quanto si scrive su di lui, ma se trascuriamo le pagine che contengono i Vangeli, non lo capiremo mai adeguatamente. Qui sta la fonte del suo particolarissimo modo di comunicare. Le encicliche, le omelie, i discorsi, i gesti, lo stile di vita di Francesco, soprattutto i suoi pensieri più profondi, sono radicati in quelle pagine”.
Figueroa sottolinea, inoltre, che il Papa, “in nome di un amore cristocentrico, stravolge i protocolli di sicurezza per avvicinarsi personalmente a chi soffre. E non si può non pensare che la misericordia sia stata fin dall’inizio una grande parola il cui significato e contenuto più profondi Bergoglio ha imparato e interiorizzato da quei gesti del Messia che, secondo alcuni, sfidò il politicamente corretto. Perché non pensare che il suo insistente avvicinamento ad altre religioni, soprattutto a quelle nate dal tronco di Abramo, sia una corretta interpretazione della missione cristologica più pura?”.
Il volume di Figueroa ha un valore aggiunto in questo tempo segnato dal conflitto in Ucraina. “Per anni, – scrive il Papa – e in questo libro lo si vede, abbiamo aggettivato l’ecumenismo come ecumenismo dell’amore, della speranza, della misericordia, della solidarietà, della pace. Io stesso ho utilizzato un’espressione forte, cercando di risvegliare le realtà che ci uniscono a partire dalle vene aperte di tanti fratelli e del Verbo incarnato stesso, sofferente e orante per l’unità, quella di ‘ecumenismo del sangue’. Penso a ‘ecumenismo dalle viscere’ come alla definizione che può contrassegnare uno stile di comprendere la fratellanza umana unita a immagine e somiglianza di un Dio che dal suo cuore ci ha amato tutti, sotto la guida del suo Spirito, con la carne del suo Figlio e, al modo in cui un padre ama i suoi figli, ‘dalle viscere’”.