Ritenevano il Covid “un minuscolo soldato di Allah, mandato sulla terra per punire la miscredenza degli occidentali”, si soffermavano su analisi di geopolitica parlando degli interessi dei “potenti occidentali”, primi su tutti gli Stati Uniti, nei Balcani e in Ucraina, condividendo documenti e video di propaganda jihadista, mentre raccoglievano denaro da inviare in Albania per finanziare attività terroristiche. E proprio questa ultima attività di “finanziamento di condotte con finalità di terrorismo” è costata l’arresto a quattro 30enni di origine albanese residenti da anni in provincia di Bari, uno con cittadinanza italiana impiegato nell’ufficio tecnico comunale barese.

Stando alla ricostruzione degli agenti della Direzione distrettuale antimafia, gli accusati – Yljan Muca, Roland Leshi, Elsio Ramku e Roland Belba – avrebbero raccolto e inviato denaro per finanziare l’attività terroristica di Genci Abdurrahim Balla, l’imam della Moschea “Xhamia e Letres” a Kavaje, vicino a Tirana. L’imam albanese era già stato condannato a 17 anni di reclusione per aver reclutato decine di combattenti, poi inviati in Siria. Il denaro arrivava in Albania con canali non tracciabili, come il crowdfunding in bitcoin, oppure veniva portato all’interno di borsoni, caricati su camion, che arrivavano via mare dalla Puglia in Albania.

Nelle numerose intercettazioni effettuate dalla Digos nell’ambito dell’indagine sul denaro raccolto, è emerso che i quattro commentavano gli attentati terroristici, come quello alla redazione di Charlie Hebdo del 2015 a Parigi, gli arresti di terroristi in varie parti del mondo, prendendo le difese dei terroristi e legittimando l’ideologia che li muoveva. Tra le discussioni anche quella dell’invasione russa, sostenendo che si trattasse di “appropriazione dell’Ucraina da parte degli occidentali”, finalizzata all’appropriazione del gas ucraino.

Per il pm della Direzione distrettuale antimafia Domenico Minardi, dall’indagine è emerso dunque il “fanatismo religioso anti-occidentale” degli accusati, insieme alla considerazione degli italiani come “popolo di miscredenti“. All’indagato Muca è contestato anche il reato di “apologia di terrorismo” per aver diffuso tramite la chat di Whatsapp con cui avrebbe lanciato la raccolta di denaro, video o documenti tradotti dall’arabo in albanese “di chiara matrice jihadista”.

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