Il 10 gennaio del 1987, in un ormai storico articolo scritto su Il Corriere della Sera, Leonardo Sciascia, uno dei più attenti e acuti (de)scrittori di mafia siciliana, si esprimeva così:
Prendiamo, per esempio, un sindaco che per sentimento o per calcolo cominci a esibirsi – in interviste televisive e scolastiche, in convegni, conferenze e cortei – come antimafioso: anche se dedicherà tutto il suo tempo a queste esibizioni e non ne troverà mai per occuparsi dei problemi del paese o della città che amministra (che sono tanti, in ogni paese, in ogni città: dall’acqua che manca all’immondizia che abbonda), si può considerare come in una botte di ferro. Magari qualcuno molto timidamente oserà rimproverargli lo scarso impegno amministrativo; e dal di fuori. Ma dal di dentro, nel consiglio comunale e nel suo partito, chi mai oserà promuovere un voto di sfiducia, un’azione che lo metta in minoranza e ne provochi la sostituzione? Può darsi che, alla fine, qualcuno ci sia: ma correndo il rischio di essere marchiato come mafioso, e con lui tutti quelli che lo seguiranno… (I professionisti dell’antimafia)
Come non trovare analogie terribili con quanto sta accadendo nei Comuni a Nord di Napoli nel 2022 dopo le intimidazioni al colonnello Biagio Chiariello e a Padre Maurizio Patriciello del Parco Verde di Caivano? Ho conosciuto per la prima volta Padre Maurizio Patriciello nel giugno del 2009, dopo che da almeno tre anni facevo conferenze in tutta la Campania per spiegare che quel disastro ambientale che stavamo vivendo, e per il quale eravamo pure umiliati in tutto il mondo, non era causato dai rifiuti urbani ma dai rifiuti speciali, industriali e tossici prodotti in regime di evasione fiscale, che “usavano” i rifiuti urbani solo per “copertura” scenografica.
Da quella sera, formando una temibilissima “coppia” divulgatrice della verità, siamo stati insieme in tutta Italia, e anche in Parlamento italiano ed europeo, per cercare di sollecitare a fare il proprio dovere le istituzioni responsabili e competenti. Abbiamo chiesto che si riuscisse a tracciare in maniera certa e satellitare – a tutela innanzitutto della salute pubblica dei territori oggetto di riciclo e/o smaltimento dei rifiuti – non solo i rifiuti urbani, ormai non più del dieci per cento del totale dei rifiuti, ma soprattutto i rifiuti speciali, industriali e tossici che in questi ultimi trent’anni sono diventati la seconda principale attività di tutte la mafie del mondo. Oggi arrivano a incassare tra droga e rifiuti non meno di 31 miliardi di euro l’anno soltanto in Italia, quando l’intero esercito italiano ha un bilancio non superiore ai 26!
Il 10 settembre 2013 siamo stati insieme in parlamento italiano e in quella sede, anziché prendere seriamente in carico le mie denunzie ampiamente illustrate e documentate, fui anche accusato di parlare “di pancia” perché, tra le altre cose, avevo osato dichiarare che anche l’eccesso di autismo che si registrava nella nostra Terra dei Fuochi era patogeneticamente legato al gravissimo inquinamento ambientale. Ebbene, proprio il giorno in cui anche Il Fatto riporta l’ennesima intimidazione subita da Padre Maurizio a Caivano appare anche l’ultima ricerca scientifica che, circa nove anni dopo quel 10 settembre 2013, conferma il pesante impatto dell’inquinamento chimico nella patogenesi e nella eccessiva diffusione dell’autismo tra i nostri bambini. Oltre il cancro.
Insieme siamo andati in pellegrinaggio anche al Parlamento europeo (2014) chiedendo che si realizzasse una legge-quadro sulla tracciabilità dei rifiuti speciali, industriali e tossici, appoggiati dai massacrati Paesi dell’est Europa dove da molti decenni la nostra camorra opera con proprie discariche abusive. Insieme abbiamo ascoltato il pentito Carmine Schiavone che in faccia mi ha confessato che avrebbero dovuto ammazzarmi molto tempo prima ma che non lo avevano fatto perché si erano resi conto che io in fondo lavoravo innanzitutto a tutela della salute dei loro stessi figli.
In tutti questi anni, insieme, abbiamo illustrato la verità delle Terre dei Fuochi in tutta Italia e abbiamo fatto comprendere a tutti che mafie e camorra sono soltanto esecutori di servizi e trasporti illeciti di norma su richiesta di amministratori, politici e imprenditori locali corrotti. Per questo soffro da molti mesi vedendo oggi Padre Maurizio coinvolto, senza alcun risultato concreto, dai “professionisti dei selfie dell’antimafia” i quali, anziché lavorare in silenzio ogni giorno nei propri uffici e nelle proprie responsabilità di governo, corrono subito a farsi fare foto e selfie dopo le ovvie intimidazioni quotidiane a chi compie ogni giorno il proprio dovere, pronti domani a lasciarlo combattere da solo.
Tra pochi giorni noi qui in Campania ricorderemo ancora Don Peppe Diana, ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994. Come posso io non ricordare quando, sempre insieme a Padre Maurizio Patriciello, fummo ascoltati in prefettura dall’allora Commissione Antimafia (2009) il cui presidente era stato l’avvocato difensore di uno degli assassini di Don Peppe Diana, e ci venne chiesto, al probabile scopo di farci ricevere una bella querela per diffamazione, di fare noi i nomi delle Ditte di trasporto campane che operavano nella nostra Terra dei Fuochi? Al Parco Verde si spaccia ogni giorno per “lavorare” e gli “eroi” come Padre Maurizio ricevono tanta solidarietà e tantissimi selfie, ma mai una risposta concreta alle proprie quotidiane richieste.
Fatevi meno selfie, lavorate in silenzio e ci serviranno meno eroi! Se veramente volete dimostrarci che non siete complici e collusi con la mafia e la camorra lasciateci vivere in pace grazie al vostro (buon) lavoro di governo e non ci sentiremo ogni giorno più soli.