Dopo un anno e mezzo di trattative con i creditori e di ricorsi in Tribunale, dopo oltre due anni di cantieri bloccati, la più grande delle incompiute, il Mose di Venezia, forse ripartirà. Non subito, ma tra qualche mese. La sezione fallimentare del Tribunale di Venezia ha, infatti, approvato il piano di risanamento del Consorzio Venezia Nuova, che si trovava sommerso da un’alta marea di debiti per 300 milioni di euro e quindi nell’impossibilità di far riprendere i lavori per ultimare l’opera iniziata nel 2003, ma in gestazione da almeno dieci anni di più. Si tratta di un Consorzio ben diverso da quello che diede il via con la posa della prima pietra e che è stato travolto dallo scandalo delle tangenti. Adesso, dopo l’epoca dei commissari voluti dall’Autorità nazionale anticorruzione per ridare credibilità al sistema, è destinato alla liquidazione. Ma prima deve ultimare un’opera costata ai contribuenti 6 miliardi e mezzo di euro. Ai vertici è stato posto, con il compito di sistemare i conti e pagare i creditori, il commercialista Massimo Miani, in attesa che l’Autorità per Venezia o qualche altra struttura operativa assuma il compito di gestire le dighe mobili che dovrebbero salvare Venezia dalle acque alte.
Miani è stato assistito nella procedura dall’avvocato Stefano Ambrosini, torinese, specializzato in procedure concorsuali, che ha anche avuto qualche guaio giudiziario legato alla sua attività. La nomina di Miani risale al novembre 2020. Da allora è cominciato un percorso ad ostacoli, mentre le maree non si fermavano e Venezia richiedeva che venissero alzate le paratoie per salvarla dagli allagamenti (il che è già avvenuto, ma in via provvisoria). Miani si è trovato di fronte a una situazione pre-fallimentare e allora ha cercato un accordo con i creditori per abbattere i debiti ed evitare un esito traumatico. Il passaggio è stato quello del concordato preventivo che ha consentito di portare a termine una trattativa tormentata. Le aziende che lavorano per realizzare il Mose, infatti, si erano opposte a drastici tagli per decine di milioni di euro rispetto a quanto avanzavano, e così i cantieri si sono bloccati. Ma il contenzioso più rilevante riguardava il Provveditorato alle Opere pubbliche del Triveneto che riceve i finanziamenti dal Ministero delle Infrastrutture e li gira al Consorzio. Di conti aperti il Mose ne aveva tantissimi: dalle criticità non risolte (che qualcuno dovrebbe pagare) alle penali per i ritardi, dai contenziosi derivati dalla stagione delle tangenti alle più recenti indagini della Corte dei Conti.
Adesso che almeno la vicenda dei debiti sembra essere risolta, quella della ripresa dei lavori dovrebbe venire di conseguenza. Ma il Mose ci ha abituati a continui slittamenti del cronoprogramma. Con il piano di risanamento approvato, il commissario liquidatore ha rinunciato al concordato. Decadono anche i commissari giudiziali Sante Casonato e Raffaele Cappiello che erano stati nominati l’estate scorsa dai giudici veneziani per seguire la procedura.
Il Ministero delle Infrastrutture ha spiegato che “il piano attestato di risanamento presentato dal Consorzio Venezia Nuova il 28 febbraio e approvato dal Tribunale, costituisce un passaggio fondamentale per il superamento della profonda crisi finanziaria in cui versava e per la ripresa dei lavori di completamento”. Il ministro Enrico Giovannini ha commentato: “Ora potranno riprendere i lavori per completare il MoSE, esempio di eccellenza non solo per Venezia ma per l’intero sistema Paese, che sarà in grado di mettere definitivamente in sicurezza dal fenomeno dell’acque alta la città con il suo grande e unico patrimonio artistico, culturale e ambientale”. E ha spiegato come “la definizione del piano di risanamento è stata possibile dopo l’accordo transattivo dell’1 febbraio tra il Provveditorato alle Opere Pubbliche del Triveneto e il Consorzio, che aveva ottenuto il via libera dalla Corte dei Conti il 21 febbraio”. Il ministro fa riferimento, senza entrare nei dettagli, ad “un rinnovato cronoprogramma dei lavori di ultimazione delle barriere e delle conche, della loro messa in esercizio, nonché degli interventi paesaggistici e ambientali previsti nel Piano Europa, con la salvaguardia del sistema di imprese del Consorzio Venezia Nuova e dei posti di lavoro”.
L’ultima delle società che ha messo la firma all’accordo di inizio febbraio è stata l’Impresa Mantovani, una delle società coinvolte nello scandalo delle tangenti, anche perché aveva aperto un contenzioso infinito con il Consorzio. Se i cantieri riapriranno a maggio, i lavori principali potrebbero essere ultimati per dicembre 2023, ma il collaudo e le opere di mitigazione ambientale richiederebbero di arrivare al 2025.