Per il ministro del Turismo ed esponente della Lega si tratta di una conferma del verdetto di primo grado "per non aver commesso il fatto". L'ex vicepresidente della Lombardia invece era stato condannato a 5 anni e mezzo
La Corte d’appello di Milano ha confermato l’assoluzione per il ministro del Turismo ed esponente della Lega, Massimo Garavaglia. Il politico era stato assolto infatti in primo grado “per non aver commesso il fatto” nel luglio 2019 dall’accusa di turbativa d’asta su una gara per il servizio di trasporto di persone dializzate del 2014, quando era assessore lombardo all’Economia. I giudici hanno assolto anche tutti gli altri imputati tra cui l’ex vicepresidente della Regione Lombardia, Mario Mantovani, che era stato condannato in primo grado a oltre 5 anni e che era stato arrestato nel 2015 per corruzione, concussione e turbativa d’asta.
Il 14 ottobre 2021 l’accusa, sostenuta dal sostituto procuratore generale di Milano Massimo Gaballo, aveva chiesto un anno e sei mesi per Garavaglia. Secondo l’accusa, l’allora assessore lombardo all’Economia nel giugno 2014 avrebbe dato, assieme a Mantovani, “disposizioni” e “l’input iniziale” per “vanificare gli esiti del bando” indetta “in forma aggregata” da tre Asl per il servizio trasporto dializzati. Per l’accusa, l’input del “comportamento illecito di Giorgio Scivoletto“, ex dg della Asl Milano 1 (oggi assolto), che si sarebbe attivato per “boicottare” la gara a cui non aveva potuto partecipare la Croce Azzurra Ticina Onlus, risaliva “alla telefonata tra i due assessori (Mantovani lo era alla Sanità, ndr)” del 1 marzo 2014. Tesi questa che non ha retto nemmeno oggi, così come tutte le altre ipotesi d’accusa nei confronti di tutti gli imputati.
Per la difesa Garavaglia segnalò semplicemente la questione della Croce Azzurra i cui volontari si erano personalmente rivolti a lui presentandosi di sabato a casa sua. Al leghista erano contestati contatti telefonici, il 1 marzo 2014, in cui diceva all’allora assessore alla Sanità che la gara indetta metteva “fuori gioco la Croce azzurra, siccome i nostri comuni fa tutto la Croce Azzurra” e un sms del 16 marzo in cui il viceministro inoltrava al collega un articolo de L’Espresso sull’argomento a cui l’interlocutore aveva risposto: “Sto lavorando, martedì ne parliamo“.
Nelle motivazioni di primo grado i giudici aveva ritenuto che il dibattimento aveva messo in luce che mancassero “elementi adeguatamente dimostrativi per affermare che Massimo Garavaglia abbia dato un contributo anche solo nella forma della agevolazione alla turbativa” d’asta e “difettano elementi per affermare una sua consapevolezza”. Diversamente considerata la posizione di mantovani. Per i giudici di primo grado era “costantemente informato dell’evolversi della “vicenda bando dei dializzati”, e il suo intervento “si rivela in palese violazione del principio di separazione tra funzione di indirizzo politico e di controllo proprie dell’organizzazione politico e di gestione amministrativa concreta di competenza e responsabilità dirigenziale”. L’ex assessore lombardo ed ex sindaco, per l’accusa era “a capo” di un “sistema di favori” e gestiva un “groviglio di interessi pubblici e privati che si concentrava nella sua figura, un sistema gestito anche dal suo entourage e dalle sue persone di fiducia”.
La II seconda sezione penale d’appello di Milano (presidente Maurizio Boselli) oltre a confermare l’assoluzione di Garavaglia, assistito dai legali Jacopo e Gaia Pensa, e di un altro imputato (già decise dal Tribunale), ha ribaltato in toto il verdetto di primo grado per tutti gli altri (una decina gli imputati in totale) assolvendoli nel merito. Assolto, dunque, dopo essere stato arrestato quasi 7 anni fa e condannato in primo grado a 5 anni e mezzo di reclusione, l’ex numero due del Pirellone ed ex assessore alla Sanità Mario Mantovani, difeso dal legale Roberto Lassini. Assolto, tra gli altri, anche il contabile Antonio Pisano, difeso dall’avvocato Davide Steccanella.
“Un’assoluzione nel merito da tutte le accuse. Sono orgoglioso di essere di Milano, abbiamo evitato un grave errore giudiziario- ha dichiarato Lassin- . I giudici hanno valutato tutte le prove e hanno ritenuto che non ci fosse la responsabilità dell’imputato. Voglio evidenziare con orgoglio poi che sul capo di imputazione relativo alla casa di riposo di Arconate, che era prescritto, la Corte non si è accontentata di dichiararla e ha pronunciato sentenza nel merito, pienamente assolutoria anche per quella imputazione”. Mantovani, a fianco del legale, ha raccontato di aver “sofferto abbastanza, sette anni sono lunghi”. Revocati tutti i risarcimenti decisi in primo grado. Anche l’avvocato Davide Steccanella, che difendeva Antonio Pisano, ha messo in luce che sono crollate “tutte le tesi di accusa, anche quelle, ossia il caso della Rsa di Arconate, per le quali era maturata la prescrizione”.