Anche l’occupazione delle intensive è stabile al 5% a livello nazionale, mentre esattamente un anno fa era in crescita, arrivando a quota 34%
L’epidemia di Covid non molla la presa sull’Italia e sull’Europa come mostrano i dati degli ultimi giorni, ma la differenza tra questi giorni e un anno fa è comunque molto consistente. Un anno fa, in Italia, continuava a salire, toccando il 38%, l’occupazione dei posti nei reparti di area non critica da parte di pazienti Covid, attualmente è invece stabile al 13%, a livello nazionale. Quello che emerge dai i dati dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) è che a livello giornaliero invece il tasso cresce in 10 regioni: Calabria (al 29%), Campania (14%), Liguria (16%), Lombardia (8%), Marche (16%), Molise (14%), Sardegna (20%), Sicilia (23%), Toscana (13%), Umbria (25%). Il confronto è tra i dati del 14 marzo 2022 con quelli del 14 marzo 2021.
Anche l’occupazione delle intensive è stabile al 5% a livello nazionale, mentre esattamente un anno fa era in crescita, arrivando a quota 34%. Nel dettaglio, in base al monitoraggio, rispetto al 13 marzo 2022, l’occupazione di posti letto in terapia intensiva da parte di pazienti con Covid-19 cala in Puglia (5%), mentre cresce in Basilicata (3%). È invece, stabile in 19 regioni o province autonome: Abruzzo (al 7%), Calabria (7%), Campania (5%), Emilia Romagna (al 6%), Friuli Venezia Giulia (5%), Lazio (8%), Liguria (6%), Lombardia (4%),Marche (5%),Molise (5%), Pa Bolzano (2%), Piemonte (4%), Pa Trento (2%), Sardegna (9%), Sicilia (8%), Toscana (7%), Umbria (6%), Valle d’Aosta (3%) e Veneto (3%). L’occupazione dei posti letto nei reparti ospedalieri di area medica (detta non critica) da parte di pazienti con Covid-19 scende in Basilicata (al 23%) e Valle d’Aosta (12%) mentre è stabile nelle restanti 9: Abruzzo (al 20%) Emilia Romagna (12%), Friuli Venezia Giulia (11%), Lazio (16%), Pa di Bolzano (10%), Pa Trento (7%), Piemonte (9%), Puglia (19%) e Veneto (7%).
Sul fronte decessi secondo l’immunologo del Cts Sergio Abrignani, migliaia di morti per Covid negli ultimi due mesi si sarebbero potute evitare con la vaccinazione. “Dal primo gennaio al 28 febbraio di quest’anno sono morte 17 mila persone per il Covid. Di queste, circa il 55% non aveva fatto il vaccino. Vuol dire più di 9 mila cittadini – dice lo scienziato in una intervista a La Repubblica -. Se teniamo conto che il vaccino protegge al 90% dalla malattia grave, ricaviamo che in circa 8 mila potevano salvarsi se si fossero vaccinati”. C’è chi crede dunque che l’obbligo di vaccino per gli over 50 non abbia funzionato. Di avviso diverso è Abrignani. “Da quando è entrato in vigore hanno aderito tra i 450 e i 500 mila over 50”, fa notare. “Potevano essere di più ma comunque abbiamo risparmiato 1.500 morti”, sottolinea. Attualmente le infezioni sono di meno rispetto all’inizio dell’anno, però “i decessi tra i non vaccinati sono comunque 2mila al mese”, riporta l’immunologo. Nei prossimi giorni si deciderà quali restrizioni eliminare. “La mascherina al chiuso dovrebbe rimanere – afferma l’esperto -. La scienza dimostra che la Ffp2 protegge di più al chiuso. È quindi logico mantenerla”.