“Papa Francesco venga a Kiev”. L’invito arriva dal sindaco della capitale dell’Ucraina, Vitaliy Klitschko, in una lettera indirizzata direttamente a Bergoglio. Al di fuori di ogni consuetudine protocollare, il primo cittadino ha spiegato al Papa il motivo del suo invito: “Crediamo che la presenza di persona dei leader religiosi mondiali a Kiev sia la chiave per salvare vite, aprendo la strada alla pace nella nostra città, nel nostro Paese e oltre. Offriamo il nostro aiuto su tutto ciò che potrebbe essere necessario a Sua Santità. Se un viaggio a Kiev non è possibile, chiediamo gentilmente una videoconferenza congiunta, da registrare o trasmettere in diretta. Saranno compiuti gli sforzi per includere il presidente Zelenskyi in questa videochiamata. Ci rivolgiamo a te, come leader spirituale, a mostrare la tua compassione, a stare con il popolo ucraino diffondendo insieme l’appello per la pace”.
Un invito molto significativo che fa tornare nuovamente in campo il ruolo di mediazione per la fine della guerra in Ucraina che la Santa Sede, per volontà di Francesco, si è assunta offrendo più volte la propria disponibilità per facilitare le trattative. Una posizione che ha visto l’impegno del Vaticano sue due fronti paralleli: diplomatico e umanitario. Proprio per evitare di rompere il già precario equilibrio diplomatico, Bergoglio ha usato sempre parole chiare, ma tese a evitare una condanna frontale del presidente russo Vladimir Putin e del Patriarca ortodosso di Mosca, Kirill. Anche se, proprio nei confronti di quest’ultimo che ha benedetto la guerra, il Papa, seppure non in modo esplicito come gli era stato chiesto dal mondo cattolico ucraino, ha mandato un messaggio molto eloquente: “Dio è solo Dio della pace, non è Dio della guerra, e chi appoggia la violenza ne profana il nome”.
Francesco ha affermato che “davanti alla barbarie dell’uccisione di bambini, di innocenti e di civili inermi non ci sono ragioni strategiche che tengano: c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata, prima che riduca le città a cimiteri. Col dolore nel cuore unisco la mia voce a quella della gente comune, che implora la fine della guerra. In nome di Dio, si ascolti il grido di chi soffre e si ponga fine ai bombardamenti e agli attacchi! Si punti veramente e decisamente sul negoziato, e i corridoi umanitari siano effettivi e sicuri. In nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro! Vorrei ancora una volta esortare all’accoglienza dei tanti rifugiati, nei quali è presente Cristo, e ringraziare per la grande rete di solidarietà che si è formata. Chiedo a tutte le comunità diocesane e religiose di aumentare i momenti di preghiera per la pace”.
L’azione diplomatica e quella umanitaria del Vaticano si muovono velocemente. “Nei prossimi giorni – ha affermato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni – il cardinale Michael Czerny partirà nuovamente alla volta dell’Ucraina, su richiesta di Papa Francesco, per manifestare la vicinanza del Santo Padre a quanti vivono con dolore le conseguenze della guerra in corso. Il cardinale arriverà in Slovacchia mercoledì 16 marzo e si recherà sul confine ucraino nei giorni successivi. Papa Francesco segue con la preghiera questa missione, come quelle dei giorni scorsi, e, tramite il porporato, desidera rendersi prossimo a coloro che fuggono dai combattimenti e soffrono per la violenza di altri uomini”. Una missione che si affianca a quella del cardinale elemosiniere apostolico, Konrad Krajewski.
Sempre il 16 marzo, nella Basilica Vaticana, il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, presiederà una messa per la pace in Ucraina per il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Un messaggio che il Vaticano vuole mandare a tutti gli Stati con i quali ha rapporti diplomatici per una mobilitazione comune a favore della fine del conflitto. “La guerra – ha spiegato il porporato – è come un cancro che cresce, si espande, si autoalimenta. È un’avventura senza ritorno, per usare le profetiche parole di san Giovanni Paolo II. Purtroppo dobbiamo riconoscerlo: siamo caduti in un vortice che può avere conseguenze incalcolabili e nefaste per tutti. Quando un conflitto è in corso, quando cresce il numero delle vittime inermi, è sempre difficile tornare indietro, anche se non è impossibile, quando c’è effettiva volontà di farlo, è difficile perseguire con ogni sforzo i negoziati, seguire ogni via possibile per raggiungere una soluzione, essere tenaci nell’intraprendere iniziative di pace. Non dobbiamo cedere alla logica della violenza e dell’odio. Non bisogna nemmeno arrendersi alla logica della guerra ed essere rassegnati spegnendo ogni barlume di speranza. Dobbiamo tutti insieme levare un grido a Dio e agli uomini perché tacciano le armi e ritorni la pace, come sta facendo il Papa”.
Al ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, Parolin ha “ripetuto l’appello del Papa per un immediato cessate il fuoco. Ho chiesto di porre fine ai combattimenti e di percorrere la via della soluzione negoziale al conflitto. Ho insistito sul rispetto della popolazione civile e sui corridoi umanitari. Ho anche ribadito, come già aveva fatto il Papa all’Angelus, la totale disponibilità della Santa Sede per qualsiasi tipo di mediazione che possa favorire la pace in Ucraina”. Da parte russa, ha precisato il porporato, pur avendo preso atto della proposta, “non ci sono stati segnali finora” propensi ad avvalersi di questa opportunità. Per Parolin “non è importante che si accetti l’offerta della Santa Sede, ma l’importante è che, in qualunque modo, si giunga a porre fine a tutto quello che sta avvenendo”, nella speranza che i contatti in corso e le altre mediazioni in campo possano concludersi positivamente.