Nati come strumenti finanziari per assicurare i guadagni degli agricoltori i future sono diventati potenti strumenti speculativi maneggiati da colossi della finanza. Grazie alle loro caratteristiche consentono di moltiplicare i ritorni sulle somme investite ma comportano anche il rischio di perdere tutto. Gli ingenti capitali investiti in questi prodotti esasperano le pressioni al rialzo o al ribasso sulle materie prime
I contratti future danno a chi li possiede la possibilità di vendere o acquistare un determinato prodotto entro una certa scadenza ad un prezzo prefissato. Nella versione moderna nascono quasi 200 anni fa come strumenti assicurativi, utilizzati innanzitutto in agricoltura dove i prezzi dei prodotti sono esposti a forti oscillazioni a causa dell’andamento variabile dei raccolti. Facciamo un esempio. Un agricoltore che produce grano può avere interesse a fissare in anticipo il prezzo a cui venderà il suo raccolto mettendosi al riparo da imprevisti. Se dovesse essere un anno di abbondanza il valore del grano sul mercato scenderebbe ma chi ha sottoscritto il future ha la garanzia di guadagnare comunque la somma pattuita in anticipo. Sul lato opposto del contratto, il compratore si assicura sul fatto che, in caso di raccolti poveri e prezzi alti, il grano possa essere comunque acquistato a valori non eccessivi. Si tratta insomma di un prodotto finanziario che consente di attenuare i rischi delle parte coinvolte. Lo stesso schema si può applicare a qualsiasi prodotto, materie prime agricole, petrolio, gas, metalli, indici di borsa, azioni etc. I future vengono identificati in base al prodotto e al mese in cui è prevista la consegna. In questo momento, in cui è forte l’attenzione sui prezzi del gas, si guarda ad esempio al ai future per le consegne di aprile che vengono scambiati al mercato di Amsterdam.
Nel tempo si sono però sviluppate anche le caratteristiche speculative di questi prodotti finanziari. Caratteristiche enfatizzate dal fatto che i futures possono essere scambiati direttamente e senza che avvenga la consegna materiale dei prodotti. Come tutte le “opzioni” sfruttano quel potente meccanismo, moltiplicatore di guadagni e perdite, che si chiama effetto leva. Un esempio chiarisce come funziona. Ipotizziamo che il prezzo del petrolio sia di 100 dollari al barile. Se sono convinto che il prezzo salirà e voglio approfittarne non devo necessariamente comprare del petrolio. Posso comprare dei future che mi danno il diritto ad avere tra un mese 1000 barili a 100 dollari l’uno. La controparte farà, per varie ragioni, la considerazione opposta.
Il future avrà a sua volta un costo, ipotizziamo di 1 dollaro al barile. Muovendo direttamente il greggio dovrei investire 100mila dollari. Usando i future solo mille. A questo punto si aprono due scenari. Il primo è che a ridosso della scadenza dei miei futures il valore del petrolio sia salito, ipotizziamo a 110 dollari. In questo caso ho il diritto di comprare mille barili a 100 dollari per una spesa sempre di 100mila dollari. Posso però rivenderlo a 110 incassando quindi 110mila dollari. Investendo mille dollari ne ho incassati 10mila. Inoltre questi contratti non si chiudono quasi mai con l’effettivo acquisto e/o vendita dei prodotti ma semplicemente regolando la differenza con la controparte.
C’è però la seconda ipotesi, quella in cui il prezzo del petrolio scende, anche di un solo dollaro. Con il petrolio a 99 dollari al barili, contratti che mi danno la possibilità di comprarlo a 100 sono carta straccia. Tutti i mille dollari spesi per comprare i future sul petrolio andranno quindi persi, una perdita del 100%. In realtà c’è anche una terza possibilità. Chi possiede i contratti future può venderli prima della scadenza, man mano che diminuisce il tempo che manca alla data di scadenza il valore del future si allinea a quello del prodotto di cui prevede la vendita. Queste caratteristiche dei futures ne fanno un potente strumento speculativo Sono sono molto utilizzati da colossi del trading di materie prime come Trafigura, Vitol, Glencore o Cargill. Immaginiamo che, come effettivamente accaduto pochi giorni fa, Trafigura compri un carico da un milione di barile di greggio russo.
Invece di tenere una petroliera in mezzo al mare in attesa che le quotazioni salgano e il greggio possa essere rivenduto con profitto, il gruppo può sottoscrivere un future con una controparte e assicurandosi un guadagno e liberandosi dell’incertezza. Lo stesso fanno grandi compagnie come Shell, Bp, Exxon etc. Ma nel mercato dei derivati sulle materie prime sguazzano anche banche come Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bnp Paribas etc. Si calcola che per ogni barile di petrolio che si muove fisicamente ne vengano scambiati 10 “virtualmente” tramite future e contratti simili. Gli enormi capitali che entrano in gioco in queste operazioni producono pressioni sui prezzi molto più forte rispetto a quelle che si verificherebbero con la sola compravendita reale di questi prodotti. Tendono quindi ad amplificare movimenti di prezzi che altrimenti sarebbero più graduali e contenuti.