Smartworking e privacy, proteggere i dati tutela l’azienda ma anche i lavoratori
di Maria Elena Iafolla*
Nei due lunghi anni di pandemia abbiamo ormai imparato a conoscere il lavoro agile o smart working, i pilastri su cui si fonda ed il cambio di cultura che porta con sé.
La fine dello stato d’emergenza determina anche la fine dello smart working emergenziale applicato in questo periodo, come ha raccontato questo Blog nel precedente contributo. Al di là degli aspetti puramente giuslavoristici, tuttavia, il ritorno a una normalità, seppur nuova, richiede di considerare un altro aspetto tanto importante quanto sottovalutato durante l’intero periodo pandemico: la privacy, da intendersi ambo i lati e cioè sia come necessaria tutela del lavoratore, sia come protezione dei dati e delle informazioni aziendali.
Se la mancanza di attenzione per questo tema è stata in un certo qual modo (non giustificabile, ma) comprensibile nel marzo del 2020, quando la priorità di imprese ed enti era sopravvivere e continuare l’operatività, è importante ri-partire adesso con il piede giusto.
Smart working e privacy dei lavoratori
È normale che l’uso maggiore di dispositivi elettronici, collegamenti, connessioni determini un maggior trattamento dei dati dei lavoratori. Sono incontestabili altresì le modifiche organizzative, che spostano il controllo dalla “presenza” al raggiungimento degli obiettivi. Tutti questi cambiamenti profondi impongono al datore di lavoro di valutare attentamente se i mezzi e i sistemi utilizzati siano rispettosi della normativa privacy / GDPR e dello Statuto dei Lavoratori, anche per quanto riguarda il controllo a distanza (su monitoraggio dei risultati e controlli a distanza, segnalo il contributo che segue).
Alla luce delle valutazioni fatte, è essenziale integrare e aggiornare l’informativa sul trattamento dei dati fornita ai lavoratori: conoscere perché e come i propri dati vengono trattati non solo è un diritto imprescindibile dei lavoratori, ma permette di creare una relazione di fiducia e rispetto tra le parti, con effetti positivi sull’intero rapporto di lavoro.
Smart working e protezione dei dati
Privacy significa anche protezione dei dati personali e delle informazioni aziendali e a tal fine, la normativa privacy/GDPR impone al titolare del trattamento (l’azienda, per esempio, o l’ente) di adottare misure tecniche ed organizzative adeguate a garantire la sicurezza dei dati.
Al di là delle misure tecniche da implementare o dei documenti da redigere, l’aspetto più importante rimane sempre il fattore umano. Ciò vale ancor più, evidentemente, quando la prestazione è resa in smart working e dunque i dati vengono trattati anche fuori dal perimetro dei locali aziendali o, ad esempio, per mezzo di dispositivi personali o promiscui. Se gli attacchi informatici vengono percepiti come circostanze virtuali e perciò “lontane”, infatti, la verità è che ancora oggi la maggior parte delle minacce ha origine dalle email e la “vulnerabilità” più sfruttata è l’essere umano.
Questo significa che misura di sicurezza imprescindibile deve essere elevare attenzione e consapevolezza dei lavoratori circa i rischi che derivino dall’uso dei dispositivi informatici, particolarmente in smart working, con campagne di formazione e informazione cicliche e mirate.
Proteggere i dati e le persone
Nonostante la materia sia spesso guardata con la diffidenza di un obbligo o addirittura di un obolo, la verità è che proteggere i dati e le informazioni tutela certo l’ente, ma anche le persone. Un aspetto forse troppo sottovalutato è quello delle conseguenze di una violazione di dati sulla persona che l’abbia (o senta di averla) causata: ansia, stress, paura per i danni o i provvedimenti disciplinari possono portare disturbi e malessere anche fisico. Al contrario, fornire ai lavoratori gli strumenti per comprendere le minacce e i rischi e per fare la propria parte, vuol dire anche coinvolgerli in un sistema, in un vero e proprio lavoro di squadra con grandi benefici per il rapporto tutto.
Avvocato, esperta di tecnologia, privacy e cyber-security, anche in relazione alle tematiche giuslavoristiche, perfezionata in Criminalità informatica e investigazioni digitali presso l’Università degli Studi di Milano. Vicepresidente dell’associazione DFA – Digital Forensics Alumni, formatrice e autrice in materia di diritto dell’informatica, privacy e GDPR.
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico
La Redazione
Milano, 3 feb. (Adnkronos) - La Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha dichiarato all'unanimità "irricevibile" il ricorso presentato dalla difesa di Alberto Stasi condannato, nel 2015, in via definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi uccisa il 13 agosto 2007 a Garlasco (Pavia). Stasi reclamava "una violazione del suo diritto a un processo equo, per quanto riguarda il principio della parità delle armi" lamentando che nel processo d'appello bis non sarebbe stato ascoltato un testimone "decisivo" a dire della difesa.
Per la corte, invece, la condanna si basa "su vari elementi di prova" e le dichiarazioni del teste agli inquirenti "lungi dall'essere decisive per determinare la responsabilità penale dell’interessato, sono semplicemente servite a corroborare tutte le prove a carico" si legge nella sentenza. In tal senso, l'ultima decisione della corte d'Assise d'Appello di non sentire nuovamente il testimone "non ha compromesso l'equità del procedimento penale a carico del ricorrente. Pertanto, il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente infondato".
La decisione potrebbe così mettere la parola fine a uno dei casi giudiziari più lunghi degli ultimi anni, mentre Stasi, oggi quarantenne, già da tempo beneficia del lavoro esterno fuori dal carcere di Bollate.
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - Quasi un milione di euro. E' questa la cifra che un imprenditore ha versato non rendendosi conto di essere vittima di un raggiro fatto via telefono usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto. L'uomo che ha denunciato l'accaduto allo stesso Crosetto (suo amico), si è poi rivolto ai carabinieri e alla procura che sta provando a bloccare il bonifico. Almeno due gli imprenditori vittime, solo una per ora la denuncia milionaria presente nel fascicolo, ma il numero delle potenziali vittime è di almeno cinque e sembra destinato a salire.
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - 'Chi l’ha vista?'. Il Pd su Instagram prende titolo e logo della trasmissione di Rai 3 e postando la foto di Giorgia Meloni torna a chiedere alla premier di riferire in aula sul caso Almasri. "E' Giorgia Meloni a dover rispondere della vicenda Almasri al Parlamento e al Paese. Basta nascondersi".
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - "Ci sono dei soldati prigionieri da liberare pagando un riscatto". E' questa la scusa che, in un caso, è stata utilizzata da chi, fingendosi il ministro della Difesa Guido Crosetto, ha raggirato due imprenditori, i quali hanno denunciato i fatti ai carabinieri e in procura a Milano. Altri tre imprenditori benestanti sono stati contattati dai truffatori che, complice anche l'intelligenza artificiale per camuffare le voci - del ministro, di un sedicente funzionario della Difesa o di un generale - hanno provato via telefono a ottenere ingenti bonifici. Sugli episodi indaga il pm Giovanni Tarzia.
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - Si fingevano il ministro Guido Crosetto, oppure un generale o un sedicente funzionario del ministero della Difesa e provavano a truffare ingenti somme a degli imprenditori, cinque quelli a conoscenza dello stesso esponente di Fratelli d'Italia che ha denunciato la truffa. Due le vittime accertate, almeno tre gli altri professionisti che stavano cadendo nella rete di truffatori su cui indaga la procura di Milano guidata da Marcello Viola.
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - "Ieri ancora una volta il governo è venuto in Parlamento e non ha detto la verità, non ha avuto il coraggio di assumersi le responsabilità delle sue scelte, si è contraddetto. Noi vogliamo sapere se per tutelare l’interesse nazionale il governo si affida anzi coopera o meglio è complice di una banda di tagliagole, di assassini, di stupratori. Io penso che questo non sia accettabile, che c’è un limite anche a quello che si definisce interesse nazionale. Mi pare del tutto normale che le opposizioni abbiano, in modo molto deciso, sottolineato le incongruenze e siano intenzionate a chiedere che ci siano risposte di verità". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs parlando con i cronisti davanti a Montecitorio.
"Perché è inaccettabile che alla fine - aggiunge il leader di SI - la politica si infili in una discussione surreale sui cavilli e di cui diventa vittima la realtà, e quei corpi violati da aguzzini senza scrupoli, come si può vedere anche oggi in un nuovo e terribile video diffuso da Repubblica con un uomo legato al parafango e trascinato da un mezzo di quella polizia giudiziaria libica di cui è a capo Almasri gentilmente rilasciato da Nordio e Piantedosi".
"Così come è inaccettabile l’attacco devastante del governo alla Corte Penale Internazionale: ma come si fa a non vedere che ci troviamo in un mondo in guerra nel quale senza questi organismi, anzi senza il loro rafforzamento, senza ricostruire attorno a quegli organi una sorta di sacralità, l’unico elemento che resta in campo è la legge del più forte, della violenza, della violazione sistematica dei diritti? Questo governo - conclude Fratoianni - sta creando un disastro colossale, i cui costi saranno pagati dal nostro Paese".
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - “Il Governo ha condotto l’Italia al centro di uno scandalo internazionale, impedendo che il criminale libico venisse assicurato alla giustizia. Nordio e Piantedosi ieri si sono smentiti, Meloni è sparita. Ma non può continuare a scappare. Al di là di ogni aspetto giudiziario, deve risponderne sul piano politico, davanti al Parlamento e al Paese”. Così il democratico, Peppe Provenzano.
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Area pro labour
Giuristi per il lavoro
Lavoro & Precari - 16 Marzo 2022
Smartworking e privacy, proteggere i dati tutela l’azienda ma anche i lavoratori
di Maria Elena Iafolla*
Nei due lunghi anni di pandemia abbiamo ormai imparato a conoscere il lavoro agile o smart working, i pilastri su cui si fonda ed il cambio di cultura che porta con sé.
La fine dello stato d’emergenza determina anche la fine dello smart working emergenziale applicato in questo periodo, come ha raccontato questo Blog nel precedente contributo. Al di là degli aspetti puramente giuslavoristici, tuttavia, il ritorno a una normalità, seppur nuova, richiede di considerare un altro aspetto tanto importante quanto sottovalutato durante l’intero periodo pandemico: la privacy, da intendersi ambo i lati e cioè sia come necessaria tutela del lavoratore, sia come protezione dei dati e delle informazioni aziendali.
Se la mancanza di attenzione per questo tema è stata in un certo qual modo (non giustificabile, ma) comprensibile nel marzo del 2020, quando la priorità di imprese ed enti era sopravvivere e continuare l’operatività, è importante ri-partire adesso con il piede giusto.
Smart working e privacy dei lavoratori
È normale che l’uso maggiore di dispositivi elettronici, collegamenti, connessioni determini un maggior trattamento dei dati dei lavoratori. Sono incontestabili altresì le modifiche organizzative, che spostano il controllo dalla “presenza” al raggiungimento degli obiettivi. Tutti questi cambiamenti profondi impongono al datore di lavoro di valutare attentamente se i mezzi e i sistemi utilizzati siano rispettosi della normativa privacy / GDPR e dello Statuto dei Lavoratori, anche per quanto riguarda il controllo a distanza (su monitoraggio dei risultati e controlli a distanza, segnalo il contributo che segue).
Alla luce delle valutazioni fatte, è essenziale integrare e aggiornare l’informativa sul trattamento dei dati fornita ai lavoratori: conoscere perché e come i propri dati vengono trattati non solo è un diritto imprescindibile dei lavoratori, ma permette di creare una relazione di fiducia e rispetto tra le parti, con effetti positivi sull’intero rapporto di lavoro.
Smart working e protezione dei dati
Privacy significa anche protezione dei dati personali e delle informazioni aziendali e a tal fine, la normativa privacy/GDPR impone al titolare del trattamento (l’azienda, per esempio, o l’ente) di adottare misure tecniche ed organizzative adeguate a garantire la sicurezza dei dati.
Al di là delle misure tecniche da implementare o dei documenti da redigere, l’aspetto più importante rimane sempre il fattore umano. Ciò vale ancor più, evidentemente, quando la prestazione è resa in smart working e dunque i dati vengono trattati anche fuori dal perimetro dei locali aziendali o, ad esempio, per mezzo di dispositivi personali o promiscui. Se gli attacchi informatici vengono percepiti come circostanze virtuali e perciò “lontane”, infatti, la verità è che ancora oggi la maggior parte delle minacce ha origine dalle email e la “vulnerabilità” più sfruttata è l’essere umano.
Questo significa che misura di sicurezza imprescindibile deve essere elevare attenzione e consapevolezza dei lavoratori circa i rischi che derivino dall’uso dei dispositivi informatici, particolarmente in smart working, con campagne di formazione e informazione cicliche e mirate.
Proteggere i dati e le persone
Nonostante la materia sia spesso guardata con la diffidenza di un obbligo o addirittura di un obolo, la verità è che proteggere i dati e le informazioni tutela certo l’ente, ma anche le persone. Un aspetto forse troppo sottovalutato è quello delle conseguenze di una violazione di dati sulla persona che l’abbia (o senta di averla) causata: ansia, stress, paura per i danni o i provvedimenti disciplinari possono portare disturbi e malessere anche fisico. Al contrario, fornire ai lavoratori gli strumenti per comprendere le minacce e i rischi e per fare la propria parte, vuol dire anche coinvolgerli in un sistema, in un vero e proprio lavoro di squadra con grandi benefici per il rapporto tutto.
Avvocato, esperta di tecnologia, privacy e cyber-security, anche in relazione alle tematiche giuslavoristiche, perfezionata in Criminalità informatica e investigazioni digitali presso l’Università degli Studi di Milano. Vicepresidente dell’associazione DFA – Digital Forensics Alumni, formatrice e autrice in materia di diritto dell’informatica, privacy e GDPR.
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Truffe a nome di Crosetto, c’è chi ha versato 1 milione di euro. Come funzionava: i militari catturati e l’Ai
Milano, 3 feb. (Adnkronos) - La Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha dichiarato all'unanimità "irricevibile" il ricorso presentato dalla difesa di Alberto Stasi condannato, nel 2015, in via definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi uccisa il 13 agosto 2007 a Garlasco (Pavia). Stasi reclamava "una violazione del suo diritto a un processo equo, per quanto riguarda il principio della parità delle armi" lamentando che nel processo d'appello bis non sarebbe stato ascoltato un testimone "decisivo" a dire della difesa.
Per la corte, invece, la condanna si basa "su vari elementi di prova" e le dichiarazioni del teste agli inquirenti "lungi dall'essere decisive per determinare la responsabilità penale dell’interessato, sono semplicemente servite a corroborare tutte le prove a carico" si legge nella sentenza. In tal senso, l'ultima decisione della corte d'Assise d'Appello di non sentire nuovamente il testimone "non ha compromesso l'equità del procedimento penale a carico del ricorrente. Pertanto, il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente infondato".
La decisione potrebbe così mettere la parola fine a uno dei casi giudiziari più lunghi degli ultimi anni, mentre Stasi, oggi quarantenne, già da tempo beneficia del lavoro esterno fuori dal carcere di Bollate.
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - Quasi un milione di euro. E' questa la cifra che un imprenditore ha versato non rendendosi conto di essere vittima di un raggiro fatto via telefono usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto. L'uomo che ha denunciato l'accaduto allo stesso Crosetto (suo amico), si è poi rivolto ai carabinieri e alla procura che sta provando a bloccare il bonifico. Almeno due gli imprenditori vittime, solo una per ora la denuncia milionaria presente nel fascicolo, ma il numero delle potenziali vittime è di almeno cinque e sembra destinato a salire.
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - 'Chi l’ha vista?'. Il Pd su Instagram prende titolo e logo della trasmissione di Rai 3 e postando la foto di Giorgia Meloni torna a chiedere alla premier di riferire in aula sul caso Almasri. "E' Giorgia Meloni a dover rispondere della vicenda Almasri al Parlamento e al Paese. Basta nascondersi".
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - "Ci sono dei soldati prigionieri da liberare pagando un riscatto". E' questa la scusa che, in un caso, è stata utilizzata da chi, fingendosi il ministro della Difesa Guido Crosetto, ha raggirato due imprenditori, i quali hanno denunciato i fatti ai carabinieri e in procura a Milano. Altri tre imprenditori benestanti sono stati contattati dai truffatori che, complice anche l'intelligenza artificiale per camuffare le voci - del ministro, di un sedicente funzionario della Difesa o di un generale - hanno provato via telefono a ottenere ingenti bonifici. Sugli episodi indaga il pm Giovanni Tarzia.
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - Si fingevano il ministro Guido Crosetto, oppure un generale o un sedicente funzionario del ministero della Difesa e provavano a truffare ingenti somme a degli imprenditori, cinque quelli a conoscenza dello stesso esponente di Fratelli d'Italia che ha denunciato la truffa. Due le vittime accertate, almeno tre gli altri professionisti che stavano cadendo nella rete di truffatori su cui indaga la procura di Milano guidata da Marcello Viola.
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - "Ieri ancora una volta il governo è venuto in Parlamento e non ha detto la verità, non ha avuto il coraggio di assumersi le responsabilità delle sue scelte, si è contraddetto. Noi vogliamo sapere se per tutelare l’interesse nazionale il governo si affida anzi coopera o meglio è complice di una banda di tagliagole, di assassini, di stupratori. Io penso che questo non sia accettabile, che c’è un limite anche a quello che si definisce interesse nazionale. Mi pare del tutto normale che le opposizioni abbiano, in modo molto deciso, sottolineato le incongruenze e siano intenzionate a chiedere che ci siano risposte di verità". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs parlando con i cronisti davanti a Montecitorio.
"Perché è inaccettabile che alla fine - aggiunge il leader di SI - la politica si infili in una discussione surreale sui cavilli e di cui diventa vittima la realtà, e quei corpi violati da aguzzini senza scrupoli, come si può vedere anche oggi in un nuovo e terribile video diffuso da Repubblica con un uomo legato al parafango e trascinato da un mezzo di quella polizia giudiziaria libica di cui è a capo Almasri gentilmente rilasciato da Nordio e Piantedosi".
"Così come è inaccettabile l’attacco devastante del governo alla Corte Penale Internazionale: ma come si fa a non vedere che ci troviamo in un mondo in guerra nel quale senza questi organismi, anzi senza il loro rafforzamento, senza ricostruire attorno a quegli organi una sorta di sacralità, l’unico elemento che resta in campo è la legge del più forte, della violenza, della violazione sistematica dei diritti? Questo governo - conclude Fratoianni - sta creando un disastro colossale, i cui costi saranno pagati dal nostro Paese".
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - “Il Governo ha condotto l’Italia al centro di uno scandalo internazionale, impedendo che il criminale libico venisse assicurato alla giustizia. Nordio e Piantedosi ieri si sono smentiti, Meloni è sparita. Ma non può continuare a scappare. Al di là di ogni aspetto giudiziario, deve risponderne sul piano politico, davanti al Parlamento e al Paese”. Così il democratico, Peppe Provenzano.