Televisione

Stasera tutto è possibile, Vincenzo De Lucia: “Ecco perché imito solo le donne. Quella che secondo me ‘mi viene’ meglio? Una che conosco bene…”

E' tra i (pochi) personaggi emergenti delle ultime stagioni televisive grazie alle sue imitazioni, un circo Barnum che va dalla Venier alla De Filippi, dalla Leosini alla Milo

Nella scatola dei ricordi di Vincenzo De Lucia c’è un vhs del ’99, la videocassetta del suo primo spettacolo. Aveva dieci anni e le idee chiarissime sul futuro: voleva mangiarsi il palco, stare in scena ubriacandosi di vite e personaggi, uscire dalla stanzetta e urlare al mondo il suo talento. Vent’anni dopo è tra i (pochi) personaggi emergenti delle ultime stagioni televisive grazie alle sue imitazioni, un circo Barnum che va dalla Venier alla De Filippi, dalla Leosini alla Milo. “Ho scelto la singolarità e la sfida: un uomo che imita le donne è insolito, ci devi mettere il doppio per essere credibile”, racconta a FqMagazine l’attore, che Stefano De Martino ha voluto nel cast fisso di Stasera tutto è possibile, il game show di Rai2 in onda il martedì sera.

Cosa ricordi ha del suo esordio?
Il senso di benessere che provavo sul palcoscenico. Le esibizioni in famiglia e durante le feste era poca cosa ormai. Volevo di più e quel di più arrivò quando avevo undici anni.

La sua infanzia?
Abitavamo in via Tasso, un quartiere residenziale. Famiglia molto unita, ceto medio scivolato progressivamente lentamente a causa dei cambiamenti della società. Ma non ci è mai mancato nulla.

Il suo punto di riferimento?
La mia nonna paterna: è lei che mi ha insegnato che cos’è la solidità. E a lei ho dedicato il mio spettacolo teatrale, La signora della tv.

Il suo primo spettacolo si lega stranamente a Marcello Mastroianni. Come?
Nel quartiere c’era il Cinema Italia, dove Mastroianni girò alcune scene del film Maccheroni. Dopo un periodo di gloria, diventò un cinema a luci rossi e poi chiuse. Quando ero bambino lo ristrutturarono e io m’intrufolavo nel cantiere, volevo capire, rompevo l’anima al gestore. C’era qualcosa che mi attraeva, quel luogo era una calamita.

E poi?
Quando riaprirono tutto il quartiere andò al primo spettacolo: davanti a quella festa, a quella commedia dell’arte, rimasi ipnotizzato. «È quello che voglio fare da grande». Pochi mesi dopo stavo su quel palco: con altri amichetti fondammo la compagnia de I modesti e mettemmo in scena lo spettacolo “Che farai in tv”. Io facevo Costanzo e la Carrà, gli altri ironizzavano sui personaggi del quartiere, dalla giornalaia incazzata alla vecchietta irascibile.

Il risultato?
Un successo. Si sparse la voce e fummo costretti a fare altre repliche.

Chi fu il primo a credere in lei?
Mia mamma capì e mi assecondò. Il mio sogno non era la tv, era fare l’attore seguendo le grandi icone della scuola napoletana come Giuffrè, Viviani e Scarpetta. Pochi anni dopo entrai in accademia per studiare e ho cominciato a lavorare in diverse compagne di teatro stabile.

Quando ha intuito il potenziale delle sue imitazioni?
Abbastanza presto. Mi venivano spontanee, mi piaceva farle. “Guarda che sei bravo, continua”, mi consigliavano gli amici. Sono una pausa momentanea dalla mia natura pesante e malinconica: è un viaggio verso una dimensione di leggerezza che non mi appartiene molto.

Che bambino è stato?
Esuberante, intraprendente. Poi mi sono trasformato in adolescente timido e un po’ tormentato. Quando non sei alla moda, quando sei diverso, tutti ti guardano con un occhio sospettoso.

La timidezza è rimasta?
Sì, mista ad un senso di inadeguatezza perenne. Non sono mai uno super espansivo, devo sempre prendere le misure.

L’inadeguatezza è un limite o è riuscito a trasformarla in punto di forza nel suo lavoro?
Un limite, perché spesso vieni scambiato per fesso. Ci posso lavorare quanto voglio, ma certi ostacoli restano tali.

Il travestimento, il calarsi in un’altra personalità sono un modo per esorcizzare la malinconia?
No, perché considero la malinconia un’ottima compagna di vita: la assecondo, la coltivo senza sospetti. Le imitazioni sono un modo per esorcizzare le paure, tenersi lontano dalle bruttezze della vita strappando un sorriso. Hanno un potenziale emotivo enorme sia per me che le faccio sia per chi mi guarda.

La sua imitazione meglio riuscita?
Lascio che siano gli altri a dirlo. A me piace molto Mara Venier perché mi diverte e perché la stimo: ho avuto modo di conoscere il suo lato più intimo e generoso, la conosco talmente bene che quando guardo Domenica In so già che cosa pensa e cosa dirà.

Qualcuna delle imitate si è mai arrabbiata?
Per ora no, le reazioni sono state tutte ironiche. La settimana scorsa mi ha chiamato Sandra Milo per complimentarsi. La D’Urso ha mandato l’imitazione nei suoi programmi e l’ha postata sui social. Franca Leosini, che è una vera signora, si è molto divertita. Ma c’è sempre tempo per una querela.

Prossimi personaggi che imiterà?
Lilli Gruber e Milly Carlucci, il generale della televisione italiana. Scelgo sempre personaggi che mi piacciono, non quelli che vanno di moda. I reduci dei reality ad esempio, non li farei mai perché quello è un tipo di tv che non mi diverte.

Non c’è il rischio di farsi fagocitare dai personaggi che imita?
Certi aspetti in fondo finiscono per appartenerti, ma quando tolgo la parrucca e il trucco torno Vincenzo. Anche se gioco spesso con le voci, soprattutto nei messaggi vocali agli amici.

Perché imita solo donne?
Ho fatto una scelta di singolarità. Un uomo che imita le donne è più insolito, nel panorama dei giganti dell’imitazione è meno visto, anche se dall’immenso Alighiero Noschese in giù non è certo una novità. Vivo come una sfida la difficoltà: somaticamente non posso essere una donna, se finisco per assomigliarci significa che ho delle capacità. E poi sono un omaggio alle donne: le mie sono parodie leggere, non c’è mai una satira feroce. Di esagerato c’è già uomo che fa una donna.

A proposito di un uomo che fa una donna: le polemiche su Drusilla Foer a Sanremo che impressione le hanno fatto?
Polemichette medievali e stupide. Siamo figli di artisti che hanno reso grande l’arte dell’en travesti nei secoli. L’opera barocca, il teatro elisabettiano: basta guardare indietro per accorgersi di quanto sia stato esplorato.

Quando lei ha iniziato ad imitare e a travestirsi, ed era solo un ragazzino, quali sono state le reazioni?
Se mi sta chiedendo se ho mai avuto critiche o offese la risposta è no. Era tutto talmente naturale che in famiglia o tra gli amici capivano il mio desiderio di intrattenere e divertire.

Nell’ultimo anno il successo le è esploso tra le mani, soprattutto grazie a Stasera tutto è possibile. Ha imparato a gestirlo?
(ride) Riconosco e sento l’affetto delle persone ma la mia vita non è cambiata. È rimasto tutto uguale, ho solo molti impegni in più. E poi ho una visione fatalista della vita: so che tutto può finire da un momento all’altro, non mi lascio influenzare dalle lusinghe dei social o della visibilità perché so che l’arte vera si fa sul palco, non su uno smartphone.

Digitando il suo nome su Google, tra le chiavi di ricerca più usate ci sono quelle sulla sua vita privata. È una curiosità che la infastidisce?
No, non mi tocca e non è quello che voglio dire o far sapere di me. Vedo colleghi molto più famosi subire una morbosità e un voyerismo tremendi: perché non ci concentriamo sull’arte e sul talento invece di voler sapere a tutti i costi se mangiano sushi o se sono vegetariani?

Lavorando con Stefano De Martino c’è qualcosa che ha scoperto di lui che non sapeva?
Che professionista è. È uno che lavora sodo, non si sottrae mai. E al tempo stesso non ha bisogno di primeggiare o fare il divo. Penso che avrà molto da dire anche nel futuro della tv.

E nel suo di futuro che cosa c’è?
Non lo so. Vivo giorno per giorno e aspetto delle proposte. Visto che di natura sono pesante, ho voglia di leggerezza: se ci fosse un programma alla Mai dire gol della Gialappa’s, lo farei domani mattina. Così come vorrei portare in giro per l’Italia il mio spettacolo teatrale, un varietà dal sapore moderno.

E se le proponessero di levarsi la parrucca e recitare con la faccia di Vincenzo De Lucia?
Non è una sfida che mi preoccupa. So che non potrò fare per sempre le imitazioni e mi sparo tutte le cartucce finché sono in tempo. Posso reggere la scena non solo imitando figure femminile ma essendo me stesso, magari in un concerto spettacolo sulle canzoni napoletane o in una commedia: il primo amore è il teatro e non lo scordo mai.