La scelta della ministra Marta Cartabia aveva causato malumori all'interno della maggioranza per alcune due passate dichiarazioni sul carcere duro e l’ergastolo ostativo: il magistrato, infatti, aveva criticato in pubblico le resistenze alle sentenze “aperturiste” della Consulta, parlando di “ottuso giustizialismo“, “retribuzionismo da talk show” e “antimafia arroccata nel culto dei propri martiri“. In Consiglio dei ministri però non c'è stata alcuna riserva né obiezione
Il Consiglio dei ministri riunito giovedì ha approvato all’unanimità la nomina di Carlo Renoldi a capo del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia. La scelta del giudice di Cassazione da parte della ministra Marta Cartabia aveva causato malumori all’interno della maggioranza per alcune due passate dichiarazioni sul carcere duro e l’ergastolo ostativo: il magistrato, infatti, aveva criticato in pubblico le resistenze dello stesso Dap e di una parte degli addetti ai lavori alle sentenze “aperturiste” della Consulta, parlando di “ottuso giustizialismo“, “retribuzionismo da talk show” e “antimafia arroccata nel culto dei propri martiri“. Da consigliere di Cassazione, inoltre, è stato relatore ed estensore di sentenze delicate, come quella che apriva ai colloqui via Skype per i mafiosi detenuti al 41bis.
In Cdm però non c’è stata nessuna riserva e nessuna obiezione, nemmeno dai ministri di M5s e Lega, i partiti che più degli altri avevano manifestato mal di pancia per la nomina. C’è stata soltanto – a quanto si apprende – una richiesta di rassicurazioni da parte del ministro grillino Stefano Patuanelli sulla continuità nella gestione del Dipartimento, finora retto dal magistrato antimafia Bernardo Petralia, nominato sotto il governo Conte II: una continuità che la stessa ministra ha detto di considerare importante, tanto che il resto della dirigenza del Dap è rimasta al proprio posto e la reggenza è stata affidata al vice di Petralia, Roberto Tartaglia. Cartabia ha concluso invitando a non contrapporre il carcere come misura di sicurezza al “carcere della dignità”.