“Gli stessi orrori, le stesse madri agonizzanti, ma anche la stessa luce negli occhi di ogni bambino quando mi vedono arrivare con il sacco pieno di giocattoli”. Rami Adham, cinquantenne siriano scappato in Finlandia per essersi opposto al regime di Bashar al-Assad, è il Toy Smuggler, il “Trafficante di giocattoli” attivo ormai da anni negli scenari di guerra più cupi e drammatici del mondo. Nel suo destino c’è sempre l’impero russo e le sue campagne militari: prima in appoggio al governo di Damasco per soffocare la rivolta civile dopo lo scoppio della Primavera araba siriana, ora impegnato a bombardare l’Ucraina. Rami ha fatto sorridere migliaia di bambini ad Aleppo, Idilb e altre località del suo amato Paese natale, da cui è dovuto scappare in quanto considerato un terrorista dal regime. Martedì, nel giorno dell’undicesimo anniversario dello scoppio del conflitto in Siria, ha portato a termine una duplice missione: “Sono partito assieme a una delegazione umanitaria dalla Finlandia per raggiungere il confine tra Polonia e Ucraina, a Przemysl”, racconta al fattoquotidiano.it. Una missione composita per portare aiuti alla popolazione in fuga dalla guerra. Io, nello specifico, mi sono occupato di ciò che ormai faccio da anni, portare un sorriso tra i più piccoli, traumatizzati dalle bombe, dalla paura e dalla fuga disperata dalle proprie case”.
“In pochi giorni – dice – ho consegnato direttamente nelle mani di bambini e bambine più di cinquemila giocattoli. È stato straordinario osservare come, appena messo piede in Polonia, i piccoli invece di correre, come gli adulti, verso la Croce Rossa o le organizzazioni umanitarie per cibo, vestiti e coperte, ogni volta si lanciassero verso di me. Non dimenticherò mai più quegli occhi, gli occhi della sofferenza, gli stessi che ho incrociato in passato nella mia terra. Quando ho iniziato, ormai quasi dieci anni fa, a viaggiare nei luoghi di guerra avevo la barba scura, come i capelli: ora tutto si è imbiancato, ma la passione e la mia solidarietà per chi soffre restano immutate”. C’è poi una seconda faccia della medaglia, ossia della missione, puntualizza Rami: “Al confine siamo arrivati con un pullman che abbiamo riempito di persone in fuga: in totale 55, tra cui 26 bambini, 21 donne, tre uomini anziani, anche un cane e due gatti. Ieri siamo rientrati in Finlandia (dove Adham è a capo di una grande compagnia di costruzioni, ndr) e tutte le persone sono state accolte e qui trascorreranno tutto il tempo necessario prima di capire il da farsi. Partendo con questo gruppo di volontari mi è stato raccomandato di arrivare in Polonia, ma di non proseguire oltre, almeno per questa volta. È mia intenzione organizzarmi presto, stavolta per entrare in Ucraina e portare i miei giocattoli direttamente nel cuore del Paese martoriato”.
Inevitabile cercare i paralleli tra due conflitti in corso, uno iniziato da undici anni, l’altro da tre settimane: “Il dolore è unico, e così gli orfani, i morti, la distruzione che si lascia indietro”, dice Rami, “ma a Putin della sofferenza dei civili non importa. Otto anni fa lui ha iniziato ad aiutare Assad nello sterminio degli oppositori e dei civili, Aleppo somiglia all’attuale Mariupol. Forse la gente si è dimenticata che in Siria si combatte ancora, la Russia ha lì oltre trentamila soldati e duecento caccia, è casa sua, come la repubblica secessionista del Donbass o la Crimea. A uno dei tanti giornalisti occidentali un giorno chiesi perché non mi avessero più chiamato per sapere cosa stava succedendo lì e la sua risposta fu franca e realistica: “La guerra in Siria è una notizia noiosa, a meno che Assad non decida di attaccare le città con gas o armi chimiche””.
Ora, in cambio degli sforzi militari, Assad sta restituendo il favore al capo del Cremlino: “Putin ha ordinato ad Assad di inviargli forze fresche per combattere sul campo, in totale 36mila unità, di cui ne sono partite solo un terzo, 12mila. In effetti nell’ultimo mese i bombardamenti e gli attacchi militari in Siria si sono ridotti del 90%”, dice Rami. “Aiutare l’Ucraina a combattere inviando armi? Se l’Occidente avesse fatto recapitare cinquanta missili terra-aria Stinger e altri apparati militari alla resistenza il conflitto sarebbe già concluso. Quella che Putin chiama adesso “Operazione militare speciale””, ricorda, “in Siria all’epoca si chiamava “Operazione-15”, ossia i giorni della presunta durata. Non facciamo succedere la stessa cosa in Ucraina”. Anche sulla soluzione del conflitto Adham ha le idee chiare: “Le sanzioni avranno il loro effetto, ma tutto dipenderà dal ruolo della Cina”.