“Non ho mai voluto che un euro, anzi un centesimo di cui ho avuto gestione o anche solo conoscenza, venisse distratto, mal utilizzato o destinato a fini che non fossero esclusivamente istituzionali. Ho sempre agito per il bene della Sede Apostolica e della Chiesa tutta”. Si è difeso così il cardinale Angelo Becciu davanti al Tribunale vaticano nel processo che lo vede imputato per peculato, abuso d’ufficio anche in concorso e subornazione, ovvero, secondo l’accusa, aver cercato di influenzare la testimonianza, ritenuta chiave dai pm della Santa Sede, di monsignor Alberto Perlasca. Per la prima volta il porporato ha preso la parola in aula durante la decima udienza del procedimento sugli investimenti finanziari della Segreteria di Stato. Mai prima d’ora un cardinale era stato rinviato a giudizio al Tribunale vaticano composto da magistrati laici e non da porporati. Una nuova prassi introdotta da Papa Francesco con un provvedimento legislativo emanato durante le indagini sull’acquisto del palazzo di Londra da parte della Segreteria di Stato.

“Vi confesso – ha affermato il cardinale Becciu ai magistrati – che non mi è facile prendere la parola e difendere la mia onorabilità in questa sede. Sono stato preceduto da un massacro mediatico senza precedenti. Presentato come il peggiore dei cardinali. Una campagna violenta e volgare. Accuse di ogni genere con un’eco mondiale. Sono stato descritto come un uomo corrotto. Avido di soldi. Sleale verso il Papa. Preoccupato soltanto del benessere dei miei familiari. Hanno insinuato infamie sull’integrità della mia vita sacerdotale, aver finanziato testimoni in un processo contro un confratello, essere addirittura proprietario di pozzi di petrolio o di paradisi fiscali”. E ha aggiunto: “Dichiaro la mia disponibilità totale a cercare e a dire con voi la verità. Non ho paura di essa. Desidero anzi che al più presto la verità sia proclamata. Lo devo alla mia coscienza. Lo devo ai miei antichi collaboratori, a tutti gli uomini della Curia, alle comunità ecclesiali che mi hanno conosciuto come delegato del Papa per la beatificazione di numerosi servi di Dio e nei numerosi Paesi che ho servito nel corso del mio servizio diplomatico. Lo devo ai miei familiari. Lo devo alla Chiesa intera. Lo devo soprattutto al Santo Padre, che recentemente ha dichiarato di credere alla mia innocenza”.

Il cardinale ha poi risposto alle domande del presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, in merito all’accusa sui fondi inviati, quando era sostituto della Segreteria di Stato, alla diocesi di Ozieri e alla Cooperativa Spes, gestita dalla Caritas e legalmente rappresentata dal fratello del porporato, Antonino. Becciu ha spiegato “che il primo contributo, per 25mila euro nel 2015, richiesto dal vescovo di Ozieri, servì a far ripartire la produzione di un panificio a vocazione caritatevole, ideato dalla diocesi, d’intesa con la locale Caritas, andato distrutto in un incendio, nell’ambito del progetto d’inclusione sociale ‘Il pane degli ultimi’, grazie al quale oltre quindici lavoratori svantaggiati sono in grado di sostenere, da anni, se stessi e le loro famiglie. Il secondo contributo, per 100mila euro nel 2018, fu erogato, sempre a fronte di richieste del vescovo di Ozieri, per sostenere la costruzione di un centro polifunzionale, denominato ‘Cittadella della carità’, finalizzato a ospitare, fra l’altro, uffici Caritas, assistenza agli anziani e ai profughi. Tale centro, dopo una lunga fase di raccolta di fondi da parte della diocesi di Ozieri, ha visto l’avvio dei lavori appena lo scorso 28 febbraio”. Pignatone ha, infine, comunicato che il promotore di giustizia aggiunto, Alessandro Diddi, “a causa del Covid e di altri problemi legati al suo Ufficio”, non era in grado di procedere all’interrogatorio del porporato che si svolgerà nell’udienza del 6 aprile.

Twitter: @FrancescoGrana

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