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Allarme nucleare, la corsa alle pillole allo iodio può essere dannosa: “Rischi per la tiroide. E non proteggono da altri e più gravi effetti delle radiazioni”

Intervista a Marcello Bagnasco, presidente dell'Associazione Italiana della Tiroide (AIT) e specialista in endocrinologia, medicina nucleare e immunologia clinica

di Ennio Battista

La corsa alle pillole allo iodio che si è verificata in questi giorni per la paura di radiazioni nucleari che potrebbero provenire dal rischio di un abbattimento – incidentalmente o meno – di una delle centrali nucleari in Ucraina ha rimesso in evidenza una particolare ghiandola del nostro organismo, la tiroide. Una ghiandola preposta alla produzione di ormoni, T3 e T4, che controllano diverse e fondamentali funzioni del corpo. In particolare, metabolismo, respirazione, battito cardiaco, temperatura corporea, sviluppo del sistema nervoso centrale, accrescimento corporeo. E lo iodio è un componente alla base del corretto funzionamento della tiroide. “Lo iodio è infatti indispensabile per la sintesi degli ormoni tiroidei, fondamentali per lo sviluppo già dal periodo fetale, in particolare per il sistema nervoso, e per la regolazione del metabolismo”, ci spiega il dottor Marcello Bagnasco, presidente dell’Associazione italiana della tiroide (Ait) e specialista in endocrinologia, medicina nucleare e immunologia clinica, docente presso l’Università degli Studi di Genova. “Lo iodio non è un elemento abbondante, e gli organismi terrestri, a differenza di quelli marini, ne sono facilmente carenti. Un’alimentazione con ridotto apporto di iodio comporta una minore produzione di ormoni tiroidei, con conseguenze anche gravi”.

Dottor Bagnasco, quali problemi crea la carenza di iodio?
“Per esempio, un suo deficit in gravidanza crea problemi allo sviluppo del feto. In caso di carenze gravi, ora per fortuna pressoché scomparse, la conseguenza peggiore era il cretinismo, grave deficit di sviluppo intellettuale, oltreché fisico. Carenze meno gravi possono causare comunque deficit intellettivi relativi nel bambino, con riduzioni del quoziente intellettivo. Altra ben nota conseguenza è il gozzo, ovvero l’aumento di volume della tiroide e la tendenza a formare noduli (problema ancora oggi molto diffuso)”.

Qual è il fabbisogno giornaliero di iodio e da quali alimenti possiamo ricavarlo?
“Il fabbisogno nell’adulto è circa 150 microgrammi (µg) al giorno. Il contenuto di iodio negli alimenti è scarso con l’eccezione dei prodotti ittici, che contengono più di 100 µg ogni 100 g. I latticini ne contengono 10-20 µg ogni 100 g, ancora meno cereali, uova e carne. In sostanza anche una dieta variata non basta a garantire l’apporto iodico ottimale, per questo nella maggior parte dei paesi del mondo si è ricorso all’addizione di iodio al sale alimentare. Questa misura è fondamentale per una buona nutrizione iodica, e sufficiente a garantirne il fabbisogno. Può non bastare in alcune condizioni, come gravidanza e allattamento, in cui il fabbisogno sale a circa 250 µg al giorno, per sopperire alle esigenze del feto, o in particolari abitudini alimentari (es. dieta vegana). Sono disponibili in commercio integratori contenenti quantità di iodio adeguate a queste particolari esigenze”.

A proposito di sale iodato, nel consumarlo occorre anche tenere conto che non possiamo superare i 5 g di sale al giorno, come indica il World Cancer World Cancer Research Fund. Qualcuno non rischia di superare questa quantità nella speranza di assumerne sufficientemente?
“La campagna di promozione del sale iodato si basa sullo slogan ‘Poco sale ma iodato’. La campagna per contenere l’uso del sale (attualmente il consumo medio pro capite è purtroppo ben superiore a 5 g al giorno) è fondamentale, ma considerando il contenuto di iodio aggiunto, 5 g di sale iodato sono largamente sufficienti a garantire il fabbisogno di iodio”.

In questi giorni e in alcuni Paesi si è verificata una corsa all’accaparramento di pillole allo iodio da prendere in caso di esposizione a radiazioni nucleari. Come funzionano?
“La profilassi con compresse ad alto contenuto di iodio (parecchi mg) si basa sul fatto che la tiroide è avida di iodio. Se vi sono nell’ambiente concentrazioni rilevanti di isotopi radioattivi dello iodio, la tiroide li concentra, con possibili danni (in particolare, possibile formazione di tumori, specie nei bambini e nei più giovani). Grandi quantità di iodio non radioattivo saturano la capacità di assorbimento della tiroide e prevengono quindi l’esposizione alla radioattività. Per avere efficacia le compresse andrebbero assunte poco prima (es. il giorno prima) o entro poche ore dall’esposizione, e solo in prossimità della fonte di radiazioni. I piani previsti da vari stati (tra cui l’Italia) tengono conto di tutto ciò. L’eventualità che si presenti questa necessità nel nostro Paese a mio avviso è pressoché inesistente”.

A quali rischi si va incontro in caso di assunzione non corretta?
“Questa profilassi non protegge in alcun modo da altri e più gravi effetti delle radiazioni.
Inoltre, l’assunzione di tali quantità di iodio non è innocua: la tiroide richiede concentrazioni adeguate di iodio, ma può essere danneggiata da quantità eccessive, e chi soffre di malattie della tiroide, in particolare di ipertiroidismo, può risentirne seriamente”.

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