Nel corso dell’udienza preliminare aperta venerdì di fronte al gip Chiara Valori, i pm di Milano Paolo Filippini e Carlo Scalas hanno ribadito la richiesta di rinvio a giudizio per frode in pubbliche forniture del governatore della Lombardia Attilio Fontana e di altre quattro persone. La vicenda è quella dell’affidamento da parte di Aria spa – la centrale acquisti della Regione – di una fornitura, poi trasformata in donazione, di 75mila camici e altri dispositivi di protezione individuale a Dama, la società del cognato di Fontana Andrea Dini, durante la prima ondata di Covid per un valore di circa mezzo milione di euro. Oltre Fontana sono imputati lo stesso Dini, Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl – l’ex direttore generale e la direttrice dell’ufficio acquisti di Aria – e il vicesegretario generale della Regione Pier Attilio Superti. La chiusura delle indagini risale a fine luglio 2021 e gli indagati, che inizialmente avevano chiesto di essere interrogati, hanno rinunciato all’esame, ma hanno depositato memorie. Nella prossima udienza, fissata al 29 aprile, parleranno i difensori degli imputati: la decisione sul rinvio a giudizio è attesa per il 13 maggio.
Dal fascicolo è stato stralciato il capo di imputazione in cui Dini e Bongiovanni sono accusati di turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, per cui la Procura ha chiesto l’archiviazione. Della prevista fornitura di 75mila camici ne vennero in realtà consegnati alla Regione solo 50mila, dopo la scoperta del conflitto di interessi e la conseguente trasformazione della fornitura in donazione: è proprio la mancata consegna di un terzo del materiale che ha portato i pm a formulare l’accusa di frode in pubbliche forniture. “I pm hanno dato una lettura molto accusatoria: secondo loro c’è stato un elemento fraudolento, ingannatorio, nella vicenda della donazione e per questo bisogna andare al vaglio dibattimentale. Il fatto è pacifico, ma per noi è la lettura del fatto che cambia”, spiega ai cronisti in una pausa dell’udienza il difensore di Fontana, l’avvocato Jacopo Pensa.
Secondo l’accusa, inoltre, il presidente della Lombardia aveva tentato di risarcire per il mancato introito il cognato con un bonifico di 250mila euro prelevati da un suo conto in Svizzera, bloccato perché segnalato dalla Banca d’Italia come operazione sospetta. Sulla vicenda era stato aperto un fascicolo autonomo per autoriciclaggio e falso in voluntary nei confronti di Fontana, archiviato (su richiesta degli stessi pm) nel febbraio del 2022 per il rifiuto delle autorità elvetiche a rispondere alla rogatoria.