Due considerazioni in attesa della Fiera del libro per ragazzi di Bologna. Chiedo ai miei amici autori illustratori editori di condividere, oppure no. Il silenzio è terribile.
Il vecchio proverbio toscano e non solo recita “del maiale non si butta nulla”. Nel senso che il maiale, animale intelligente e sensibilissimo, è assai utile all’uomo non tanto come compagnia (a lui si preferiscono cani e gatti), ma come cibo. Ogni sua singola porzione è commestibile e deliziosa, testa, coda, lombi ecc. Prosciutto, cosciotti, cotiche, cotolette, würstel allietano le nostre tavole. Mi fa un po’ pena il maiale, sfruttato fino all’osso nel disinteresse assoluto della sua personalità mite e gentile.
Lo stesso si fa da secoli con i miei amici bambini. Creature sfruttatissime nella narrazione, assai più di maschi e femmine adulte. Sono una psicopedagoga autrice di libri a loro diretti, ho una cattedra di Illustrazione per ragazzi allo IED di Roma e sto per partire per la Fiera Internazionale del libro per ragazzi di Bologna (le mie credenziali servono per tranquillizzare chi denigra giustamente gli improvvisatori).
Insomma, di bambini e dintorni mi occupo da trent’anni.
Il paragone un po’ cinico tra bambini e maiali serve al mio scopo. Quello di ricordare come il fanciullo viene sfruttato per mille scopi dalla nostra Società gerontocratica. Per intenerire il pubblico in pubblicità, ad esempio. Il cucciolo umano che mangia certi biscotti, monta mobili di una certa azienda, dorme beato in pannolini di marca fa vendere la merce. È una ricerca che feci a suo tempo. Dove c’è il bambino sullo schermo, aumentano gli introiti pubblicitari.
I bambini servono nelle liti coniugali, in divorzi e separazioni e sono utilissimi a ricattare, a farsi dare soldi dal coniuge, a far intenerire gli adulti in un contenzioso. Ma i ragazzini sono anche fondamentali per terrorizzare nei racconti dell’orrore. Il bambino infatti incarna magnificamente il diavolo, il fantasma, il morto redivivo. Bambine e bambole malefiche sono un must che fa vendere cinema e letteratura.
I bambini servono in questi terribili giorni di guerra. Servono alla comunicazione più emotiva della gente, da una parte e dall’altra della barricata. Non dico che la commozione per il ferimento o morte di un piccolo non sia più che giustificata, ma guai se viene sfruttata per motivi bellici o voyeurismo giornalistico. Vedo troppi primi piani, troppo sangue a favore di macchina da presa, troppi orsacchiotti buttati a terra nel fango.
Le bombe giocattolo sono servite in altre guerre (anche in questa?) per colpire i bambini che, attratti dal colore degli strani oggetti, li raccolgono incuriositi e ci giocano. Poi saltano in aria ma non muoiono. La bomba giocattolo è concepita per mutilare un bambino. La tragedia mette in ginocchio intere famiglie e dunque la popolazione che si infragilisce a favore del nemico. Le notizie le ebbi da Amnesty di Brescia, che conosceva bene la produzione di armi e armi giocattolo delle valli bresciane.
Dei bambini non si butta niente. Nemmeno gli organi che ancora si commerciano con grandi guadagni nel silenzio generale (servono all’uopo i bambini migranti che viaggiano da soli). Non parliamo della prostituzione infantile e della pornografia, fonte di guadagno ovunque nel mondo.
Dei bambini, di quelli veri, di quelli vivi e vegeti che pensano, soffrono, si pongono domande, crescono in un mondo incerto, in mezzo ad adulti colpevoli di infantilismo e irresponsabilità, di quelli, credetemi, non importa niente a nessuno. Dei bambini non si sa niente, ho scritto a suo tempo.
Verso Bologna, dove 40 editori russi per ragazzi sono stati bannati colpevoli di essere nemici, saremo così tristemente privati di preziosi libri per bambini per una sempre più ipocrita e immotivata politically correctness e cancel culture. No comment.