di Marta Coccoluto

La notizia è per certi versi ‘rivoluzionaria’: è stato approvato con il Decreto “Sostegni-ter” un emendamento che introduce nel nostro ordinamento la figura del nomade digitale o remote worker.

Quella che fino a una manciata di anni fa era una nuova filosofia di vita e di lavoro adesso ha una precisa cornice giuridica. E una definizione: i nomadi digitali sono “cittadini di un Paese terzo, che svolgono attività lavorativa altamente qualificata attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto in via autonoma ovvero per un’impresa anche non residente nel territorio dello Stato italiano”.

I lavoratori che rientrano in questa categoria avranno possibilità di entrare nel Paese al di fuori delle quote massime di ingresso per lavoro previste dal Decreto Flussi, senza la necessità del nulla osta al lavoro. Sarà sufficiente il visto d’ingresso e potranno ottenere il permesso di soggiorno della durata di un anno, prorogabile per un ulteriore anno ed estendibile al nucleo familiare del remote worker, a condizione di avere un’assicurazione sanitaria che copra ogni eventuale rischio.

Potranno collaborare con soggetti economici italiani e saranno tenuti a rispettare gli obblighi fiscali e contributivi loro richiesti dalle disposizioni vigenti nell’ordinamento nazionale. Altri requisiti, la disponibilità di un’idonea sistemazione, un congruo reddito e la fedina penale pulita.

“Si tratta di una proposta a costo zero e, anzi, ad alto moltiplicatore, per attrarre talenti dall’estero” dichiara Luca Carabetta, deputato del Movimento Cinque Stelle, che ha presentato la Proposta di Legge insieme all’On. Anna Laura Orrico, con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri, “Un buon risultato che segue un grande lavoro portato avanti da mesi”.

L’opportunità di fare dell’Italia una meta privilegiata del lavoro mobile non è solo straordinaria, come abbiamo già raccontato, ma adesso è concreta. E si fa non più rimandabile la riflessione su quanto l’Italia sia davvero una destinazione attraente e ospitale per lavoratori da remoto e nomadi digitali provenienti da ogni parte del mondo.

Non c’è dubbio che il nostro Paese abbia tutte le carte in regola per sbaragliare la concorrenza: clima, cibo, patrimonio culturale e ambientale, il made in Italy nelle sue sfaccettature più diverse e anche una certa propensione all’accoglienza e all’ospitalità. Del resto, è il Bel Paese, anche se ancora manca una visione complessiva e condivisa per affrontare la sfida dell’accoglienza digitale, che dovrebbe crearsi a partire da una cultura digitale diffusa e infrastrutture tali da sostenerla.

Definire un modello italiano di destinazione attraente e ospitale per nomadi digitali, che possa essere implementato nei nostri territori, anche e soprattutto periferici, nei piccoli comuni e borghi italiani è uno degli obiettivi su cui l’Associazione Italiana Nomadi Digitali (ente no profit del terzo settore) sta lavorando proprio adesso.

È aperto al contributo di lavoratori da remoto e nomadi digitali un sondaggio internazionale, utile a capire cosa renda una destinazione attraente, quali servizi sono essenziali, cosa si aspettano di trovare i lavoratori che dovrebbero preferire all’Italia decine di destinazioni internazionali.

I risultati saranno presentati in un report – consultabile e scaricabile da chiunque – da portare all’attenzione di Istituzioni nazionali, amministratori ed enti locali, tavoli di lavoro, imprese (profit e no-profit) del settore pubblico e privato che si stanno impegnando attivamente su questa progettualità.

L’altro tassello di un modello che potrebbe davvero funzionare è il coinvolgimento delle comunità locali nei processi di definizione, in ottica di sostenibilità e innovazione sociale legate al digitale. L’errore da non commettere è progettare un modello di destinazione per nomadi digitali senza comprendere a fondo anche esigenze e aspettative della comunità e dei territori – e anche le paure: prima su tutte che i luoghi più caratteristici e dalla forte identità si snaturino per rispondere a nuove esigenze economiche e sociali – rischiando così impatti non positivi.

Un aspetto che si intreccia saldamente con il tema della rigenerazione culturale e sociale dei borghi, attraverso il finanziamento Attrattività dei Borghi, su cui tanto si sta puntando per il rilancio dei territori, sostenendone lo sviluppo economico e sociale.

Sviluppo che deve passare anche dalle opportunità del digitale, che nel giro di breve tempo potrebbe davvero concretizzarsi in un movimento globale di professionisti liberi di lavorare ovunque, desiderosi di vivere nuove esperienze, di scoprire nuove destinazioni e di conoscere nuovi territori, cultura e tradizioni.

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