“Non è detto che un attacco militare ad un paese NATO porti automaticamente ad un invio di truppe in sua difesa da parte degli altri membri dell’Alleanza” per Pasquale De Sena, professore ordinario di Diritto Internazionale presso l’Università degli Studi di Palermo e presidente della Società italiana di Diritto internazionale e di Diritto dell’Unione europea. Stante una lettera, non verificabile, di una presunta talpa dello Fsb, il Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa e riportata da Vladimir Osechkin, attivista dei diritti umani in esilio, per Mosca “la terza guerra mondiale è iniziata” e il Cremlino si preparerebbe a lanciare attacchi missilistici contro alcuni paesi vicini, anche se membri della NATO, come la Polonia e le Repubbliche baltiche, se l’Occidente non dovesse cancellare le pesanti sanzioni imposte contro la Russia e accettare l’invasione dell’Ucraina. Abbiamo chiesto al professor De Sena, cosa potrebbe portare, dal punto di vista del diritto internazionale, effettivamente a uno scenario da terza guerra mondiale.
Professore, sarebbe sufficiente un incidente – come ad esempio un missile russo che colpisca un veicolo NATO – per far scattare gli obblighi dell’Alleanza Atlantica?Perché scatti l’obbligo di assistenza non è giuridicamente sufficiente un incidente – come può essere il caso di un veicolo NATO colpito per errore, né un uso minimo della forza. L’articolo 5 del trattato NATO – da interpretare in connessione con l’art. 51 della Carta dell’ONU – intende l’attacco armato come uso della forza armata da parte di uno stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro stato. Che è cosa diversa sia da un incidente che da una schermaglia.
Sembra una definizione che comunque lascia spazio a interpretazioni. È possibile che qualche membro dell’Alleanza decida di non portare aiuto ad un altro membro attaccato, perché ritiene che non ci si trovi di fronte a un vero e proprio “attacco armato”?
Sì sarebbe possibile. In più è da considerare che il Trattato NATO non impone ai membri dell’alleanza, anche nel caso di attivazione dell’articolo 5, di mandare direttamente truppe in aiuto dell’aggredito, l’assistenza potendo essere prestata in diverse forme. La mente corre all’attivazione dell’articolo 5 dopo l’attacco su suolo USA alle Twin Towers, che fu imputato all’Afghanistan, e che vide i Paesi dell’Alleanza contribuire in forme diverse alle operazioni NATO in quel Paese.
La definizione di “attacco armato” potrebbe coprire anche i casi di cyberattacchi che prendano di mira – ad esempio – installazioni cruciali come le centrali atomiche nei paesi NATO?
Abbiamo una casistica assai limitata cui fare riferimento. L’articolo 5 è stato attivato solo per la vicenda delle Twin Towers, ed ha una formulazione letterale che rimanda ad uno stato della tecnologia molto meno avanzato dell’attuale. Nel 2007, l’Estonia subì una paralisi del suo sistema informatico, ma non scattò l’articolo 5. Bisognerebbe vedere, se nel caso fosse possibile ricondurre con certezza ed immediatezza alla Russia un attacco cibernetico ad un Paese NATO, se gli altri membri sarebbero pronti ad una interpretazione estensiva dell’articolo 5, per includervi anche la cosiddetta ‘cyberwar.’”
Sempre in tema di Diritto internazionale, si è molto parlato recentemente di crimini di guerra russi e di possibili imputazioni presso la corte penale internazionale, anche in relazione al voto unanime del Senato USA che ha proprio accusato la Russia di crimini di guerra. Giuridicamente sarebbero legittime tali imputazioni? “Quanto alla giurisdizione della Corte penale internazionale, la risposta è positiva sì. Pur non essendo la Russia – e incidentalmente va ricordato neanche gli USA – parte dello Statuto di Roma sulla Corte penale internazionale, l’Ucraina ne ha accettato la giurisdizione con due atti unilaterali e nello Statuto vale il criterio della territorialità degli atti che integrano i crimini di guerra, con la conseguenza che il tribunale ha giurisdizione in relazione a crimini di guerra ipoteticamente commessi dalla Russia sul territorio ucraino.
Gianmarco Pondrano Altavilla