La tensione si allenta ma la mobilitazione resta sino al 31 marzo. Nei porti della Sardegna, da Cagliari a Olbia e Porto Torres, dove da cinque giorni è in corso la protesta degli autotrasportatori contro il caro gasolio che li sta mettendo sul lastrico, oggi è arrivato il via libera al passaggio delle merci deperibili. Mano tesa da parte di una categoria che urla le pesanti ripercussioni dovute ai rincari del carburante ma che vuole “evitare disagi ad agricoltori e allevatori”.

I carciofi bloccati
Anche perché le conseguenze dei primi quattro giorni di protesta (“non chiamatelo blocco, perché non lo è”, precisano) si sono fatte sentire. È Coldiretti a quantificare il danno subìto. “Oltre 2 milioni di euro. Solo da Samassi (importante centro agricolo a circa 50 chilometri da Cagliari, ndr) dove in questo periodo è concentrata la maggiore produzione di carciofo tardivo, partono ogni giorno per la Penisola 11-12 articolati con un totale di circa 600mila carciofi e un valore di circa 300mila euro”. Ecco perché la stessa associazione esprime apprezzamento “per il grande senso di responsabilità del raggruppamento Protesta autotrasportatori sardi, che pur continuando la sacrosanta battaglia per il rincaro prezzi ed in particolare del gasolio che sta mandando in tilt il comparto, ha accolto il grido di dolore arrivato dal mondo delle campagne”. Fondamentale, per Coldiretti, portare avanti una rivendicazione unitaria e non danneggiare altri comparti, come purtroppo è avvenuto nei quattro giorni di protesta estrema che ha lasciato nei porti ingenti quantità di prodotti agroalimentari freschi”. In questo periodo il valore delle produzioni di carciofo, in Sardegna, si stima intorno ai 20-25 milioni di euro.

L’appello del consorzio pecorino romano
L’allentamento del presidio, con il via libera al passaggio dei prodotti deperibili, sembra accogliere anche l’appello lanciato ieri da Gianni Maoddi, presidente del Consorzio di tutela del pecorino romano DOP, che rimarca la “grande solidarietà agli autotrasportatori sardi, colpiti da rincari diventati ormai insostenibili e che danneggiano anche il nostro comparto. Ma se continua così – avverte – c’è il forte rischio che si debba bloccare la produzione dei prodotti freschi e che dunque il latte non possa più essere ritirato, con danno enorme anche per i pastori che a quel punto potrebbero essere addirittura costretti a buttarlo”.

Danni enormi. Anche in considerazione del fatto che la Sardegna è l’unica regione italiana dove lo sciopero è andato avanti, e ora rischia di creare enormi problemi a un sistema già provato dalla pandemia e dai rincari delle materie prime dovute alla guerra in Ucraina. Lo stop riguarda soprattutto le merci in uscita, e dunque colpisce prevalentemente i produttori sardi. “Questo significa che i prodotti sardi rischiano di sparire dagli scaffali dei rivenditori di tutta Italia”, sottolinea Maoddi il quale incalza Regione e Governo: “È assolutamente necessario e urgente che trovino una soluzione immediata”.

Lunghe file a Cagliari
Davanti al porto commerciale del capoluogo sardo – dove anche oggi si è formata una lunga coda di mezzi fermi, sotto l’occhio vigile delle forze dell’ordine mobilitate per evitare disordini – sono arrivati anche i rappresentanti del Movimento dei pastori sardi che per sabato ha organizzato una manifestazione assieme agli autotrasportatori. Protesta, la loro, che ne trascina altre e apre scenari per nulla confortanti per altri settori del mondo produttivo (industriale, manifatturiero) e di quello agroalimentare. Non a caso Confindustria Sardegna ha inviato una lettera ai prefetti dell’isola, ai sindacati e all’Autorità portuale oltre che alla Regione sollecitando interventi immediati. Anche per scongiurare il rischio che molte imprese siano costrette a ricorrere alla cassa integrazione. “Senza entrare nel merito delle ragioni di una protesta, comprensibile nelle motivazioni ma assolutamente inaccettabile e da contrastare con fermezza nelle sue modalità di espletamento – si legge nel documento – esprimiamo forte preoccupazione per il pericolo concreto che, già dalle prossime ore, persistendo comportamenti che impediscono alla Sardegna l’approvvigionamento di materie prime e l’inoltro di prodotti finiti, centinaia di realtà e filiere manifatturiere e industriali dell’isola, di tutti i comparti economici, dall’agroalimentare al meccanico, dal lapideo al chimico, dalle costruzioni al sugheriero, saranno costrette al blocco dell’attività”. Uno scenario da scongiurare, anche perché, ricorda Confindustria “ai danni sociali per l’intera collettività sarda del non potere disporre di beni di primaria necessità si sommerebbero i danni economici ed industriali irreparabili verso attività produttive che già scontano, oltre alle note diseconomie strutturali dell’isola e dopo gli effetti della pandemia, gli incrementi dei costi delle materie prime, dell’energia e della mancata continuità territoriale marittima, per non citare degli incerti scenari di guerra”. A Nuoro gli autotrasportatori sono scesi in piazza per chiedere aiuto alle istituzioni “in modo da non essere costretti a chiudere le nostre attività e poter garantire il pane alle nostre famiglie”.

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