Non ci vuole un genio a capire che più armi ci sono in giro e più aumentano le probabilità che qualcuno si faccia male. Ed è nello spirito di questa certezza che nasce il nuovo rapporto dello European Network Against Arms Trade (ENAAT) e del Transnational Institute, che punta il dito contro quella che definisce “la corsa agli armamenti dell’Unione europea“. A chi è rimasto colpito dalla tempistica con la quale alcuni Paesi europei, Germania in testa, hanno annunciato ingenti investimenti nella spesa militare, appena poche ore dopo l’inizio dell’attacco russo in Ucraina, interesserà sapere che il budget del Fondo Europeo per la Difesa (EDF) ha raggiunto un valore “senza precedenti di 8 miliardi di euro per la ricerca e lo sviluppo di sistemi militari”. Ma non solo di questo si tratta. Secondo il report, infatti, gli attuali programmi di difesa Ue da 600 milioni di euro sarebbero inficiati da conflitti d’interesse e accuse di corruzione. Con la fetta più grossa che, ovviamente, va ai principali produttori ed esportatori di armi: Francia, Germania, Italia e Spagna. Con il primato tutto italiano di Leonardo, maggiore destinatario singolo con 28,7 milioni di euro.
Il lavoro del Transnational Institute e di ENAAT, di cui fa parte anche la Rete Italiana Pace e Disarmo che ne pubblica il rapporto, viene ultimato mentre il mondo assiste allo scoppio dell’ennesima guerra. Il report ricorda che “verso la fine del 2021 i disordini nei Balcani hanno raggiunto il punto di ebollizione. Le tensioni nel Mar Cinese Meridionale continuano a ribollire e minacciano la stabilità regionale e globale. Le guerre e la violenza continuano in Afghanistan, Iraq, Sahel, Siria e Yemen“. E che nonostante il suo principio fondatore di promozione della pace, l’Unione europea “ha intrapreso un percorso per affermarsi come potenza militare globale“. E non deve stupire, dunque, che per la prima volta “l’Ue ha annunciato che avrebbe, per la prima volta, finanziato e fornito armi letali a un Paese sotto attacco nell’ambito della European Peace Facility (il cosiddetto fondo strutturale per le Pace)”. A dieci anni dal trattato di Lisbona nel 2009, che fornisce la base giuridica per creare una politica di sicurezza e difesa comune, “l’Ue ha creato linee di bilancio che avrebbero specificamente assegnato finanziamenti a progetti militari”. Una nuova fase che sembra procedere a tappe forzate. A partire dal nuovo budget dell’EDF per gli anni 2021-2027, dove il report segnala un aumento dei fondi del 1250% rispetto al bilancio precedente, per un “totale che è 13,6 volte quello dei programmi precursori“.
Per capire come l’Europa spenderà questa montagna di soldi, però, il report analizza i precedenti programmi finanziati. “L’Azione preparatoria per la ricerca sulla difesa (PADR 2017-2019), con un budget di 90 milioni di euro per finanziare la ricerca sulla difesa, e il Programma europeo di sviluppo industriale della difesa (EDIDP 2019-2020) con un budget di 500 milioni di euro per finanziare lo sviluppo di attrezzature e tecnologie di difesa”. E ancora: “L’obiettivo di queste linee di bilancio è la ricerca e lo sviluppo su nuovi armamenti, così come il miglioramento di quelli esistenti integrando tecnologie all’avanguardia come l’intelligenza artificiale, i sistemi senza pilota o autonomi“. Secondo gli analisti militari citati nel rapporto, si tratta di armi che corrispondono “a una terza evoluzione nella corsa agli armamenti in cui sistemi d’arma automatizzati vengono provati e testati e possono alla fine diventare di utilizzo normale, nonostante le serie questioni legali ed etiche irrisolte”. Il pensiero corre ai droni protagonisti di molti conflitti, ma l’immaginazione è spinta ben oltre. Ed è lecito domandarsi come potrà mai rispondere il nemico di turno se gli invii contro un esercito di robot intelligenti che non sente dolore, non deve riposare, mangiare, medicarsi.
Ma le armi sono innanzitutto una questione di affari. E il rapporto denuncia l’opacità di quelli targati Ue, dove “i rappresentanti dell’industria delle armi sono stati inseriti nel comitato consultivo dei programmi PADR e EDIDP, ma i nomi dei membri del comitato non sono stati resi noti”. E non solo: “Nove dei sedici rappresentanti nel Gruppo di Personalità per la ricerca sulla difesa istituito dalla Commissione europea nel 2015 erano affiliati a società di armi, istituti di ricerca sulle armi e un’organizzazione di lobby dell’industria delle armi. In particolare le sei aziende militari erano Airbus, BAE Systems, Indra, Leonardo, MBDA e Saab“. Basta? Nemmeno per sogno. “La proposta della Commissione europea che ha portato all’istituzione del Fondo Europeo per la Difesa era basata su un rapporto presentato dal Gruppo di Personalità, con intere sezioni letteralmente copiate dal rapporto del GdP e incollate nella proposta della Commissione”, si legge nel rapporto. I risultati? “I sette maggiori beneficiari di questa linea di finanziamento dell’Ue sono coinvolti in esportazioni di armi altamente controverse verso Paesi che stanno vivendo conflitti armati o dove sono al potere regimi autoritari che violano sistematicamente i diritti umani”.
Inoltre, gli autori hanno scoperto che cinque degli otto maggiori beneficiari “sono stati oggetto di accuse di corruzione negli ultimi anni”. Tra questi anche l’italiana Leonardo, la più grade azienda a produzione militare dell’Ue, primo beneficiario singolo della grande torta militare europea. Seguono la spagnola Indra (22,78 milioni di euro), le società francesi Safran (22,33 milioni di euro) e Thales (18,64 milioni di euro) e la società transeuropea Airbus (10,17 milioni di euro). Tra i paesi, la fetta più grossa spetta alla Francia, che da sola porta a casa un quarto dei finanziamenti erogati finora. Francesi, tedeschi, spagnoli e italiani portano a casa il 68,4% dei fondi a sostegno dell’industria militare e coordinano quasi il 70 percento di tutti i progetti finanziati. “Dall’altra parte dello spettro, quasi la metà dei paesi dell’UE ottiene ciascuno meno dell’1% dei finanziamenti”. Attenzione, però: “Queste linee di finanziamento richiedono esplicitamente che i Paesi Ue acquistino poi le armi e le relative tecnologie, le aggiungano al proprio arsenale di difesa o promuovano la loro esportazione verso paesi extraeuropei”. Come non bastasse, denunciano gli autori, “le procedure di controllo applicate per approvare il finanziamento di nuove armi letali sono molto al di sotto anche dei più basilari standard legali ed etici“. Un esempio? “La procedura di valutazione del rischio legale ed etico dell’Ue per questi fondi si basa principalmente su autovalutazioni da parte dei richiedenti (principalmente società private) che sperano di beneficiare dei finanziamenti dell’Ue”. Se tutto questo continuerà anche con il nuovo Fondo Europeo per la Difesa da 8 miliardi di euro, dice il rapporto, l’Unione contribuirà “ad aumentare le esportazioni di armi europee e alimenterà la corsa globale agli armamenti, che a sua volta porterà a più guerre, maggiore distruzione, una significativa perdita di vite umane e un aumento degli spostamenti forzati”.
Zonaeuro
Spesa militare Ue, mai tanti soldi. Il report che denuncia conflitti d’interesse e opacità: “Prima tra le aziende finanziate è l’italiana Leonardo”
Il nuovo rapporto dello European Network Against Arms Trade (ENAAT) e del Transnational Institute racconta quella che definisce la "terza corsa agli armamenti", alla quale l'Unione europea starebbe contribuendo con un budget che nel nuovo bilancio 2021-2027 è aumentato di 13 volte rispetto al precedente. E a farla da padrone sarebbero lobbisti e aziende, che siedono negli organi di consiglio della Commissione Ue e influenzano le procedure di controllo
Non ci vuole un genio a capire che più armi ci sono in giro e più aumentano le probabilità che qualcuno si faccia male. Ed è nello spirito di questa certezza che nasce il nuovo rapporto dello European Network Against Arms Trade (ENAAT) e del Transnational Institute, che punta il dito contro quella che definisce “la corsa agli armamenti dell’Unione europea“. A chi è rimasto colpito dalla tempistica con la quale alcuni Paesi europei, Germania in testa, hanno annunciato ingenti investimenti nella spesa militare, appena poche ore dopo l’inizio dell’attacco russo in Ucraina, interesserà sapere che il budget del Fondo Europeo per la Difesa (EDF) ha raggiunto un valore “senza precedenti di 8 miliardi di euro per la ricerca e lo sviluppo di sistemi militari”. Ma non solo di questo si tratta. Secondo il report, infatti, gli attuali programmi di difesa Ue da 600 milioni di euro sarebbero inficiati da conflitti d’interesse e accuse di corruzione. Con la fetta più grossa che, ovviamente, va ai principali produttori ed esportatori di armi: Francia, Germania, Italia e Spagna. Con il primato tutto italiano di Leonardo, maggiore destinatario singolo con 28,7 milioni di euro.
Il lavoro del Transnational Institute e di ENAAT, di cui fa parte anche la Rete Italiana Pace e Disarmo che ne pubblica il rapporto, viene ultimato mentre il mondo assiste allo scoppio dell’ennesima guerra. Il report ricorda che “verso la fine del 2021 i disordini nei Balcani hanno raggiunto il punto di ebollizione. Le tensioni nel Mar Cinese Meridionale continuano a ribollire e minacciano la stabilità regionale e globale. Le guerre e la violenza continuano in Afghanistan, Iraq, Sahel, Siria e Yemen“. E che nonostante il suo principio fondatore di promozione della pace, l’Unione europea “ha intrapreso un percorso per affermarsi come potenza militare globale“. E non deve stupire, dunque, che per la prima volta “l’Ue ha annunciato che avrebbe, per la prima volta, finanziato e fornito armi letali a un Paese sotto attacco nell’ambito della European Peace Facility (il cosiddetto fondo strutturale per le Pace)”. A dieci anni dal trattato di Lisbona nel 2009, che fornisce la base giuridica per creare una politica di sicurezza e difesa comune, “l’Ue ha creato linee di bilancio che avrebbero specificamente assegnato finanziamenti a progetti militari”. Una nuova fase che sembra procedere a tappe forzate. A partire dal nuovo budget dell’EDF per gli anni 2021-2027, dove il report segnala un aumento dei fondi del 1250% rispetto al bilancio precedente, per un “totale che è 13,6 volte quello dei programmi precursori“.
Per capire come l’Europa spenderà questa montagna di soldi, però, il report analizza i precedenti programmi finanziati. “L’Azione preparatoria per la ricerca sulla difesa (PADR 2017-2019), con un budget di 90 milioni di euro per finanziare la ricerca sulla difesa, e il Programma europeo di sviluppo industriale della difesa (EDIDP 2019-2020) con un budget di 500 milioni di euro per finanziare lo sviluppo di attrezzature e tecnologie di difesa”. E ancora: “L’obiettivo di queste linee di bilancio è la ricerca e lo sviluppo su nuovi armamenti, così come il miglioramento di quelli esistenti integrando tecnologie all’avanguardia come l’intelligenza artificiale, i sistemi senza pilota o autonomi“. Secondo gli analisti militari citati nel rapporto, si tratta di armi che corrispondono “a una terza evoluzione nella corsa agli armamenti in cui sistemi d’arma automatizzati vengono provati e testati e possono alla fine diventare di utilizzo normale, nonostante le serie questioni legali ed etiche irrisolte”. Il pensiero corre ai droni protagonisti di molti conflitti, ma l’immaginazione è spinta ben oltre. Ed è lecito domandarsi come potrà mai rispondere il nemico di turno se gli invii contro un esercito di robot intelligenti che non sente dolore, non deve riposare, mangiare, medicarsi.
Ma le armi sono innanzitutto una questione di affari. E il rapporto denuncia l’opacità di quelli targati Ue, dove “i rappresentanti dell’industria delle armi sono stati inseriti nel comitato consultivo dei programmi PADR e EDIDP, ma i nomi dei membri del comitato non sono stati resi noti”. E non solo: “Nove dei sedici rappresentanti nel Gruppo di Personalità per la ricerca sulla difesa istituito dalla Commissione europea nel 2015 erano affiliati a società di armi, istituti di ricerca sulle armi e un’organizzazione di lobby dell’industria delle armi. In particolare le sei aziende militari erano Airbus, BAE Systems, Indra, Leonardo, MBDA e Saab“. Basta? Nemmeno per sogno. “La proposta della Commissione europea che ha portato all’istituzione del Fondo Europeo per la Difesa era basata su un rapporto presentato dal Gruppo di Personalità, con intere sezioni letteralmente copiate dal rapporto del GdP e incollate nella proposta della Commissione”, si legge nel rapporto. I risultati? “I sette maggiori beneficiari di questa linea di finanziamento dell’Ue sono coinvolti in esportazioni di armi altamente controverse verso Paesi che stanno vivendo conflitti armati o dove sono al potere regimi autoritari che violano sistematicamente i diritti umani”.
Inoltre, gli autori hanno scoperto che cinque degli otto maggiori beneficiari “sono stati oggetto di accuse di corruzione negli ultimi anni”. Tra questi anche l’italiana Leonardo, la più grade azienda a produzione militare dell’Ue, primo beneficiario singolo della grande torta militare europea. Seguono la spagnola Indra (22,78 milioni di euro), le società francesi Safran (22,33 milioni di euro) e Thales (18,64 milioni di euro) e la società transeuropea Airbus (10,17 milioni di euro). Tra i paesi, la fetta più grossa spetta alla Francia, che da sola porta a casa un quarto dei finanziamenti erogati finora. Francesi, tedeschi, spagnoli e italiani portano a casa il 68,4% dei fondi a sostegno dell’industria militare e coordinano quasi il 70 percento di tutti i progetti finanziati. “Dall’altra parte dello spettro, quasi la metà dei paesi dell’UE ottiene ciascuno meno dell’1% dei finanziamenti”. Attenzione, però: “Queste linee di finanziamento richiedono esplicitamente che i Paesi Ue acquistino poi le armi e le relative tecnologie, le aggiungano al proprio arsenale di difesa o promuovano la loro esportazione verso paesi extraeuropei”. Come non bastasse, denunciano gli autori, “le procedure di controllo applicate per approvare il finanziamento di nuove armi letali sono molto al di sotto anche dei più basilari standard legali ed etici“. Un esempio? “La procedura di valutazione del rischio legale ed etico dell’Ue per questi fondi si basa principalmente su autovalutazioni da parte dei richiedenti (principalmente società private) che sperano di beneficiare dei finanziamenti dell’Ue”. Se tutto questo continuerà anche con il nuovo Fondo Europeo per la Difesa da 8 miliardi di euro, dice il rapporto, l’Unione contribuirà “ad aumentare le esportazioni di armi europee e alimenterà la corsa globale agli armamenti, che a sua volta porterà a più guerre, maggiore distruzione, una significativa perdita di vite umane e un aumento degli spostamenti forzati”.
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Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Grazie Fulco per aver insegnato a intere generazioni la cura e la conservazione della natura. Fondatore del WWF, parlamentare, sempre attento a portare fuori dai recinti l'ambientalismo convinto che doveva vivere soprattutto nella società e nei comportamenti individuali e collettivo per cambiare anche la politica. In un mondo in grave crisi climatica la Sua saggezza e conoscenza divulgativa ci mancherà molto". Lo dice Paolo Cento, già parlamentare dei Verdi e direttore della rivista ambientalista 'Articolo 9'.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Giorgia Meloni non ha nulla da dire sulle parole dell’inviato speciale di Trump?". Lo scrive sui social al deputato di Iv Maria Elena Boschi, rilanciando il colloquio di Paolo Zampolli con il Foglio.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - A sedici anni dall'ultima presenza di un Capo dello Stato, in quel caso Giorgio Napolitano, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, torna in Giappone per una visita ufficiale in programma da lunedì 3 a domenica 9 marzo. Un appuntamento che suggella una fase di svolta nei rapporti tra l'Italia e il Paese del Sol Levante, visto che l'entrata in vigore nel 2023 del Partenariato strategico e il successivo Piano di azione siglato tra i rispettivi Governi l'estate scorsa in occasione del G7 a Borgo Egnazia segnano l'avvio di un rapporto caratterizzato da un nuovo dinamismo, che si preannuncia foriero di conseguenze positive e di prospettive da esplorare, che vanno ad inserirsi in una già collaudata comunanza di vedute e di interessi sul piano politico ed economico.
Basti pensare all'attenzione sempre crescente dell'Italia per le problematiche del Sud-est asiatico, con l'intensificazione di un dialogo a livello Nato e tra Unione europea e Giappone, per il quale il partenariato con gli Stati Uniti rappresenta un pilastro fondamentale, anche per la stabilità dell'Indo-pacifico. Con la necessità per il Paese del Sol Levante di trovare un equilibrio nei rapporti con la Cina, tra tensioni di carattere geopolitico da governare e interessi commerciali da salvaguardare.
Le circa 150 nostre aziende che operano in Giappone e le circa 380 giapponesi che sono nel nostro Paese, il Business-Forum in programma a Roma il prossimo 13 maggio, con la partecipazione di circa 200 imprese nipponiche e italiane, sono invece la dimostrazione di quanto sia rilevante e in crescita la partnership economica, che oltre alla presenza italiana nei tradizionali settori del design, della moda e dell'agroalimentare vede aumentare la collaborazione sul piano industriale e tecnologico. Si inserisce proprio in questo contesto il progetto Gcap per il caccia di sesta generazione basato sulla collaborazione tra Italia, Giappone e Regno Unito.
Si svilupperà quindi lungo questa direttrice il programma della visita di Mattarella, con impegni di carattere istituzionale, economico e culturale. Lunedì 3 marzo alle 19 ora locale (8 ore avanti il fuso orario rispetto all'Italia dove quindi saranno le 11), il Capo dello Stato vedrà a Tokyo la comunità italiana. Poi martedì l'incontro con l'imperatore Naruhito e l'imperatrice Masako e i colloqui con gli speaker, rispettivamente, della Camera dei Rappresentanti e della Camera dei Consiglieri. Quindi il concerto del tenore Vittorio Grigolo, offerto dall'Italia alla presenza dei rappresentanti della Casa imperiale.
Mercoledì 5 alle 11 (le 3 di notte in Italia) è previsto un confronto del presidente della Repubblica con rappresentanti della Confindustria giapponese ed esponenti dell'imprenditoria italiana, mentre alle 18 Mattarella vedrà il premier giapponese, Shigeru Ishiba.
Nelle giornate di giovedì e venerdì il Capo dello Stato sarà invece a Kyoto, dove sono in programma appuntamenti di carattere artistico e culturale e l'incontro con i nostri connazionali. Particolarmente significativa, anche per i risvolti legati alla attuale e delicata situazione internazionale, l'ultima tappa a Hiroshima, prevista sabato 8 marzo, con la visita al Museo della Pace e l'incontro con l'Associazione dei sopravvissuti ai bombardamenti nucleari e con l'organizzazione Nihon Hidankyo, impegnata per l'abolizione delle armi nucleari e insignita lo scorso anno del Premio Nobel per la pace. Domenica 9 il rientro a Roma.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Mentre la vigilanza resta bloccata dal ricatto della maggioranza, gli ascolti della Rai continuano a precipitare, soprattutto nel settore dell’informazione, dove assistiamo a una vera e propria desertificazione. Un tempo i programmi di approfondimento erano punti di riferimento, oggi vengono sistematicamente penalizzati da scelte di palinsesto incomprensibili". Lo dicono i parlamentari del M5s della commissione di Vigilanza Rai.
"Un esempio? Fiction di grande successo, capaci di catalizzare milioni di spettatori, vengono mandate in onda in diretta concorrenza con trasmissioni storiche d’informazione. È successo con Rocco Schiavone contro Chi l’ha visto?, e si ripete con Imma Tataranni opposta a Report -proseguono-. Chi ha interesse a sabotare l’informazione di qualità? Come se non bastasse, la Rai autorizza con leggerezza la partecipazione di suoi volti di punta sulle reti concorrenti, depotenziando i propri programmi".
"Domani sera, Stefano De Martino sarà ospite di Fabio Fazio: un conduttore che già raccoglie ottimi ascolti, ha bisogno di fare promozione sul Nove? Ma a chi serve davvero questa ospitata, a De Martino o a Fazio? È solo una coincidenza che entrambi abbiano lo stesso agente? Di certo, non si può pensare di premiare chi è responsabile di tutto questo affidandogli la supergestione dei palinsesti. Per salvare la Rai serve competenza, non amichettismo", concludono gli esponenti M5s.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Tra l’invasore Putin e il bullo Trump, noi stiamo con Zelensky, con l’Ucraina e con l’Unione europea, ormai unico argine al neocolonialismo e al neo imperialismo di Usa e Russia. Per questo +Europa parteciperà alle piazze per l’Ucraina che si stanno organizzando in tutta Italia, comprese quelle di oggi a Milano davanti al consolato USA e di domani in piazza dei Mercanti, così come a Roma in Piazza Santi Apostoli sempre domani. Non possiamo più stare a guardare. È il momento che tutti coloro che credono nell’Europa Unita e nella democrazia si schierino dalla parte di Kiev, dell’Europa, dei diritti e della libertà”. Lo annuncia il segretario di Più Europa Riccardo Magi.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Apprezzabile la manifestazione in favore dell’Ucraina, domani pomeriggio. Ridicolo però che venga da Carlo Calenda, che ha distrutto il progetto Stati Uniti d’Europa non aderendo alla lista e regalando posti al parlamento europeo ai sovranisti filo Putin". Lo scrive sui social il senatore di Iv Ivan Scalfarotto.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Le immagini di ieri dallo Studio ovale hanno sconvolto il mondo. Siamo in una situazione internazionale senza precedenti e il comunicato della premier Meloni, giunto ben ultimo dopo altri leader europei, non fa chiarezza sulla posizione dell’Italia". Lo dicono Chiara Braga e Francesco Boccia, capigruppo Pd alla Camera e al Senato.
"Meloni deve spiegare al paese se ha intenzione di abbandonare l’Ucraina al suo destino, se pensa di distinguersi dal resto dell’Europa e come intende rispondere all’arroganza degli Stati Uniti e di Trump. Non può continuare a nascondersi e a scansare la questione di fondo: dove colloca l’Italia nel mondo in questo drammatico frangente. Basta video e comunicazioni tardive, venga in Parlamento già prima del vertice europeo straordinario del 6 marzo", aggiungono Braga e Boccia.