L’elenco delle armi inviate all’esercito ucraino da parte dell’Italia non è più un mistero. Si tratta, come anticipato dal Fatto Quotidiano, di alcune decine di lanciatori Stinger, milioni di colpi 12.7 e svariate migliaia di bombe da mortaio 120. A questi si aggiungono mitragliatrici Browning, razioni alimentari da combattimento, migliaia di elmetti e alcune decine di lanciatori Milan. È parte dell’artiglieria che l’Italia ha deciso di spedire alla resistenza ucraina per difendersi dall’invasione russa e per logorare l’esercito di Putin.
Nei giorni scorsi si è fatto spesso riferimento alla nostra Costituzione e all’articolo 1 della legge 185, il quale sancisce che l’esportazione, l’importazione e il transito di materiale di armamento nonché la cessione delle relative licenze di produzione devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
Sono però consentite deroghe nel rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere.
Entrando nel dettaglio delle armi inviate, il lanciatore Stinger è un sistema missilistico terra-aria impiegato contro la minaccia aerea condotta a bassissime quote. È composto dal missile infilato in un tubo di lancio: il militare lo porta in spalla e mira all’obiettivo grazie a un sistema di identificazione. Lo Spike è piuttosto simile, anche se lo scopo è diverso: è considerato un sistema controcarro di terza generazione e consente di colpire veicoli corazzati e carri armati, inclusi quelli protetti da corazzature e da sistemi antimissile di ultima generazione. Ci sono poi gli ormai famosi FGM-148 Javelin, NLAW e Panzerfaust 3, quest’ultimo acquisito dall’Esercito Italiano negli anni ’90 dello scorso secolo e che secondo alcune indiscrezioni sarebbe però finito nelle mani dei russi, che lo stanno utilizzando per armare le milizie delle Repubbliche separatiste.
L’altra questione riguarda l’utilizzo specifico delle armi inviate agli ucraini. Innanzitutto è necessario far diventare i civili dei soldati e poi, attraverso un addestramento intensivo, trasformarli in specialisti di missili anticarro e antiaerei. Non ci si può improvvisare. Chi si occuperà di formare e addestrare i giovani civili che spesso imbracciano le armi? Nessuno lo sa, forse i diversi contractors americani, britannici e canadesi presenti a sostegno dell’Ucraina.
Proiettandoci avanti nel tempo, le forniture di armi all’Ucraina non modificheranno le sorti dell’esercito ucraino in guerra. Il guaio per l’Ucraina è che in soccorso di Putin a svolgere il cosiddetto “lavoro sporco”, soprattutto in vista di una guerriglia urbana a Kiev, condominio per condominio, piazza per piazza, ci siano i miliziani siriani e pare vogliano arrivare gli uomini di un certo Kadyrov, leader ceceno allo stesso tempo brutale e spietato, tristemente famoso per i reati compiuti e gli assassini di cui si è macchiato.
Le forniture italiane all’Ucraina hanno di fatto reso il nostro stato “belligerante” nei confronti di Putin, intraprendendo così una guerra per procura e lasciando un ruolo più diplomatico ad altri attori.
Nel frattempo l’Ue sta finanziando nuovi sistemi d’arma che spesso si basano su tecnologie “intelligenti” come i sistemi automatici senza equipaggio o l’intelligenza artificiale, che rimangono in gran parte non regolamentati dall’Ue. La gran parte dei finanziamenti stanziati finora va alle aziende situate nei maggiori paesi esportatori di armi dell’Ue, vale a dire Francia, Germania, Italia e Spagna, cui è stato assegnato il 68,4% del bilancio. Otto di queste aziende – Airbus, Bae Systems, Indra, Leonardo, Mbda, Saab, Fraunhofer e Tno – hanno finora ricevuto oltre 86 milioni di euro.
La spesa militare dell’Ue mira a rafforzare l’industria della difesa europea, che aumenterà le sue esportazioni di armi come sostenuto dall’ultimo rapporto dell’European Network Against the Arms Trade (Enaat).
Siamo tutti innamorati della pace, ma la guerra continua ad avere tanti finanziatori.