Si nascondeva a Casali del Manco, uno dei comuni che rappresentano la cintura della città di Cosenza. È finita in un casolare isolato di campagna, in località Spezzano Piccolo, la latitanza di Fernando Spagnolo, 67 anni. Gli ultimi tre li ha trascorsi in fuga. La sua latitanza, infatti, è iniziata nel maggio 2019 poche settimane prima della sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Reggio Calabria che lo aveva condannato all’ergastolo per l’omicidio di Marcello Geracitano, un ragazzo di 33 anni che lavorava nella sua macelleria e che ha pagato con la vita la relazione sentimentale con una donna ucraina per la quale il boss, secondo la Cassazione, nutriva una “non controllata passione”.
In sostanza, pretendeva che la donna “interrompesse ogni rapporto con Marcello Geracitano”. Non lo ha fatto e il ragazzo è stato ucciso da Spagnolo, considerato dalla Dda di Reggio Calabria il capocosca di Stilo, nella Locride. Il presunto boss-macellaio è stato catturato dai carabinieri che lo cercavano anche per eseguire l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa poche settimane fa dal gip Giovanna Sergi su richiesta del procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e dell’aggiunto Giuseppe Lombardo nell’ambito dell’inchiesta “Doppio Sgarro”.
Si tratta di un’operazione che ha spalancato le porte del carcere anche al figlio del latitante, Ilario Spagnolo, ma anche al nipote Gesen Spagnolo e al genero Giuseppe Furina. L’inchiesta “Doppio Sgarro” ha permesso alla Dda e ai carabinieri del Comando provinciale di scoprire un nuovo “locale” di ‘ndrangheta a Stilo confederato con la famiglia mafiosa dei Taverniti di Gerocarne, del Vibonese. Gli Spagnolo, in sostanza, erano i padroni del territorio dove imponevano anche il pascolo abusivo addirittura sul patrimonio dell’Unesco. Le capre del boss-macellaio, infatti, pascolavano sulla “pineta del Monte Consolino” e su un antico “castello medioevale”, un’area sottoposta a vincolo paesaggistico e considerata principale attrazione turistica del centro storico di Stilo.
Ritornando alla cattura, le intercettazioni e l’attività di indagine classica hanno consentito ai militari dell’Arma di individuare che Spagnolo si nascondeva a Spezzano Piccolo, in un casolare isolato. Il rifugio, infatti, era stato scoperto alcuni giorni fa quando il latitante era sfuggito alla cattura. Il blitz è il risultato di un’approfondita attività tecnica coordinata dai pm Nicola De Caria e Domenico Cappelleri che hanno agito in collaborazione con i colleghi della Dda di Catanzaro.
Il boss latitante e i suoi rapporti con gli amministratori della cittadina di Stilo sono stati anche la causa dello scioglimento per mafia del Comune dove la Dda di Reggio Calabria è riuscita non solo “a fotografare la tracotanza di una ‘ndrangheta che non ammette espressioni di ribellione e men che meno di titubanza”. Ma anche ad “attribuire quella spavalderia criminale a soggetti ben determinati, a carico dei quali può dirsi raggiunto un quadro di gravità indiziaria pieno e inequivoco”. L’8 marzo i luogotenenti della cosca erano finiti in carcere con il rischio di una condanna pesantissima. All’appello mancava solo Fernando Spagnolo per il quale è già garantito un “fine pena mai”.