Più che l’elenco dei punti negoziali sembra il bottino di guerra chiesto da Vladimir Putin per interrompere l’assedio delle truppe russe alle città ucraine. Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, continua a sostenere che Mosca e Kiev siano “vicine a un accordo su quattro punti negoziali” sui sei totali individuati dalle parti. Ma parlare di accordo di pace vicino sembra al momento complicato, visto che dei quattro temi citati dal capo della diplomazia di Ankara, solo uno ha conosciuto una reale apertura da parte di Volodymyr Zelensky, ossia quello sulla neutralità dell’Ucraina, mentre sugli altri il governo di Kiev non si è ancora espresso, compresa la “denazificazione” del Paese, concetto ancora non ben esplicitato dal Cremlino. Ma soprattutto, rimangono fuori due punti cruciali e sui quali l’accordo sembra ancora molto lontano: la cessione definitiva alla Russia della Crimea e il riconoscimento delle autoproclamate repubbliche separatiste del Donbass. A questo si aggiungono le parole di Linda Thomas-Greenfield, ambasciatrice degli Stati Uniti all’Onu, che ha accusato Mosca di non aver partecipato attivamente ai colloqui: “I negoziati sembrano essere unilaterali – ha detto secondo quanto riportato dal Financial Times– I russi non hanno aderito ad alcuna possibilità per una soluzione negoziata e diplomatica”.
Ucraina neutrale
Il primo punto sul quale le posizioni russe e ucraine sembrano essere più vicine è quello della neutralità del Paese ex sovietico. Da parte del presidente di Kiev sono già arrivate diverse aperture su questo punto, ben conscio della totale mancanza di volontà del Patto Atlantico di spingere per un’aadesione che provocherebbe un inasprimento dello scontro con la Russia tale da poter portare a un conflitto tra i due blocchi. Nessuna formula austriaca, però, come ha fatto intendere Zelensky, ma un accordo nuovo che preveda la garanzia di neutralità e di protezione da parte di Stati terzi. Le parti, però, non sembrano essere distanti, come ammesso dallo stesso ministro turco. E in questo contesto si inserirebbe anche un’altra richiesta russa, quella sul disarmo dell’Ucraina: un accordo su questo punto non significherebbe necessariamente lo smantellamento dell’esercito di Kiev, ma potrebbe realizzarsi anche con la garanzia fornita dall’Ucraina di non ospitare basi militari straniere o ricevere armamenti da Paesi Nato.
Rimane l’incognita sulla “denazificazione” dell’Ucraina
“Denazificazione” è uno dei termini più usati da Vladimir Putin e dai membri dell’esecutivo russo per giustificare l’invasione dell’Ucraina. Ma cosa si intenda con questa espressione non è ancora ben chiaro. Resta il fatto, però, che questa è al centro di uno dei punti negoziali elencati dalla Turchia e sui quali un accordo di massima sarebbe stato raggiunto. Parlare di “nazificazione” dell’Ucraina riferendosi al governo attualmente in carica, però, appare difficile, anche solo per il fatto che lo stesso Zelensky è di origine ebraica e che Israele sta mostrando vicinanza alla causa del popolo ucraino. Secondo gli osservatori, quindi, il processo di “denazificazione” del Paese potrebbe passare da alcune concessioni più simboliche che fattuali, come ad esempio la messa al bando di alcuni gruppi o partiti estremisti, che però hanno un consenso intorno all’1% nel Paese, o rendere illegali formazioni come l’ormai noto Battaglione Azov. Potrebbero arrivare anche richieste relative alla toponomastica, come il cambio di nome alle strade intitolate ai combattenti ucraini che si schierarono al fianco della Germania nazista in funzione anti-sovietica nella Seconda Guerra Mondiale. In questo calderone potrebbe finire anche la richiesta di Mosca di rendere il russo la seconda lingua ufficiale nel Paese grazie all’annullamento da parte di Kiev delle leggi che ne limitano l’uso. Quest’ultimo, secondo chi segue i colloqui, rappresenta un punto a sé tra quelli attualmente in discussione.
Donbass e Crimea, qui si arenano i colloqui
Ci sono però i due grandi temi riguardanti lo status delle regioni del Donbass e della Crimea. Due punti fondamentali e anche quelli sui quali le distanze sono ben più marcate. Putin è stato chiaro fin dall’inizio: la Crimea deve essere riconosciuta territorio russo, mentre Kiev deve ufficializzare l’indipendenza delle due autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk. Ma su questo Zelensky non sembra avere intenzione di cedere. L’Ucraina ha infatti escluso concessioni territoriali alla Russia e ha affermato che i negoziati sulle aree entrate in possesso di Mosca richiederebbero colloqui ad hoc tra Zelensky e Putin. Il dialogo tra le parti, ancora in fase embrionale, sembra quindi ben lontano dalla sua conclusione.