“Ci sono momenti in cui i diritti sono un lusso. Questo, è uno di quelli”. Valentina Petrini usa le parole di Stefano Rodotà per descrivere il periodo che i cittadini di Taranto si ritrovano, ancora una volta, a vivere. Le cita nel suo “Il cielo oltre le polveri“, presentato sabato 19 marzo a Taranto e che ripercorre la storia dell’ex Ilva, raccontando le vicende dei tarantini costretti a trovare, senza successo, quel difficile equilibrio tra diritto alla salute e diritto al lavoro. La storia, per esempio, di Lorenzo, morto a 5 anni, nel 2014, per tumore al cervello. O la storia di Alessandro, morto a 35 anni, nel 2015 perché investito da un colata a 1500 gradi mentre lavorava. Non storie locali, con confini stretti, ma uguali a tante altre nel mondo. Un libro che, attraverso l’intervista inedita a Patrizia Todisco, il gip che nel 2012 firmò il decreto di sequestro senza facoltà d’uso per tutta l’area a caldo dell’ex Ilva, racconta la disperata ricerca di quell’equilibrio tra diritti e la storia di quello che poi sarà il maxi processo Ambiente svenduto, concluso in primo grado con condanne sino a 22 anni di carcere per disastro ambientale. Ma che oggi, a distanza di un anno, non ha avuto il seguito atteso. Soprattutto se, come ha ricordato il giornalista Gad Lerner, sarà confermata l’intenzione del presidente del Consiglio Mario Draghi, di intensificare la produzione di acciaio nello stabilimento di Taranto, dopo il bombardamento di una delle più grandi acciaierie d’Europa, a Mariupol, in Ucraina. “Per i tarantini – ha detto Lerner – significa dire: non c’è tempo per i vostri diritti, bisogna tornare all’età del carbone“.