Cultura

Lo Scaffale dei Libri, la nostra rubrica settimanale: diamo i voti ad Antonio Manzini, Luigi Torres Cerciello, Abdulrazak Gurnah e Annie Ernaux

di Davide Turrini e Ilaria Mauri

Mi auguro che nessuno ne abbia a male se di primo acchito ho trovato Paradiso (La Nave di Teseo) del premio Nobel 2021 Abdulrazak Gurnah un romantico e tumultuoso romanzo d’avventura. Nella Tanzania, ancora Africa Orientale Tedesca, a ridosso della prima guerra mondiale, il dodicenne Yusuf viene dato in pegno dalla madre e dal padre, locandiere indebitato, al ricco commerciante “zio” Aziz. Nel volgere apparentemente non percepibile di poco più di un lustro il ragazzino si farà grandicello: prima diventando commesso assieme ad un altro ragazzino “pegno” più grande di lui dell’emporio di Aziz; poi girovago mercante assieme al padrone inoltrati lassù tra portatori marcantoni e tribù selvagge verso le montagne dal colore verde e poi viola rischiando la vita; infine appena uomo si troverà a decidere se abbandonarsi sentimentalmente ai propri sensi o scappare fuggendo comunque dalla condizione di schiavo. 356 pagine suddivise in 6 densi capitoli, dove la meraviglia della favola si fonde alla perentorietà del racconto di formazione, scansando scorciatoie narrative di genere e offrendo una scrittura pastosa, coinvolgente, dal passo spedito (ogni due pagine un nuovo piccolo accadimento, chapeau mister Gurnah) e dalla incantevole potenza evocativa tra “le mille e una notte” e un sinistro ignoto conradiano. L’amalgamarsi autentico di lingue e religioni, di mercanti e sultani, di europei “che mangiano il ferro” e creature fantastiche islamiche soprannaturali, si sdoppiano tra tessitura di senso sovrastante e apparente sottotrama. Risultando prima come racconto lineare che procede per ascesa e caduta del saggio co-protagonista zio Aziz e dopo come fiammata improvvisa di una conflittualità sociale atavica e dolente che travolge sentimentalmente e umanamente Yusuf. La condizione di schiavo, di subalternità, di possessione di un corpo oltre la sfera familiare, è per il protagonista non tanto il risultato della dominanza dei cattivi bianchi conquistatori (almeno in Paradiso è così, vedremo negli altri romanzi di Gurnah) quanto quella di una sempiterno classismo già presente nel tessuto sociale di partenza. Insomma, non basta il fascino letterario che fa percepire in una fitta ridda di dettagli la polvere della terra, il fastidio degli insetti, la persistenza delle condizioni atmosferiche, in Paradiso c’è anche parecchia autentica inequivocabile conoscenza storica che lascia ulteriormente il segno. Voto: 10 e lode (con plauso al traduttore Alberto Pezzotta)

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