di Massimo Arcangeli*
Lei è Sasha (Alexandra), la bambina ucraina di nove anni che ha perso un braccio a causa della guerra. Viveva a Hostomel, un sobborgo di Kiev. L’auto in cui si trovava insieme alla madre, alla sorella e al patrigno, in fuga dall’inferno della guerra, è stata colpita (a Bucha) da una raffica di proiettili. Il patrigno è morto e Sasha ha perso un braccio. Le è stato amputato al Central Irpin Hospital, ubicato nella capitale ucraina.
La ragazzina che è con Sasha, e con lei condivide la stanza del Bambino Gesù in cui è ricoverata per una delicata operazione alla gamba, si chiama Martina Palma. Ha 14 anni, frequenta la quarta ginnasio del liceo plurispecialistico Renato Cartesio di Villaricca (Napoli) e ha scritto questa lettera al padre, che conosco personalmente:
Papà, solo qualche giorno fa, il giorno del tuo compleanno e della mia operazione, ti ho scritto una lettera di auguri, utilizzando aggettivi che da oggi, per me, hanno un peso totalmente diverso: “Grazie perché sei sempre stato un papà molto presente e attento, che non mi ha mai fatto mancare nulla: la tua presenza non mi abbandona mai, neanche quando siamo lontani, tipo come in questo giorno, importante per te e difficile per me”.
Dopo aver incontrato Alexandra (Sasha) ho realizzato di essere davvero fortunata. Posso contare sul fatto di avere una famiglia al completo, di sentirmi protetta dal tuo caloroso abbraccio, di avere una casa e degli amici, di vivere in un paese di pace. Ho vissuto il giorno della mia seconda operazione come un giorno difficile. Difficile per un’adolescente, ma solo perché non avevo considerato chi stava peggio di me.
Papà, ho visto da vicino cos’è la guerra, quella che ho visto sui telegiornali. L’ho vista però anche negli occhi di Sasha, e di sua madre, e mi sono sentita piccola piccola. Sai perché? Perché ero convinta che il mio dolore fosse il più forte di tutti, ma poi il sorriso di una bambina con un arto amputato, scappata della guerra, orfana del padre e priva di ogni cosa, mi ha fatto ricredere e comprendere che il mio dolore era davvero nulla rispetto al suo.
Non posso credere che esistano tanta cattiveria e tanta sofferenza nel mondo. La guerra in televisione ti sembra lontana finché non la vedi da vicino, tramite i testimoni che l’hanno vissuta in prima persona. Mi ha lasciato senza parole la paura che si porta, e credo si porterà per tanto tempo, Sasha. Pensa, papà, quando sente l’allarme di segnalazione della macchinetta di monitoraggio che mi hanno applicato, e quando sente il campanello di chiamata dei pazienti, scappa in bagno per paura. Nella sua testa c’è sempre l’allarme bombardamento. Oggi ho colorato tanto con lei, abbiamo comunicato con i traduttori dei cellulari e, per un attimo, il dolore dell’operazione è passato.
Papà, mi hai promesso di aiutare Sasha, non può finire così la sua vita, deve poter avere le stesse cose che ho avuto io. Deve poter vivere una vita normale. Fammi una promessa: non lasciamo sole Sasha e la madre, hanno bisogno di noi.
Racconterò a tutti i compagni di classe cosa è la guerra, quanta sofferenza comporta e come distrugge la vita delle persone, e come ha distrutto i sogni di una bambina bellissima e dolcissima. Appena sono riuscita a comunicare con lei le ho fatto un disegno e, utilizzando il traduttore, le ho scritto in inglese che i medici qui sono bravi e non deve preoccuparsi dell’intervento, perché di sicuro andrà bene. Le ho scritto che è bellissima e che dopo, sicuramente, lo sarà ancora di più. Che tutte le cose brutte sono passate e che la sua vita sarà bella e serena, dopo, anche perché ha accanto una madre forte, che la seguirà passo passo.
Adesso posso dire di avere la vera consapevolezza che la guerra è la cosa più brutta che esista al mondo. No alla guerra, sì alla pace.
La famiglia di Martina è in costante contatto con Yuliya Filipchuk, la mamma di Sasha, che vorrebbe restare in Italia e ci ha chiesto aiuto. Qualche giorno fa ho lanciato così una campagna di solidarietà via Facebook. Yuliya parla il russo e l’inglese. Ha fatto la segretaria, la maestra d’asilo e la manicure, e ha bisogno di un lavoro. Un imprenditore di Varese, che vuol rimanere anonimo, dopo aver letto il mio appello ha offerto a lei e alla bambina, al completamento dei controlli presso l’ospedale pediatrico romano, sostegno e ospitalità. Abbiamo anche deciso, in accordo coi genitori di Martina, di istituire un fondo per assicurare a Sasha un futuro di studio, e saremo grati a chi potesse aiutarci anche in questo (con borse, corsi, materiali didattici o altro). Colgo l’occasione per ringraziare i media – quotidiani, telegiornali, periodici di settore – che hanno già dato notizia della nostra richiesta di aiuto.
*linguista e scrittore, Ordinario di Linguistica italiana, Università di Cagliari