Da una crisi all’altra. Dalla crisi ecologica e climatica, che pende come una spada di Damocle, alla crisi sanitaria, sociale e democratica di questi due anni pandemici, fino alla crisi bellica ed energetica. Non fa in tempo a concludersi lo stato di emergenza per pandemia che già è stato proclamato lo stato di emergenza per guerra. Un’emergenza permanente in quello che ormai è a tutti gli effetti il “capitalismo dei disastri”, la shock economy (cit. Naomi Klein), cioè una modalità di fare grandi affari in poco tempo sfruttando le disgrazie. E’ innegabile che alla pandemia e ora alla guerra abbiano brindato i fondi di investimento e le grandi multinazionali, con i loro affari d’oro, dal business dei vaccini, a quello delle armi, al fossile.

In questi anni è cresciuta la quota di ricchezza nelle mani di pochi super-ricchi mentre oltre un milione di individui e 400mila famiglie in Italia sono precipitati nella povertà. E la forbice continua ad ampliarsi. Inoltre, i nostri lungimiranti governanti stanno affrontando la crisi energetica peggiorando quella climatica, sempre per fare arricchire i soliti (pochi) noti. In tanti ora dicono “dobbiamo renderci indipendenti dal gas russo”, in realtà dobbiamo essere indipendenti da ogni gas, da qualsiasi stato provenga. L’Ipcc ci dice da tempo che il metano va abbandonato, perché è un potentissimo gas serra e non è per nulla alleato della transizione. Eppure il governo italiano (come gli altri governi europei) si sta affannando a fare accordi a destra e manca, senza poi andare tanto per il sottile in valutazioni democratiche ed ecologiche. Per non finanziare il regime di Putin si finanziano altri regimi: accordi con Qatar, Angola e Algeria (non esattamente fulgidi esempi di democrazie rispettose dei diritti umani).

Nuovi metanodotti vengono costruiti con devastanti impatti ambientali, in terra e in mare. Già anni fa, per portare in Europa il gas dai giacimenti azeri del Mar Caspio, evitando il gas russo, è stato costruito il famigerato gasdotto Tap-Snam. E fu proprio per colpa della Tap che nel fondale sottomarino di San Foca sono andate distrutte barriere coralline e praterie di poseidonia, mentre vicino a Melendugno sono stati estirpati centinaia di ulivi. La nuova linea di metanodotti Snam sta sventrando la dorsale appenninica, passando anche nei territori a elevato rischio sismico. Ma il gas non basta mai. Ed ecco che si pensa al Poseidon, un altro metanodotto con approdo a Otranto, che ci porterà il gas da Israele passando per Cipro e Grecia, in pratica un nuovo devastante Tap bis.

Come se non bastasse, il governo Draghi vuole riaprire anche alcune centrali a carbone e ha già raddoppiato la quantità di gas estratto nel territorio italiano (in terra e in mare). Una devastazione inutile visto che al massimo il gas interno raggiungerà il 10% del fabbisogno nazionale.

Infine, per la gioia della lobby Oil&Gas statunitense, è stato potenziato il legame con gli Usa aumentando l’importazione del gas liquefatto estratto tramite fracking: tecnologia molto inquinante che consiste nel perforare il terreno e successivamente iniettare un getto ad alta pressione (acqua mista a sabbia e altri prodotti chimici) per provocare l’emersione in superficie del gas. Oltre a un immane spreco di acqua, questa tecnica inquina le falde acquifere e aumenta il rischio di terremoti. Il gas liquefatto viene poi messo nei container e trasportato con gigantesche navi (con ulteriore consumo di carburante) fino ai nostri porti, dove li accolgono i “rigassificatori”. Piattaforme che trasformano il gas liquido in gas naturale e lo incanalano nei gasdotti. Non per nulla sono in progetto altri sei rigassificatori, oltre ai tre già esistenti nelle coste italiane.

Cosa possiamo fare noi cittadini per essere indipendenti (o quasi) da questo capitalismo dei disastri?

Noi da qualche anno ci siamo del tutto scollegati dal gas, abbiamo installato pannelli fotovoltaici sul tetto condominiale ed elettrificato tutti i nostri consumi (acqua calda, riscaldamento, cucina). Abbiamo isolato l’appartamento con un “cappotto”, che ci permette di ridurre i consumi. Quest’anno le nostre bollette sono state molto contenute, rispetto al generale aumento dei prezzi. Laddove non riusciamo a coprire il nostro fabbisogno con l’autoproduzione, compriamo energia rinnovabile dalla rete (siamo soci di Enostra, una cooperativa di produttori e consumatori che inserisce energia 100% rinnovabile nella rete); stiamo inoltre valutando l’opzione “batteria di accumulo” e comunità energetica.

D’altra parte se lo stato utilizzasse i venti miliardi di euro all’anno destinati come sussidi dannosi al fossile (Sad), e ancora più se la smettesse di aumentare le spese militari (arrivate alla imbarazzante cifra di 38 miliardi annui), potrebbe finanziare l’installazione di pannelli fotovoltaici e pompe di calore sui tetti condominiali delle famiglie con Isee medio-basso e, perché no, regalare cargo bike ad ogni famiglia o abbonamenti per mezzi pubblici. Da quando è scoppiata la guerra e il costo di metano e benzina è schizzato alle stelle sempre più persone mi fermano per strada, mentre giro con la cargo bike portando spesa, bambini, zaini, e mi chiedono consigli per come riuscire a vivere senza auto. Coltivare resilienza, umanità e sobrietà è la chiave per resistere, in questi lunghi anni di crisi.

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