Il mega-yacht Scheherazade ormeggiato in un cantiere navale a Marina di Carrara è di proprietà di Vladimir Putin. Dopo il New York Times (che citava fonti d’intelligence Usa) a sostenerlo ora è anche un’inchiesta del Team Navalny, la fondazione che fa capo al dissidente russo in carcere (e ora rischia una condanna ad altri 13 anni). Il panfilo dal valore di settecento milioni di dollari – 10.167 tonnellate di stazza, sei piani, due eliporti e ogni genere di lusso a bordo – è l’unico dei 14 yacht sopra i 140 metri di lunghezza esistenti al mondo di cui non si conosca l’effettivo proprietario. Sulla carta appartiene alla Bielor Asset Ltd., una compagnia con sede alle isole Marshall, il che finora ha impedito allo Stato italiano di espropriarlo in base alle sanzioni anti-russe. All’inizio di marzo uomini della Guardia di finanza e dell’Interpol erano saliti a bordo e avevano sequestrato al capitano, Guy Bennett-Pearce, tutti i documenti in suo possesso. Per la società che ha in gestione il natante, The Italian Sea Group, “a seguito di quanto emerso” lo yacht non era riconducibile a Putin.
Ora però la video-inchiesta firmata da Maria Pevchick e Georgij Alburov – due tra i più stretti collaboratori di Navalny, da tempo rifugiati in Lituania – svela nuovi e sostanziali elementi. Pevchick e Alburov hanno incrociato i nomi dei membri dell’equipaggio dello Scheherazade, al 70% russi, con rubriche telefoniche e banche dati, scoprendo che molti volano dalla Russia all’Italia “a rotazione” e che almeno 12 sono dipendenti dell’Fso, il servizio di protezione federale, un’agenzia statale che ha tra i propri compiti la garanzia della sicurezza del presidente. Il vice-comandante, ad esempio, è Sergei Grishin, registrato in diverse rubriche come “Sergei Fso“. Il nostromo Anatolij Furtel, invece, risulta domiciliato in Furmanova ulitsa 10 a Sochi, cioè all’indirizzo della sede Fso del Caucaso, incaricata di sorvegliare una delle residenze di Putin. Altro dirigente Fso di alto rango che lavorano sullo yacht, sostiene il Team Navalny, è l’addetto alla sicurezza a bordo Vitaly Belenko. “Crediamo che ci siano prove sufficienti per stabilire che lo yacht appartenga a Putin e quindi vada immediatamente sequestrato”, conclude l’inchiesta.
Ad avvalorare indirettamente la tesi ci sono inoltre le dichiarazioni all’Ansa di Paolo Gozzani, segretario della Cgil di Massa-Carrara: “Ci sono stati anomali movimenti in questo periodo, da una settimana a questa parte è stato sostituito l’intero equipaggio che prima era quasi tutto russo e adesso è composto solo da inglesi“, ha raccontato. “Che sia di Putin o no, a me interessa tutelare i lavoratori del cantiere navale che sta ospitando lo Sheherazade. Se dovesse essere sequestrato ci sarebbe una ricaduta immensa sul lavoro degli operai” e “il sequestro porterebbe a congelare un’area vastissima del cantiere, chissà per quanto tempo, e impedirebbe nuove lavorazioni”. Se in base agli accertamenti delle autorità lo yacht risultasse davvero di Putin (o di altri soggetti sottoposti a sanzioni) verrebbe congelato con atto amministrativo e tolto alla disponibilità dei proprietari fino a nuove disposizioni.