Giustizia & Impunità

D’Alema e le armi alla Colombia, la procura di Napoli indaga su sedicenti intermediatori dopo un esposto

L’ufficio inquirente partenopeo ipotizza nei confronti degli indagati falso, truffa e sostituzione di persona

Sul caso della vendita delle armi alla Colombia per cui avrebbe giocato un ruolo anche Massimo D’Alema, la Procura di Napoli ha aperto un fascicolo. Gli inquirenti, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, stano indagando sulla vendita di navi, sommergibili e aerei militari prodotti da Fincantieri e Leonardo.

L’attività è partita dopo un esposto presentato dall’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo (APM) che ha sede a Napoli riguardante Emanuele Caruso e altre persone che sarebbero invece coinvolte come sedicenti intermediatori del governo italiano nel Paese sudamericano attraverso documenti falsi (questi ultimi pubblicati sul quotidiano La Verità). L’ufficio inquirente partenopeo ipotizza nei confronti degli indagati falso, truffa e sostituzione di persona. Quest’ultimo reato sarebbe stato formulato in relazione alla contraffazione della firma del segretario generale dell’Apm, l’ambasciatore Sergio Piazzi, e per l’intestazione del documento sul quale compaiono il simbolo e il nome del presidente risalenti a dieci anni fa. Il caso è stato portato alla luce dal sito web sassate.it e poi ripreso da “La Verità”. È stato quest’ultimo quotidiano ad ipotizzare una trattativa parallela a quella dei governi che vedrebbe coinvolti Massimo D’Alema e un gruppo di rappresentanti di azienda colombiani, trattativa interrotta grazie all’intervento del sottosegretario Giorgio Mulè. Agli atti figura anche la registrazione audio di una conversazione alla quale prende parte anche D’Alema. Non è escluso il trasferimento del fascicolo a Roma.

L’affare sembrava essere entrato nel vivo nel febbraio scorso, quando D’Alema aveva partecipato a una call col contatto colombiano dei due broker italiani coinvolti della vicenda. L’audio di quell’incontro è stato pubblicato in forma integrale dal Fatto Quotidiano. Nella conversazione l’ex presidente del consiglio non nasconde di avere una certa fretta. Perché – spiega – potrebbero cambiare i vertici delle società italiane, ossia Leonardo e Fincantieri, e perché a maggio in Colombia ci saranno le elezioni presidenziali: “Se vogliamo essere sicuri del risultato, bisogna concludere prima di queste date”.

Al Fatto D’Alema ha spiegato come sarebbe andata la vicenda: “Sono venuti da me due consiglieri del ministero degli Esteri della Colombia e mi hanno chiesto di essere messi in contatto con le società offrendosi di fare un lavoro di promozione. Insistevano perché volevano dei riconoscimenti, dei soldi, e gli ho spiegato che le società quotate fanno dei contratti”. L’ex presidente del consiglio nega di aver “fatto alcuna mediazione” e comunque di essersi mosso gratuitamente. Però ha suggerito di mettere sotto contratto lo studio legale americano Robert Allen Law: “È molto importante che la parte colombiana sia rappresentata da uno studio legale. Per due ragioni: innanzitutto il contratto tra Robert Allen e la parte colombiana sarà sottoposto al controllo delle autorità degli Stati Uniti. La legge americana protegge l’attività legale, il rapporto tra il legale e il suo cliente con il segreto. Se invece è un contratto commerciale, non c’è segreto”, si sente nell’audio pubblicato dal Fatto. “Ho detto a queste persone che la via doveva essere una via professionale, le società italiane non fanno contratto così, a singoli. Ho suggerito di rivolgersi a una società di questo tipo”, ha spiegato D’Alema. Fincantieri e Leonardo non hanno mai negato i rapporti coi mediatori. Addirittura Fincantieri era arrivata a firmare un memorandum of understanding, cioè un accordo in cui si fissa la cornice dell’operazione senza entrare nei dettagli economici. Leonardo, invece, stava solo valutando l’affare.