Il presidente del Consiglio alla Camera prima del vertice europeo: "Lo sforzo diplomatico potrà avere successo solo quando lo vorrà realmente Mosca". Sulla Cina: "Dobbiamo ribadire l’aspettativa che Pechino si astenga da un supporto a Mosca e sostenga lo sforzo di pace". Poi conferma l'intenzione di adeguarsi al 2% del Pil da spendere per la Difesa. E avverte sui rischi di destabilizzazioni ulteriori nei Balcani. Sull'aumento dei prezzi si augura che l'incontro tra i leader Ue dia "risposte ambiziose e operative"
“La nostra volontà di pace si scontra con quella di Putin che non mostra interesse ad arrivare a una tregua che permetta ai negoziati di procedere con successo”. Lo dice il presidente del Consiglio Mario Draghi durante il suo intervento alla Camera pronunciato come prassi prima del Consiglio europeo, che si svolgerà giovedì e venerdì a Bruxelles. Il vertice, come ha ricordato anche Draghi, si aprirà con l’incontro dei capi di Stato e di governo europei con il presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden. “La comunità euroatlantica intende ribadire unità e determinazione nel sostegno all’Ucraina e in un impegno comune per la pace, la sicurezza e la democrazia” ha detto Draghi. E in particolare l’Italia “davanti agli orrori della guerra lavora con determinazione per la cessazione delle ostilità”. Ma “lo sforzo diplomatico potrà avere successo solo quando lo vorrà realmente Mosca” sottolinea il capo del governo perché al momento – ha aggiunto Draghi – il suo obiettivo è stato piuttosto quello di guadagnare terreno. Per contro, precisa il capo dell’esecutivo, non bisogna “commettere l’errore di avallare una contrapposizione fra occidente e Russia e alimentare così quello che è stato definito uno scontro di civiltà”, anche perché ci sono tanti russi contrari a questa guerra, ha spiegato Draghi, rinnovando a questi ultimi “l’amicizia e solidarietà di tutto il governo e mia personale”.
Nel day after del discorso di Volodymyr Zelensky, il capo del governo ha detto ai parlamentari che “la carneficina non distingue le divise ma distingue i bambini. È un terreno molto scivoloso. Perché se noi sviluppiamo le conseguenze di questo ragionamento, dovremmo dire di non aiutare i Paesi che vengono attaccati. Dovremmo sostanzialmente accettare di difendere il paese aggressore non intervenendo. Dovremmo lasciare che gli Ucraini perdano il loro Paese e accettino la schiavitù. È un terreno scivoloso che ci porta a giustificare tutti gli autocrati, tutti coloro che hanno aggredito Paesi inermi, a cominciare da Hitler e Mussolini”.
E a questo proposito l’inquilino di Palazzo Chigi ha confermato che l’intenzione del suo esecutivo è quello di adeguarc all’obiettivo del 2% del Pil per la Difesa, che abbiamo promesso nella Nato. Io tengo a mente che i fondatori dell’Unione europea, fra cui De Gasperi, avevano come obiettivo la pace nel continente europeo, e proprio per questo abbiamo progettato la comunità europea di difesa e vogliamo creare una difesa europea”. Dal punto di vista diplomatico e politico, invece, da una parte per Draghi è “fondamentale che l’Ue sia compatta nel mantenere spazi di dialogo con Pechino” e “dobbiamo ribadire l’aspettativa che Pechino si astenga da un supporto a Mosca e sostenga lo sforzo di pace” e dall’altra, comunque, l’Italia sostiene il percorso dell’ingresso in Unione europea dell’Ucraina, “processo lungo” ha comunque precisato Draghi. Il premier in questo quadro suona anche un campanello d’allarme dando uno sguardo ai Balcani, dove – dice – “dobbiamo prevenire azioni destabilizzanti”. “E’ fondamentale – afferma Draghi – che la Bosnia Erzegovina riprenda la strada delle riforme per avvicinarsi all’Unione Europea. Il nostro obiettivo sono le elezioni politiche in autunno per evitare incertezze”.
Poi ci sono le conseguenze della guerra scatenata da Putin contro l’Ucraina. La prima è l’emergenza umanitaria. “Con la crisi in Ucraina – spiega Draghi – ha provocato un massiccio numero di profughi: sono 3 milioni e 850mila persone, un numero che cresce quotidianamente. E’ essenziale un coordinamento europeo ed un impegno finanziario adeguato”. E poi gli effetti sul costo dell’energia e in generale sull’aumento dei prezzi di cui pure il Consiglio Ue si occuperà. I prezzi, prosegue il presidente del Consiglio – sono “ancora molto alti rispetto al livelli storici, più di 5 volte rispetto a un anno fa”. Draghi ha ricordato il pacchetto di misure varato dall’ultimo consiglio dei ministri per famiglie e imprese, si è detto “consapevole” della necessità di altri interventi e di una “risposta europea, serve una gestione comune del mercato dell’energia”. E la risposta che si aspetta (o almeno si augura) Draghi dal vertice europeo è concreta: “Serve un approccio condiviso sugli stoccaggi per rafforzare il potere contrattuale verso i fornitori, la creazione di un tetto Ue al prezzo del gas è al centro di un confronto con la presidente della Commissione. Vogliamo spezzare il legame tra prezzo del gas e ed elettricità, che è in parte prodotta da fonti alternative, il cui prezzo non ha nulla a che vedere con quello del gas”.
I “rincari dipendono da shock esterni, che ci impongono di accelerare nel percorso di autonomia strategica in campo alimentare“. L’aumento dei prezzi in questo settore, ricorda Draghi, sono cresciuti in modo quasi continuo da metà 2020, e sono attualmente ai massimi storici. “Questo ha delle conseguenze tangibili per i prezzi nei supermercati. Secondo i dati Eurostat, a febbraio i prezzi dei beni alimentari in Italia sono aumentati del 5,2% rispetto all’anno scorso. In particolare, il prezzo della pasta è cresciuto di circa l’11%, quello dello zucchero e del pane di circa il 5%, quello della carne di quasi il 4%”. “Questo processo è alla portata della capacità tecnologica e produttiva europea, ma richiede un impegno immediato, ad esempio l’aumento delle aree coltivabili – ha detto ancora Draghi -. Allo stesso tempo, dobbiamo esser pronti a diversificare maggiormente le nostre fonti di importazione”.
Un discorso simile riguarda la tutela delle aree industriali strategiche “da sostenere – spiega Draghi – con adeguati investimenti in innovazione e ricerca scientifica e tecnologica. Una priorità è aumentare la produzione di microchip in Europa“. “L’ambizione europea è aumentare la propria quota di mercato dal 10% al 20% della produzione globale di chip entro il 2030 – aggiunge il premier – Questo incremento ci permetterebbe di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti a fronte di eventuali ritardi nelle importazioni. Il ‘Chips Act‘ della Commissione europea costituisce un importante passo in avanti per raggiungere questi obiettivi. Intendiamo aumentare gli investimenti nella ricerca, e sviluppare e rafforzare una capacità produttiva verticalmente integrata, che assicuri un’effettiva autonomia nella produzione e packaging dei microchip“.